Il settore europeo delle grandi opere ha un nuovo alleato. È Christine Lagarde, indicata come successore di Mario Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea.
Secondo un’analisi di Bloomberg Intelligence (la divisione ricerca del gruppo di news e informazione finanziaria), nell’agenda politica del direttore generale uscente del Fondo Monetario Internazionale le infrastrutture hanno sempre giocato un ruolo strategico per il sostegno alla crescita economia. E questo potrebbe avere un impatto importante sulla disponibilità dell’Unione a puntare sugli investimenti, un ambito in cui è ancora molto indietro soprattutto rispetto ai paesi asiatici. Mentre i paesi sviluppati dell’Asia investono il 36,8% del loro Pil, l’euro zona è ferma al 21%. Una percentuale che potrebbe aumentare anche considerando quello che Christine Lagarde ha dichiarato nell’aprile scorso intervenendo a Pechino al secondo summit cinese sulla Belt and Road Initiative, dove ha dichiarato che il mega investimento cinese sulle infrastrutture di trasporto avrà un impatto considerevole sulla crescita.
Secondo Bloomberg l’Europa spenderà nei prossimi dieci anni 1 trilione di dollari sulle infrastrutture, dalla rete energetica all’approvvigionamento di gas fino ai trasporti.
In questa spinta allo sviluppo, l’Unione europea sta naturalmente facendo la sua parte. Attualmente la Commissione ha previsto investimenti per 24 miliardi di dollari in strade, ferrovie, trasporto aereo e via acqua. Non solo: il progetto TENT-T (la rete europea ferroviaria) sta andando avanti e arriverà a collegare 500 milioni di consumatori come fossero parte di un unico grande mercato.
Un’occasione per l’Europa
L’Europa, soprattutto per la spinta di grandi città come Londra e Parigi, sta ricominciando a investire nelle grandi infrastrutture, complice anche il piano della Comunità europea di sviluppare la rete di trasporto ferroviario ad alta velocità in tutto il continente.
Secondo le analisi di Bloomberg Intelligence questa tendenza viene confermata da un indice di fiducia nel settore gestito dalla Commissione europea che si mantiene ancora alto e da un dato sugli investimenti che al marzo scorso rispetto allo stesso mese dell’anno precedente sono aumentati nell’ordine del 2,7%.
In particolare Euroconstruct, l’ente che ogni anno elabora un indice di sviluppo del settore, prevede per l’anno in corso una crescita del mercato delle grandi opere pari all’1,9%. A trainare la crescita è soprattutto la Francia, dove sono stati lanciati progetti importanti come il Grand Paris Express (la rete metropolitana e ferroviaria che collegherà i comuni della Grand Paris), mentre rimane ferma al palo la Germania, destinata a una crescita dello 0,2% nel 2019.
Secondo Euroconstruct, insieme alla Francia, viaggiano a velocità elevata anche Spagna, Regno Unito, Olanda e i paesi dell’Est Europa, mentre rallentano i paesi nordici.
Il ruolo delle grandi aziende
Il 2019 sarà un anno importante per le grandi aziende. A confermarlo concorrono le performance dello S&P 500, tra gli indici di Borsa più seguiti al mondo, che è salito del 17,8% dall’inizio dell’anno grazie a fondamentali forti e a un rialzo degli investimenti nelle infrastrutture. Nonostante questi presupposti l’anno mostra comunque i suoi rischi soprattutto per le tensioni geopolitiche, in particolare i negoziati commerciali Usa-Cina e la crisi iraniana.
Tutti i grandi gruppi, attivi sul mercato mondiale, guardano naturalmente con interesse alla Belt and Road Initiative lanciata dalla Cina, un vero e proprio piano Marshall delle infrastrutture che punta a liberare nei prossimi dieci anni investimenti tra i 4 e gli 8 trilioni di dollari.
Attualmente numerosi contratti sono stati siglati con Iran, India, Indonesia e Pakistan ma l’obiettivo della Cina è quello di raggiungere l’Europa con una rete di trasporto efficiente e moderna, dando vita a una vera e propria autostrada intercontinentale per le merci e le persone.
La rincorsa americana
Di fronte alla corsa dell’Asia e al risveglio dell’Europa, gli Stati Uniti d’America sembrano stare a guardare. Secondo le previsioni di Bloomberg Intelligence la spesa nelle infrastrutture di trasporto raggiungerà nei prossimi dieci anni i 306 miliardi di dollari all’anno, rispetto ai 245 del 2016.
Un passo in avanti che tuttavia non basta per rispondere al bisogno di modernizzazione della rete infrastrutturale. La American Society of Civil Engineers stima infatti che, per colmare il gap infrastrutturale, gli Usa dovrebbero spendere ogni anno 454 miliardi di dollari.
Rispetto al totale, circa il 60% degli investimenti dovrebbero essere indirizzati a autostrade e ponti.
Il ritardo è in parte dovuto al mancato lancio del piano Trump sulle infrastrutture che, dopo la rottura della convergenza politica trovata con i Democratici, è stato messo in disparte rispetto alle questioni più urgenti di politica estera. Nell’attesa che il governo federale dia il via libera a nuovi importanti stanziamenti, un ruolo chiave può essere giocato dalle partnership pubblico-privato e dai fondi infrastrutturali. Bloomberg Intelligence calcola che nel 2018 i fondi delle infrastrutture abbiano gestito negli Usa un patrimonio pari a 85 miliardi di dollari, e che lo stesso potrebbe arrivare a raddoppiare entro la fine del 2019.
È forse questa la strada per il futuro delle infrastrutture americane, che hanno bisogno di un urgente rilancio di fronte all’invecchiamento e alla corsa per la modernità ingaggiata dalla Cina.