Anche l’Unione europea è stata folgorata sulla Nuova Via della Seta. Il 15 ottobre i ministri degli Esteri dei 28 stati membri hanno approvato la “Euro-Asian connectivity strategy”, che è stata poi ufficialmente presentata a Bruxelles nel corso del XII Annual Intergovernmental Asia-Europe Meeting.
L’iniziativa prevede investimenti massicci da destinare allo sviluppo infrastrutturale dell’Asia, con un focus particolare su trasporti ed energia.
L’idea è quella di sviluppare collegamenti infrastrutturali che possano facilitare gli scambi commerciali tra i paesi dell’Unione e quelli asiatici. E per farlo la “Euro-Asian connectivity strategy” ha indicato che nei prossimi anni verranno stanziati fondi extra per un valore che supera i 60 miliardi di euro.
La competizione con la Cina
Leggendo i dettagli del progetto, il pensiero va subito alla Belt and Road Initiative, l’ambiziosa rete di collegamenti promossa dal governo cinese. E proprio la competizione nei confronti dell’iniziativa sostenuta dal presidente Xi Jinping è una delle ragioni non scritte che animano il progetto europeo e la paura dei paesi membri dell’Ue di rimanere tagliati fuori da uno dei mercati più vitali al mondo.
Secondo i calcoli dell’Asian Development Bank, il continente ha bisogno ogni anno di 1,7 trilioni di dollari per colmare il gap infrastrutturale, e la competizione per accaparrarsi le commesse più importanti sta crescendo, con le imprese cinesi, giapponesi ma anche statunitensi a occupare le prime file.
Da qui l’idea di proporre la “Euro-Asian connectivity strategy”, che si presenta come un’alternativa alla Belt and Road Initiative cinese, con un’attenzione maggiore alla sostenibilità dei progetti.
Intervistato dal South China Morning Post, Frans-Paul van der Putten, senior researcher presso il Netherland Institute of International Relations, ha dichiarato che «l’Euro-Asian connectity strategy contiene una sfida implicita alla Cina ed è parte di una politica di pressione più ampia che l’Europa sta esercitando nei confronti della Cina».
L’idea della Commissione europea è infatti quella di proporre una linea di collegamenti infrastrutturali che possa essere realizzata collaborando con i paesi meno coinvolti dal progetto del presidente Xi Jinping. Tra questi, anche Stati Uniti e Canada, che fino ad oggi hanno partecipato solo parzialmente allo sviluppo infrastrutturale dell’area.
Per accrescere l’influenza europea, la quasi totalità dei 60 miliardi di investimenti annunciati dalla Commissione sarà proprio destinata per realizzare progetti infrastrutturali nei paesi asiatici.
Europa e Asia: un legame economico da rafforzare
A Bruxelles sono tutti convinti che il legame già esista e vada solo rafforzato. Attualmente il valore annuale del commercio tra Europa e Asia ha raggiunto 1,5 trilioni di euro e la Commissaria per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, ha spiegato che il “connectivity plan” potrebbe contribuire a far quadruplicare il totale degli investimenti europei in Asia.
Il piano, già approvato dalla Commissione, sarà votato dal Parlamento europeo nel 2019 e diventerà pienamente operativo entro il 2021.
Intanto gli altri grandi paesi si stanno muovendo rapidamente per consolidare la loro influenza industriale nella regione. Tra luglio e agosto il governo degli Stati Uniti ha annunciato investimenti per 113 milioni di dollari sulle infrastrutture asiatiche, in particolare nel settore energetico.
Nei primi giorni di ottobre, al Mekong-Japan Summit, che si è tenuto a Tokyo, il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha proposto una lista di 150 ambiziosi progetti infrastrutturali da realizzare nei paesi del Sud Est Asiatico.
Il mercato è troppo grande e troppo vitale per non alimentare l’interesse dei governi e dei grandi player industriali. Ma non è solo questa la ragione che ha mosso la Commissione Ue a spingere per l’approvazione dell’iniziativa.
Alle spalle c’è anche il bisogno dell’Unione di difendersi dagli assalti commerciali cinesi nel Vecchio Continente. Le grandi imprese di stato cinesi hanno infatti acquistato quote nei porti belgi, spagnoli, italiani e soprattutto greci e sono entrate in alcuni grossi progetti infrastrutturali come la ricostruzione della rete autostradale in Montenegro (un’opera che vale circa il 25% del Pil del Paese).
Sono le prime ma importanti avvisaglie che confermano l’interesse della Cina per il mercato europeo. Un segnale per le grandi imprese del settore, che oggi sperano nell’ombrello dell’Unione Europea per fare lo stesso in Asia, partecipando ai grandi progetti che stanno cambiando il volto del continente.