Nell’estate del 2022 tra le acque basse del fiume Elba, al confine tra la Repubblica Ceca e la Germania, è riemersa una “pietra della fame” sulla quale era stata incisa la scritta: «Se mi vedi allora piangi». Le “pietre della fame” sono marcatori idrologici posizionati sul letto del fiume. Quando vengono in superficie significa che l’acqua è scesa sotto i livelli di guardia e che la scarsità idrica sta colpendo tutte le regioni interessate dal corso del fiume con effetti devastanti sulle imprese, l’agricoltura, la vita quotidiana delle persone. Effetti che sono altrettanto gravi durante le grandi alluvioni, come quella che nel 2021 ha colpito la Germania o che nel 2023 ha messo in ginocchio l’Emilia-Romagna in Italia.
L’acqua e la sua gestione sono ormai un tema mondiale, da cui dipende la sopravvivenza così come il benessere di miliardi di persone. Ecco perché a marzo 2023 le Nazioni Unite hanno organizzato a New York la seconda Conferenza sull’Acqua della loro storia, oltre quarant’anni dopo la prima che si tenne nel 1977 in risposta alle crisi idriche degli anni ’70. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, oggi la situazione è ben più grave di allora: 785 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, almeno 2 miliardi utilizzano acqua contaminata da feci, mentre l’acqua dolce rappresenta appena il 2,5% del volume totale presente sulla Terra, sebbene proprio d’acqua il nostro pianeta sia ricoperto e per ben due terzi.
La crisi idrica continua ad aggravarsi. Del resto, che l’acqua sia diventata una risorsa preziosa quanto l’oro è stato chiaro a tutti alla fine del 2020 quando – per la prima volta nella storia – sul mercato azionario del Nasdaq è divenuto possibile scambiare i Nasdaq Veles California Water Index, ossia i futures che permettono di scommettere in modo speculativo sulle quotazioni dell’acqua californiana. In sostanza, durante le siccità l’indice sale e il prezzo di mercato aumenta; durante i periodi di abbondanza idrica, al contrario, il prezzo diminuisce.
La consapevolezza che l’acqua sia a tutti gli effetti una materia prima deve essere l’imperativo di questa e delle prossime generazioni, imponendo quindi la necessità di gestirla con cura, evitarne la dispersione, utilizzarla al meglio tanto per il soddisfacimento dei bisogni essenziali quanto per la produzione energetica. E anche sfruttarne le tante potenzialità, compresi i processi di trattamento delle acque reflue e di trattamento dell’acqua del mare affinché diventi potabile.
Il ruolo delle infrastrutture contro la crisi idrica: il caso del fiume Colorado, tra la diga di Hoover e il Lake Mead
La crisi idrica e l’importanza delle infrastrutture per contrastarla sono questioni all’ordine del giorno nella vita di miliardi di persone, così come nello sviluppo delle attività economiche.
Nel 2015 il colosso statunitense di bevande alcoliche Constallation Brands annunciò un accordo con il Governatore della Baja California (uno stato del Messico) per la costruzione di un grande birrificio nella città di Mexicali, al confine con la California (Stati Uniti). Per l’azienda americana si trattava di una posizione strategica perché permetteva da un lato di utilizzare le risorse idriche nel bacino acquifero della Valle di Mexicali e dall’altro di sfruttare la contiguità logistica con gli Stati Uniti, il mercato di riferimento del gruppo.
L’annuncio scatenò però durissime manifestazioni contro la costruzione dello stabilimento sollevate proprio dagli abitanti di Mexicali, già colpiti dall’emergenza idrica legata alla riduzione considerevole della portata del fiume Colorado. Il Colorado, che attraversa sette stati degli Usa, rifornisce di acqua anche la Baja California, ma negli ultimi anni è stato anch’esso colpito da una profonda crisi idrica. In questo caso proprio le infrastrutture hanno evitato il peggio.
Da un lato le grandi dighe, come la diga di Hoover e la Glen Canyon Dam; dall’altro l’impianto idrico di Lake Mead realizzato dal Gruppo Webuild. Visto l’abbassamento della superficie idrica del Lake Mead (il più grande lago artificiale degli Usa), l’Intake 3 costruito da Webuild permette di raccogliere acqua dolce a profondità maggiori, deviandola attraverso un complesso e avveniristico sistema di tubazioni fino alla città di Las Vegas.
La leadership italiana nelle grandi opere che combattono la crisi idrica
Dalle dighe agli impianti idrici, dai sistemi di drenaggio agli impianti di trattamento delle acque reflue e piovane, fino agli impianti di dissalazione, quelli che permettono la trasformazione dell’acqua del mare in acqua dolce, con un approccio orientato alla sostenibilità ambientale. Da anni il Gruppo Webuild ha fatto dell’acqua uno dei pilastri del suo business e dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile, arrivando ai vertici globali del settore.
Una leadership confermata anche quest’anno dalla classifica Top 250 dei costruttori internazionali per il 2024 elaborata da ENR (la prestigiosa pubblicazione di settore Engineering News-Record), che ha riconosciuto a Webuild il primo posto nel settore hydro. Un riconoscimento ottenuto sul campo, attraverso la partecipazione a progetti iconici, dalle grandi dighe etiopi all’impianto idroelettrico Snowy 2.0, il più importante della storia australiana. Risultati ai quali contribuisce anche la controllata Fisia Italimpianti, un’avanguardia mondiale nella tecnologia della dissalazione, che serve oggi oltre 20 milioni di persone, concentrate soprattutto in Medio Oriente.
I settori clean hydro energy e clean water rappresentano una fetta significativa dei ricavi del Gruppo, pari al 22% del totale al 30 giugno 2024, alimentati in larga parte dall’avanzamento di progetti idroelettrici tecnicamente sfidanti e che si pongono come best practice a livello mondiale per il loro tasso di innovazione. Questi numeri, dunque, confermano l’attenzione rivolta ai temi dell’acqua e della sua gestione da parte di Webuild, nella consapevolezza che proprio investire sulle infrastrutture idriche è una leva di sviluppo e di benessere per le comunità di tutto il mondo.