Due milioni di cittadini americani senza acqua corrente. Dai territori Navajo del Sud Est alla Central Valley californiana, dal West Virginia all’Alabama, dalle città di confine del Texas alle spiagge di Portorico, esistono ancora oggi – in pieno XXI secolo – luoghi dove l’acqua rimane un miraggio. Acqua per spegnere gli incendi, per mitigare l’impatto della siccità, per soddisfare bisogni primari come la sete o l’igiene.
È questa la fotografia degli Stati Uniti d’America scattata dalla US Water Alliance che, in collaborazione con Dig Deep (due organizzazioni no-profit americane), e raccontata all’interno del rapporto “Closing the water access gap in the United States”, uno studio uscito poche settimane fa che denuncia le condizioni di crisi idrica in cui vivono molte aree del paese.
Crisi idrica negli Stati Uniti: il pericolo dell’acqua inquinata
Le infrastrutture idriche degli Usa hanno bisogno di interventi urgenti affinché la qualità dell’acqua rimanga elevata e non ci siano rischi per le persone. Attualmente – riporta lo studio – 44 milioni di americani hanno accesso a fonti idriche che hanno evidenziato violazioni ai requisiti del Safe Drinking Water Act, la legge nazionale che tutela la qualità delle acque.
Inoltre, lo United States Geological Survey ha reso noto che il 23% delle acque sottoposte a test qualitativi ha mostrato contaminazioni di elementi chimici nocivicome arsenico, uranio, nitrati.
Il problema, spesso, è concentrato nelle aree rurali, dove il 17% degli abitanti ha problemi con l’acqua potabile, mentre il 12% segnala malfunzionamenti dei sistemi fognari.
Secondo gli autori del rapporto è molto complesso circoscrivere in modo analitico le criticità esistenti perché ad oggi non esiste una banca dati nazionale capace di monitorare, numeri alla mano, il rischio idrico per il paese. Di conseguenza, il rapporto è stato elaborato attingendo a fonti differenti, ognuna delle quali portatrice di una verità preoccupante in tema di gestione idrica. Una di queste è stata raccolta dall’American Housing Survey (AHS), lo studio che analizza le condizioni abitative degli americani. Secondo le risultanze raccolte da questa banca dati federale, 22 milioni di cittadini negli Usa vivono senza un sistema fognario centralizzato, ma ricorrendo a fosse settiche.
Crisi idrica negli Usa gli stati che rischiano di più
Il gap idrico non è equamente distribuito in tutti gli Stati Uniti. Se da un lato dipende dalle condizioni sociali ed economiche delle comunità (i casi più gravi di crisi idrica si manifestano soprattutto nelle comunità rurali e in alcune periferie urbane), dall’altro le criticità si concentrano in alcuni stati piuttosto che in altri.
Lo stato che lamenta la più alta percentuale di cittadini senza un accesso diretto all’acqua potabile è l’Alaska, dove questa percentuale raggiunge il 5,75% della popolazione totale; segue il New Mexico (1,6%), l’Arizona e il Maine, appena al di sotto dell’1%.
Molte aree degli Stati Uniti d’America pagano le scelte politiche compiute nei primi anni del Novecento, quando le zone abitate da minoranze etniche o comunità discriminate, come quella afro-americana, non furono dotate di sistemi idrici moderni. Questo è accaduto per le comunità Navajo, per i quartieri afro-americani dell’Ohio o della Virginia, come per le comunità rurali della Central Valley della California.
Gli investimenti mancanti per gestire le crisi idrica negli Usa
Secondo lo studio una delle cause che tengono in piedi il gap idrico negli Stati Uniti è la carenza di fondi pubblici per sostenere la costruzione di nuove infrastrutture e il mantenimento delle vecchie.
Attualmente i fondi federali stanziati per le infrastrutture idriche sono sette volte inferiori rispetto alla dotazione standard degli anni Settanta.
Inoltre, la American Water Works Association calcola che per mantenere e migliorare la rete idrica statunitense ci vorrebbero investimenti pari a 1 trilione di dollari da stanziare nei prossimi 25 anni.
E proprio lo stato di arretratezza in cui versano le infrastrutture idriche del paese ha ormai acceso un dibattito politico in molti stati. In California si dibatte oggi su un piano da 220 miliardi di dollari per migliorare le infrastrutture idriche anche alla luce del rischio siccità. Nel dibattito sulle primarie democratiche che si è tenuto a Detroit l’estate scorsa, il senatore del Minnesota Amy Klobuchar ha presentato un proprio piano infrastrutturale da un trilione di dollari, dove al primo posto sono state inserite proprio le infrastrutture idriche.
Come riportato da un articolo del “Washington Post” pubblicato pochi giorni fa, tanto al Congresso quanto al Senato si sta costituendo una maggioranza bipartisan che sostiene l’approvazione di una serie di misure per assicurare maggiore assistenza ai cittadini Usa che vivono quotidianamente con problemi di accesso all’acqua.
E alcuni progetti sono già in fase di studio. Tra questi, la costruzione di una condotta idrica che correrà lungo la Route 491 e che sia in grado di portare acqua lungo un percorso di 280 miglia partendo dal San Juan River e arrivando alle terre Navajo. Il progetto darebbe risposta al bisogno di acqua di circa 250.000 persone. Non si tratta ancora la soluzione del problema, ma è un buon inizio per dare una risposta concreta al gap idrico degli Stati Uniti d’America.