Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti d’America, l’ha chiamata la “Fase 4” nella risposta del governo federale alla crisi del Covid-19 negli Usa. Due trilioni di dollari da investire nelle infrastrutture del paese per modernizzare la rete nazionale ma soprattutto per sostenere il lavoro e la produzione di ricchezza.
L’annuncio è arrivato a pochi giorni dall’approvazione da parte del Congresso del primo pacchetto di interventi finanziari selezionati come stimolo all’economia e protezione delle fasce più deboli, altri 2 trilioni di dollari che dovranno essere spesi nel brevissimo periodo.
E così, tracciando la strada della ricostruzione, una volta che l’emergenza sanitaria sarà superata, il presidente ha affidato a un tweet la sua strategia sulle infrastrutture.
«Con i tassi di interesse per gli Stati Uniti ormai a zero – ha scritto Trump – è arrivato il momento giusto per lanciare un piano infrastrutturale atteso da decadi. Dovrà essere molto grande e coraggioso, due trilioni di dollari, e dovrà essere focalizzato sul lavoro e sulla ricostruzione della grandiosa rete infrastrutturale del nostro paese! Fase 4».
Investimenti in infrastrutture di Trump: un volano per il paese
L’annuncio del Presidente Trump non ha stupito i suoi più stretti collaboratori e gli osservatori politici. È infatti nota a molti la posizione di Trump in tema di infrastrutture, considerate dal presidente come un volano strategico per lo sviluppo del paese. La prima volta che Donald Trump rilanciò il bisogno di un piano di investimenti per il settore era durante la campagna elettorale, quando dichiarò pubblicamente che gli Usa avrebbero avuto bisogno di un pacchetto di investimenti da 1 trilione di dollari per rimettere in sesto la rete, duramente danneggiata dal tempo.
Il piano sulle infrastrutture è stato poi ribadito più volte dall’inquilino della Casa Bianca, l’ultima delle quali nel corso del Discorso alla Nazione del febbraio scorso, e ha trovato nei mesi scorsi anche una convergenza bipartisan tra Democratici e Repubblicani. Con l’esplosione della crisi del Coronavirus e il rischio di una conseguente crisi economica dovuta al lockdown imposto su molti settori produttivi, il presidente ha rilanciato la sua idea raddoppiando la dotazione prevista per le infrastrutture, da 1 a 2 trilioni di dollari.
E lo ha fatto proprio mentre tanto al Congresso quanto al Senato si dibatte in questi giorni proprio sulla Fase 4 del contrasto al Covid-19.
Investimenti in infrastrutture: il primo piano approvato contro il Covid-19
Secondo la visione del presidente Trump, gli investimenti sulle infrastrutture corrispondono a un motore di rilancio economico dopo che l’emergenza immediata è stata tamponata attraverso il primo pacchetto economico da 2,2 trilioni di dollari. La misura, approvata dalle camere e firmata da Trump venerdì 27 marzo, rappresenta il più grande intervento di stato nella storia degli Stati Uniti e prevede un sostegno diretto ai singoli cittadini, alle grandi imprese e alle piccole aziende. Alle spalle, l’idea di coprire un crollo dei salari per milioni di cittadini per almeno quattro mesi. Secondo le ultime statistiche del Labor Department, saranno almeno 3,8 milioni le persone che chiederanno accesso alle misure previste dal piano per aver perso il posto di lavoro, un numero ben più elevato delle grandi crisi precedenti vissute negli Usa, quella del 1982 e quella del 2008.
Una volta superata l’emergenza sanitaria e tamponata con le prime misure anche quella economica, l’imperativo per gli Stati Uniti sarà quello di recuperare il terreno perduto in questi mesi e di sostenere lo sviluppo e la creazione di ricchezza. Un obiettivo che dovrà passare anche per il rinnovamento della rete infrastrutturale.
Interventi urgenti per le infrastrutture Usa
Lo stato di salute delle grandi infrastrutture americane è da mesi al centro del dibattito politico negli Usa. Già prima dell’esplosione della crisi del Covid-19 il Senato ha iniziato a lavorare a un piano da 287 miliardi di dollari per il rinnovamento della rete autostradale del paese. Un piano che ad oggi non è stato ancora approvato in via definitiva.
Il tema centrale per tutti rimane duplice: da un lato sostenere il lavoro, dall’altro modernizzare una rete infrastrutturale ormai danneggiata dal tempo.
Secondo l’ASCE (American Society of Civil Engineers), per rimettere in sesto la rete infrastrutturale americana, servirebbero entro il 2025 investimenti per 4,5 trilioni di dollari. Le priorità vanno dalle strade ai ponti, dalle dighe agli aeroporti fino ai trasporti. Ad oggi – lamenta l’ASCE – oltre 200mila ponti dei 614mila presenti negli Usa hanno superato i 50 anni di età. Stesso discorso riguarda gli impianti idrici (un milione di condotte è stato realizzato nella metà del XIX secolo) e gli aeroporti, sempre più vicini al congestionamento per il numero crescente di viaggiatori.
La strada delle infrastrutture sembra quindi una via obbligata. Per rinnovare il paese e – oggi più che mai – per uscire dalla crisi economica legata agli effetti del Covid-19.