Un nuovo quartiere a Est del centro di Oslo. Un quartiere innovativo, dall’architettura esclusiva, lo stile di vita sostenibile, i locali trendy. È questa la caratteristica di Bjørvika, venuto su tra vecchi compound industriali a un passo dal mare. Qui è stato realizzato quello che viene chiamato il Barcode, il complesso che assomiglia a un immenso codice a barre composto di 12 grattacieli di diverse altezze e larghezze, e qui è stato inaugurato pochi giorni fa il Munch Museum, la casa del pittore norvegese considerato uno dei più grandi artisti della modernità.
Oltre all’inestimabile valore dell’iniziativa, che raccogliere 42mila pezzi dell’autore all’interno di 11 gallerie espositive, il Munch Museum è l’ennesima avventura architettonica e infrastrutturale lanciata dalla capitale della Norvegia, un urlo – proprio come il celebre dipinto di Munch – alla voglia di modernità, innovazione e sostenibilità di questa metropoli.
Il grattacielo tecnologico divenuto il museo di Munch
Tredici piani, 60 metri di altezza e una superficie di 26mila metri quadrati: sono le dimensioni a raccontare l’impatto del Museo sul fiordo dove si rispecchia e sul quartiere di Bjørvika. Un’opera di ingegneria civile ispirata all’architettura d’avanguardia dello Studio Herreros e pensata per integrarsi perfettamente nella città.
Come il caso dello Stavros Niarchos Cultural Center, il centro culturale realizzato dal Gruppo Webuild nel cuore di Atene, anche il Museo di Munch è fin da subito divenuto espressione e simbolo della città, luogo di incontro e di scambio culturale, bandiera della voglia di modernità che si respira a Oslo e in tutta la Norvegia.
Abbandonato il vecchio museo di Tøyen dove nel 2004 si consumò il clamoroso furto dell’Urlo, la collezione del celebre artista ha trovato la sua nuova casa all’interno di una torre ipertecnologica, «disegnata – come ha spiegato Jens Richter, uno degli architetti che ha preso parte al progetto – proprio per diventare una presenza enigmatica e in continua evoluzione sulla baia di Bjørvika, riflettendo le straordinarie condizioni di luce di Oslo che cambiano costantemente durante il giorno e nelle diverse stagioni».
Se da un lato il museo vuole raccontare il suo artista e quindi diventarne la casa ideale, dall’altro si fa interprete dello sviluppo della città come spiega lo stesso Juan Herreros, il socio fondatore dello studio spagnolo facendo parlare in prima persona la sua creatura: «Conservo l’eredità dell’artista più importante nella storia della Norvegia, ma guardo incantato Oslo e il fiordo perché sono la città e suoi sogni collettivi ad avermi costruito».
Estetica, bellezza e sostenibilità per raccontare l’arte
Nella progettazione e quindi nella costruzione del museo gran parte degli sforzi sono stati destinati all’estetica e alla bellezza. La facciata dell’edificio alto 60 metri (una delle istituzioni più grandi al mondo dedicata a un solo artista) è infatti caratterizzata da differenti gradi di trasparenza, attraverso una serie di rifiniture in alluminio traslucido e traforato realizzate per proteggere gli interni dalla luce del sole.
Anche il tema della sostenibilità è stato centrale nell’immaginare lo spazio dedicato al grande artista. Tutto l’edificio è stato costruito secondo le regole del FutureBuilt, ovvero dimezzando le emissioni di gas serra rispetto alla media degli edifici di uguale grandezza, oltre a una serie di accorgimenti che dissuadono i visitatori a prendere l’automobile. Non sono infatti stati previsti parcheggi per le macchine ma solo 200 stalli per le biciclette, mentre una delle ragioni che ha pesato sulla scelta del luogo dove realizzarlo è stata la vicinanza a un grande hub del trasporto pubblico locale.
Un lungo viaggio terminato sulle rive del fiordo
È stata una gestazione molto lunga quella che ha portato alla costruzione e quindi alla inaugurazione del Museo di Munch. Prima della realizzazione di questo spazio, la raccolta – donata dallo stesso artista alla Norvegia – era ospitata all’interno del vecchio museo, un anonimo edificio privo perfino dei sistemi di sicurezza adeguati per proteggere una collezione di quel valore. Da qui la decisione di lanciare un concorso internazionale per la scelta di un progetto architettonico sul quale costruire il museo. Una idea lanciata nel 2008, che ha ritardato ad essere trasformata in realtà sia per il costo dell’opera sia per la scelta della sua posizione, poi individuata proprio a ridosso del mare.
Oggi che Oslo ha il suo Museo, i visitatori hanno cominciato ad accorrere per perdersi nella ricchissima collezione di opere realizzate dal pittore, ma anche per ammirare la riqualificazione urbana della metropoli norvegese.
«Impossibile accontentarsi di una sola visita – ha dichiarato il direttore del museo, Stein Olav Henrichsen – Il Munch è un museo dove si dovrà tornare molte volte».