Il dissesto idrogeologico è una delle problematiche più serie che il nostro paese si trova ad affrontare, tanto che l’Europa, per mezzo dei fondi del PNRR, ha destinato all’Italia circa 2,5 miliardi di euro, da spendere entro il 2026. Per ora il Governo non ha ancora deciso come investire questi fondi, ma quel che è certo è che dovrebbero essere utilizzati dal ministero dell’Ambiente e dai Comuni – per mezzo dei progetti presentati dalle singole regioni – per mettere in campo opere ingegneristiche di contenimento come le casse di espansione, le vasche di laminazione, il drenaggio dei fiumi e via dicendo. Ma cos’è il dissesto idrogeologico, quali sono le cause, e quali sono nel concreto le diverse soluzioni possibili?
Dissesto idrogeologico: il significato
L’Enciclopedia Treccani definisce il dissesto idrogeologico come una «degradazione ambientale dovuta principalmente all’attività erosiva delle acque superficiali, in contesti geologici naturalmente predisposti (rocce argillose e arenacee, comunque scarsamente coerenti), o intensamente denudati per la distruzione del ricoprimento boschivi». Si tratta quindi di un fenomeno che compromette il suolo, e con esso tutto quello che si trova su di esso, come manufatti, edifici e centri urbani. Visto cos’è il dissesto idrogeologico, è possibile procedere individuando le cause di questo fenomeno.
Le cause del dissesto idrogeologico
Le cause del dissesto idrogeologico possono essere tante e diverse. Questo fenomeno ha luogo prima di tutto in quei territori che, per via della loro morfologia, risultano naturalmente esposti. Si pensi per esempio alle aree montane e collinari che contano la presenza di bacini d’acqua, in particolar modo di bacini di dimensioni ridotte. Questi specchi d’acqua sono esposti maggiormente al rischio di piena in caso di precipitazioni importanti, dando il via a fenomeni ulteriori come l’erosione idrica, e quindi a frane e alluvioni. Tra le cause del dissesto idrogeologico non vanno però dimenticate quelle di origine antropica: si parla quindi di processi di deforestazione, di cementificazione incontrollata, di abusivismo edilizio, della creazione di cave, dell’abbandono della cura dei terreni d’altura, di tecniche agricole non sostenibili, di interventi invasivi sui corsi d’acqua, di estrazione di idrocarburi e via dicendo. Vanno inoltre tenuti in considerazione i cambiamenti climatici in atto, i quali possono influire notevolmente sul dissesto idrogeologico per via delle sempre più frequenti precipitazioni importanti, le cosiddette bombe d’acqua. Si capisce quindi che il dissesto idrogeologico può essere il risultato di una combinazione di fattori, legati alla morfologia e all’azione umana.
Il dissesto idrogeologico in Italia
Come anticipato, il dissesto idrogeologico è un fenomeno molto presente nel nostro paese. Stando ai dati analizzati dall’ISPRA, incaricata sia di monitorare le condizioni del suolo nazionale, sia di analizzare le conseguenze degli eventi causati dal dissesto idrogeologico, l’Italia è tra i paesi più esposti in Europa. Come riporta un recente Rapporto ISPRA dedicato al tema, nel paese si contano oltre 565,000 edifici esposti a questo pericolo, nonché quasi 12.000 beni di interesse culturali. Non è tutto qui: il numero totale aumenterebbe ulteriormente considerando tutti gli edifici esposti al “semplice” rischio di alluvione. Sempre stando ai numeri ISPRA, circa due terzi delle frane registrate in Europa hanno avuto luogo proprio in Italia. È stata inoltre fatta una classificazione delle aree esposte al pericolo di dissesto: si parla di 12.405 chilometri quadrati per quanto riguarda i territori maggiormente esposti, nonché di 25.398 chilometri quadrati classificati a pericolosità media.
Questi numeri non fanno altro che confermare la fragilità del suolo italiano da questa prospettiva, andando a spiegare i tanti fenomeni disastrosi che si sono succeduti in Italia in questi decenni.
Le normative in vigore
Per arginare e contenere per quanto possibile il problema del dissesto idrogeologico in Italia, a partire dalla fine degli anni Ottanta sono state emanate delle normative dedicate. Si parla prima di tutto della Legge quadro n.183 del 18 maggio 1989, tesa alla realizzazione del piano di bacino idrogeologico.
Avvicinandosi ai giorni nostri, con il DL 109/2018 è stata disposta la creazione di Strategia Italia, una cabina di regia che tra le altre cose ha il compito di verificare l’effettiva messa in opera di lavori per diminuire i rischi per il territorio italiano, anche per quanto riguarda il fenomeno di dissesto idrogeologico. L’anno successivo, il 20 febbraio 2019, è stato approvato il Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, con la stesura di programmi e di obiettivi specifici; due anni dopo, nel 2021, sono state create le figure dei Commissari di Governo per il contrasto al dissesto idrogeologico.
Come anticipato all’inizio, inoltre, il paese ha a disposizione i fondi del PNRR da utilizzare per il monitoraggio e la riduzione del rischio idrogeologico. Al di là dell’utilizzo che verrà fatto di questi fondi, stando al rapporto ReNDiS dell’ISPRA, il Ministero dell’ambiente in 20 anni ha stanziato complessivamente quasi 7 miliardi di euro per finanziare più di 6 mila progetti; va però detto che, per finanziare tutti i progetti proposti, servirebbero circa 36 miliardi di euro.
Le soluzioni per il dissesto idrogeologico
Quali sono i rimedi possibili per ridurre il dissesto idrogeologico? Le soluzioni concretamente attuabili sono differenti, e possono essere ricondotte a tre campi d’azione: si parla infatti di attività di prevenzione, di previsione e di mitigazione degli effetti. Si parte quindi dall’attento monitoraggio del territorio e delle sue condizioni, andando a effettuare anche degli studi capaci di individuare di caso in caso il grado di pericolosità e di rischio. Ma anche di sensibilizzazione del problema, nonché ovviamente di manutenzione regolare.
In molti casi il problema è costituito dalla costruzione di edifici in zone esposte al rischio, generalmente seppur non sempre abusivamente. Ecco che allora tra le prime attività per contrastare il dissesto idrogeologico ci sarebbe il non costruire in aree inadatte, nonché il costruire nel modo corretto, a partire dalla piena conoscenza della conformazione del suolo e delle sue caratteristiche.
Ad aumentare il rischio di dissesto vi è come detto la cementificazione, la quale se eccessiva porta a una pericolosa riduzione della capacità drenante del terreno di fronte all’acqua meteorica. Ecco che allora le aree verdi diventano importanti anche sotto questo aspetto, accanto all’uso di pavimentazioni drenanti e permeabili.
Si è citato quindi il controllo dello sviluppo urbano e dell’abusivismo edilizio, nonché la disposizione di aree verdi e di pavimentazioni drenanti. Altre soluzioni sono poi la regolare manutenzione e pulizia dei corsi d’acqua, la riforestazione, il recupero dei terreni d’altura nonché, infine, il recupero e il consolidamento di terreni caratterizzati da un alto livello di rischio.