Zocalo. Mexico City. Di prima mattina la scalinata che conduce alla metropolitana è già affollata. La stazione è pulita, i marmi sul pavimento sono tirati a lucido, e i treni rossi vanno e vengono dalle fermate vicine. I viaggiatori si mettono in fila davanti alle porte aperte sperando di trovare un pertugio dentro i vagoni stracolmi.
È questa la normalità per la metro di Città del Messico, la seconda rete metropolitana per estensione del Nord America, un’infrastruttura che faticosamente serve una delle città più grandi e più inquinate del mondo, e trasporta ogni anno 1,6 miliardi di persone. In tutto 12 linee, in funzione dalle 5 del mattino e fino alla mezzanotte, che si intrecciano con le ferrovie regionali e i parcheggi dei bus pubblici.
La metro è l’infrastruttura di trasporto più usata in città, ma da sola non basta per risolvere i problemi di mobilità in una megalopoli di 20 milioni di abitanti, dove ogni giorno 4,5 milioni di persone arrivano dall’area metropolitana per ragioni di lavoro, e il 24% delle merci acquistate o vendute proviene da altre parti dello stato.
Nella capitale del Messico la domanda di infrastrutture viarie e di trasporto pubblico è elevatissima e la soluzione, per molti, è ancora l’utilizzo dell’automobile.
Mexico City, l’incubo di muoversi in auto
Tra le grandi arterie cittadine e i vicoli dei quartieri centrali si assiste alla concentrazione di automobili più elevata al mondo. Secondo il Ministry of Road Transport ogni giorno si muovono all’interno di Mexico City 5,5 milioni di veicoli, mentre il numero dei veicoli immatricolati in città raggiunge la cifra di 10 milioni.
Il traffico è così congestionato che ancora il ministero calcola una velocità media delle automobili che non supera i 32km/h e che il 65% delle merci trasportate in città impiegano in media due ore e mezzo per arrivare a destinazione. Dati che dimostrano come le attuali infrastrutture di trasporto siano tuttora insufficienti per rispondere ai bisogni di una delle più grandi megalopoli del mondo.
Negli ultimi anni sono stati realizzati alcuni interventi in questa direzione, come la costruzione della Autopista Urbana Sur, un’autostrada cittadina lunga 11 chilometri e costata 450 milioni di dollari Usa realizzata proprio per facilitare l’accesso a Mexico City dall’esterno.
L’inaugurazione della nuova autostrada ha permesso di dimezzare i tempi di ingresso in città dall’area Sud, ma da sola non basta per rispondere alle esigenze di mobilità cittadina che crescono di anno in anno.
La mobilità sostenibile, un imperativo contro l’inquinamento
Il rapporto CDMX Resilience Strategy, realizzato dall’amministrazione di Città del Messico, stima che il congestionamento cittadino crei ogni anno una perdita all’economia pari a 33 miliardi di pesos (1,7 miliardi di dollari), oltre naturalmente al terribile impatto sulla qualità dell’aria.
A questo proposito le caratteristiche geografiche della metropoli non aiutano, e anzi contribuiscono a favorire la formazione di una cappa di aria inquinata sulla città.
Mexico City sorge infatti ad un’altitudine media di 2.300 metri ed è immersa in una valle circondata da montagne. La cosiddetta Valle del Mexico crea di fatto una conca nella quale l’agglomerato urbano sprofonda impedendo così lo scambio d’aria. Negli ultimi anni tanto le autorità cittadine quanto quelle federali hanno adottato misure anche drastiche per contrastare l’inquinamento e proteggere la popolazione. Tra queste il blocco della circolazione delle auto, esteso anche a due giorni a settimana, la chiusura delle scuole e di alcune fabbriche.
Grazie alla mutata sensibilità del governo e dell’amministrazione cittadina la situazione è decisamente migliorata dal 1990, quando un report denunciò che l’inquinamento killer di Mexico City uccideva 100.000 bambini l’anno e creava problemi alla vista a 250.000 persone, con un’aspettativa generale di vita ridotta di dieci anni.
Da allora sono state adottate moltissime misure anti-inquinamento come l’abolizione dei camion e dei bus alimentati con gasolio e il posizionamento di 36 colonnine per il monitoraggio dell’aria in diverse aree della città.
Un passo in avanti importante che tuttavia racconta di un processo di modernizzazione tutt’altro che concluso, ma che diventa ancor più necessario rispetto al passato per evitare che la mega città del Messico si trasformi in una trappola per i suoi abitanti.
Il piano di investimenti del Messico
Il governo federale messicano sembra intenzionato a tornare a investire nelle infrastrutture, partendo dalla capitale e non solo. Poche settimane fa il presidente Andres Manuel Lopez Obrador ha annunciato in una conferenza ufficiale che il governo è pronto a lanciare 1.600 progetti infrastrutturali, considerati strategici per lo sviluppo economico del paese.
«Si tratta di progetti molto importanti – ha dichiarato Obrador nella conferenza – perché ci aiuteranno a far ripartire l’economia».
Nell’insieme il governo prevede uno stanziamento complessivo di 400 miliardi di dollari Usa, da spendere entro il 2024, e con un consistente coinvolgimento di investitori privati, che dovranno garantire la maggior parte della dotazione economica. Pronta è arrivata la risposta dell’uomo più ricco del Messico, l’imprenditore Carlos Slim, che ha promesso di stanziare per suo conto 5 miliardi sullo sviluppo infrastrutturale del suo paese. L’annuncio di Obrador vuole in parte far dimenticare l’approccio iniziale che il presidente ebbe con le grandi opere, quando – a pochi giorni dalla sua elezione – cancellò il maxi progetto da 13 miliardi di dollari per la costruzione di un nuovo aeroporto a Mexico City. Oggi Obrador torna a parlare di infrastrutture e lo fa definendole uno strumento essenziale per far ripartire il Messico.