Pochi giorni dopo aver raggiunto i 4.808 metri di altitudine del Monte Bianco, nel 1887, Horace-Bénédict de Saussure – considerato il fondatore dell'alpinismo – scrisse: «Giorno verrà che sotto il Monte Bianco si scaverà una strada carrozzabile e queste due vallate, quella di Chamonix e quella di Aosta, saranno unite». Il naturalista francese aveva ragione: oggi il Traforo del Monte Bianco collega l'Italia alla Francia e più precisamente Courmayeur, in Valle d'Aosta, a Chamonix, nel dipartimento francese dell'Alta Savoia.
La lunghezza del traforo del Monte Bianco è di 11,6 chilometri, dei quali 7,6 in territorio francese e 3,9 in territorio italiano. Nel punto in cui il tunnel oltrepassa la frontiera, sopra alla galleria ci sono ben 2.480 metri di copertura granitica, fino ai 3.842 metri dell'Aiguille du Midi, la guglia più alta delle Aiguilles de Chamonix, nella parte meridionale del Monte Bianco. Per anni questo fu il traforo più lungo d'Europa; oggi ci sono gallerie significativamente più estese, ma il fatto di passare al di sotto alla montagna più alta del continente rende il Traforo del Monte Bianco un'opera di ingegneria di per sé inimitabile e insuperabile.
Nel luglio del 2015 è stato festeggiato il cinquantesimo anno dall'inaugurazione del Traforo del Monte Bianco: in mezzo secolo in questo tunnel sono passati oltre 60 milioni di veicoli. Di fatto, grazie a questa costruzione da record, oggi è possibile andare dall'Italia alla Francia in circa 10 minuti, lì dove per millenni non c'è stato altro che una barriera inespugnabile. Non fu certamente una cosa facile. Il costo del Traforo del Monte Bianco in termini di energia, di materiali e di lavoro fu enorme: basti pensare che furono usate oltre 1.500 tonnellate di esplosivo, 200mila metri cubi di calcestruzzo e ben 235.000 mila bulloni.
Prima dell'inizio dei lavori
Il Monte Bianco inizia la sua storia molti anni prima della sua effettiva costruzione. Già nel 1814 gli abitanti del Ducato di Aosta richiesero ai regnanti – e quindi ai Savoia – di costruire una galleria in grado di mettere in collegamento i due versanti delle Alpi. La richiesta, ovviamente, cadde nel vuoto. Ma furono in molti, nei decenni seguenti, ad accarezzare l'idea di perforare il massiccio del Monte Bianco. Non si contano i progetti più o meno fantasiosi degli ingegneri dell'Ottocento, incentivati da politici ambiziosi e visionari. Ma ancora, per tutto il diciannovesimo secolo e per quasi metà del secolo seguente, non si mosse un sasso. Nel 1934 ci fu persino un rivoluzionario studio di Arnold Monod che ipotizzava un traforo del Monte Bianco lungo 12 chilometri e a doppia canna. Questa idea riscosse successo ma fu messa da parte dal deterioramento dei rapporti politici tra Francia e Italia, fino ad arrivare alla Seconda Guerra Mondiale.
Terminato il secondo conflitto globale, dopo tante teorie, un uomo decise di passare alla pratica. Per sua iniziativa personale, nel 1946 l'ingegnere piemontese, nonché conte Dino Lora Totino, decise di avviare lo scavo sul versante italiano. Le difficoltà che incontrò furono molte, fino ad arrivare al blocco perentorio disposto dalle autorità italiane l'anno successivo. Erano stati scavati poco più di 250 metri. Ciononostante, l'iniziativa coraggiosa di Totino ebbe il merito di riportare i politici a parlare del traforo del Monte Bianco.
Il traforo del Monte Bianco: la storia della costruzione
Nel 1949 venne formalizzata una Commissione Intergovernativa italo-francese per la costruzione del Traforo, e nel 1953 si arrivò a una Convenzione. Il Parlamento italiano e quello francese ratificarono l'accordo rispettivamente nel 1954 e nel 1957: nacquero così, una da una parte e una dall'altra, delle società create per la costruzione della galleria: in Italia, ad Aosta, nacque la SITMB “Società Italiana per Azioni per il Traforo del Monte Bianco”, mentre in Francia si fondò la STMB “Société du Tunnel du Mont Blanc”. La galleria del Monte Bianco cessava di essere solo un sogno. Giusto il tempo di effettuare le necessarie triangolazioni e, nel 1959, vennero avviati i lavori. A gennaio si iniziò a scavare sul versante italiano, e a giugno su quello francese. Le imprese si erano accordate per scavare ognuna 5.800 metri di galleria, per trovarsi così a metà del percorso.
I lavori vennero portati avanti grazie al “Jumbo”, ovvero un gigantesco macchinario di oltre 10 tonnellate costituito da 16 trivelle disposte su 4 piani. Venivano così effettuati di volta in volta dei fori da 4 metri, nei quali venivano inseriti gli esplosivi. Si calcola che, così facendo, si estrasse dalla montagna circa un milione di metri cubi di roccia. Non fu un lavoro facile, né sempre sicuro. A testimonianza di questo il fatto che nella costruzione del Monte Bianco perirono in totale 23 operai, 14 sul fronte italiano, 7 su quello francese. A questi caduti vanno inoltre aggiunte 2 guide alpine scomparse durante i lavori di triangolazione.
Come ricorda la STIMB, laddove i francesi trovarono per lo più rocce di buona qualità, gli italiani ebbero a che fare, già dopo i primi 368 metri di scavo, con degli importanti getti d'acqua che portarono a una sospensione totale dei lavori per un mese. Si andò innescando una sorta di gara con i francesi, partendo soprattutto dal presupposto che questi ultimi arrivarono a proclamare candidamente che avrebbero terminato per primi i lavori. Da qui dunque le contromisure prese da quello che all'epoca era il direttore dei lavori nella parte italiana, ovvero Giulio Cesare Meschini, il quale in occasione di un'intervista al quotidiano “la Repubblica”, disse: «Proponemmo ai nostri operai di lavorare senza un secondo di sosta in quattro turni quotidiani di sei ore l’uno, però pagate come otto. E poi un premio speciale per ogni mezzo metro di scavo in più al giorno. Inventammo i cambi turno a macchine accese, e i francesi furono fregati come polli».
Gli italiani riuscirono a portare a termine la loro metà del tunnel il 3 agosto del 1962, mentre i francesi arrivarono 11 giorni dopo. L'agonismo terminò subito quando i francesi offrirono quattro bottiglie di champagne ai colleghi italiani. L'inaugurazione del Traforo del Monte Bianco avvenne 3 anni dopo, con la cerimonia tenuta dal presidente della Repubblica Italiana Giuseppe Saragat e dal presidente della Repubblica francese Charles De Gaulle.
L'incidente del 2002
La storia del Traforo del Monte Bianco non è però fatta di soli trionfi e successi. Oltre ai 23 operai morti durante la costruzione, tra i punti più bui della storia di questa galleria non si può dimenticare l’incidente avvenuto il 24 marzo del 1999, quando un TIR si incendiò all'interno del traforo (dopo esservi entrato con un principio d'incendio al motore) e morirono 39 persone. Il traforo restò chiuso fino al 2002, dopo lavori di messa in sicurezza che costarono 380 milioni di euro.