Il primo e più importante tra i porti italiani per traffico di merci, nonché il principale porto petrolifero del Mediterraneo: prima di scoprire la storia del porto di Trieste può essere utile, per chi non ha dimestichezza con questo scalo situato nell’omonimo golfo, sintetizzare alcune informazioni sulle sue principali caratteristiche.
La struttura del Porto di Trieste
Può essere prima di tutto utile sottolineare che il porto di Trieste si suddivide attualmente in 5 diversi punti franchi, ovvero:
- Punto Franco Vecchio
- Punto Franco Nuovo
- Scalo legnami
- Terminal industriale
- Terminal petroli
I primi tre punti sono adibiti a fini commerciali, mentre gli ultimi due hanno scopo industriale, con il secondo collegato direttamente all’oleodotto Trieste-Ingolstadt. Guardando al traffico di merci, il porto di Trieste ha conosciuto un’inevitabile flessione durante il periodo dell’emergenza sanitaria, per tornare ai livelli precedenti e anzi superarli già nel 2022: in quell’anno si è infatti arrivati a un volume di traffico pari a 57.591.733 tonnellate.
Ad attirare l’attenzione, a livello strutturale e storico, è soprattutto la parte del Porto Vecchio di Trieste, la quale da sola copre un’area di oltre 600 mila metri quadrati, prendendo posto tra il Canale di Ponte Rosso e l’abitato di Barcola: al suo interno si trovano 5 moli, banchine di carico e scarico per oltre 3.000 metri, 23 edifici tra magazzini e hangars, una diga foranea e un collegamento ferroviario. È proprio intorno a questa area che si sviluppa la parte più interessante della storia del Porto di Trieste.
La nascita del Porto Franco di Trieste: 1719
È possibile far iniziare la storia del Porto di Trieste in un giorno preciso, ovvero il 18 marzo del 1719: in quella data l’Imperatore d’Austria Carlo VI istituisce infatti il Porto Franco di Trieste, dopo che, due anni prima, lo stesso Imperatore aveva istituito la libera navigazione nell’Adriatico. Da queste due decisioni parte la fortuna di Trieste, con l’Impero intenzionato a favorire i suoi commerci a scapito di quelli veneziani: è possibile, infatti, far coincidere l’emanazione della Patente di Porto Franco con la nascita della Trieste moderna. Nello stesso anno peraltro viene istituita la compagnia Orientale per i commerci con il Levante. Nei decenni seguenti l’emporio portuale crebbe insieme alla città, sempre più meta di immigrazione – per volere stesso dell’Impero – attraendo non solo commercianti, ma anche banchieri. Lo sviluppo economico conseguente fu continuo, e durò fino al periodo delle occupazioni francesi, le quali ebbero l’effetto di produrre una seria crisi, dovuta soprattutto al blocco navale contro l’Inghilterra.
Storia del porto di Trieste: la seconda metà dell’Ottocento e il progetto di Talabot
Lo sviluppo del porto di Trieste ricomincia con la Restaurazione: nel 1814 l’Austria rinnova la patente di porto Franco, così da far ripartire vigorosi i traffici con l’Europa, con i Paesi mediterranei e con le Indie. Nel giro di 3 anni, tra il 1812 e il 1815, la città si trovò con una popolazione triplicata: non stupisce quindi individuare proprio in questo frangente la costruzione di nuove strutture e il consolidamento dei moli. Nel 1819, anche grazie alla presenza sempre più marcata degli inglesi a Trieste, comparve tra le banchine anche la navigazione a vapore. Ci fu poi l’arrivo nella metà dell’Ottocento della ferrovia che collegava direttamente Trieste e Vienna, mentre un nuovo e ulteriore impulso arrivò con la costruzione del Canale di Suez, con i lavori che presero luogo tra il 1859 e il 1869.
Tutto questo portò le autorità asburgiche verso il via di un grande piano di ampliamento, il quale ebbe luogo materialmente tra il 1868 e il 1883: è in questo lasso di tempo che viene costruito il Porto Vecchio di Trieste, dopo una lunga fase progettuale. Tutto iniziò con il bando di un concorso per la costruzione del nuovo porto triestino, vinto – tra 13 progetti alternativi – dall’ingegnere Talabot. Il suo progetto prevedeva, sinteticamente, la costruzione di 3 nuovi moli larghi 40 metri e lunghi 150 metri, nonché l’interramento del vecchio bacino a fianco della ferrovia, e ancora, la costruzione di una diga foranea. Il Porto nel suo complesso finiva così per avere 5 moli – dei quali 4 paralleli e 1 obliquo. I lavori furono tutto fuorché facili, per via del fondo melmoso e della necessità di mettere in campo delle opere idriche per canalizzare e, in parte, tombare i torrenti Klutsch e Martesin. Si accumularono così dei ritardi, pur con un’importante accelerazione impressa proprio dal completamento del Canale di Suez. Poco dopo il completamento dell’opera, peraltro, si diede il via a una nuova fase di potenziamento di moli e banchine, già nel 1887.
Trieste e il porto nel Novecento
Il porto di Trieste arriva al Novecento spinto dall’espansione di alcuni protagonisti degli ultimi decenni dell’Ottocento, tra i quali per esempio il Lloyd austriaco, che con la sua flotta sociale assicurò all’economia marittima triestina un supporto insostituibile. Si pensi che, tra il 1870 e il 1914, la capacità totale passò da 66 mila a 268 mila tonnellate. A contrastare questa crescita fu però una crisi iniziata già negli anni Sessanta dell’Ottocento, dapprima con la perdita dei mercati italiani – per via della proclamazione del Regno d’Italia – e poi con la chiusura del porto franco, nel 1891. Il nuovo secolo vide quindi la trasformazione di fatto del porto di Trieste da emporio a porto di transito. Nel 1892 ci fu peraltro la costruzione della Raffineria Triestina di olii minerali, dando il via alla lunga storia petrolifera del porto; poco dopo, nel 1898, iniziano i lavori per la costruzione del molo V (ovvero il sesto) mentre viene avviata la progettazione per la costruzione di una zona industriale all’interno del porto stesso, in parallelo alla costruzione di una nuova stazione nell’area portuale (lo scalo ferroviario di Campo Marzio).
Il porto di Trieste, per via della vicinanza al fronte, soffrì moltissimo gli anni della Prima Guerra Mondiale come anche quelli successivi, per il mancato ricambio dei vecchi mercanti mitteleuropei. Negli anni Venti si diede il via all’ampliamento dello scalo negami, con nuovi collegamenti ferroviari e nuovi magazzini, con la parallela riqualificazione delle parti danneggiate durante il conflitto. Dopo anni di politiche fallimentari per la gestione portuale, si arriva all’occupazione tedesca, poi alla gestione del Governo Militare Alleato, in vigore fino al 1954.
Si arriva così al porto franco comunitario extra-doganale attuale, che ha conosciuto vicende alterne nella seconda metà del Novecento, per arrivare infine alla crescita continua del traffico di container dopo gli anni 2000, nonché alla sempre maggiore importanza del terminal passeggeri, anche grazie alla riduzione del passaggio delle grandi navi a Venezia. Questa crescita ha reso quello di Trieste uno dei più importanti porti in Italia, oltre che il più grande in termini di traffico merci.