Gli abitanti della Piana di Catania raccontano che furono gli arabi, nel lontano nono secolo dopo Cristo, a coltivarle per la prima volta ma è certo che da allora e fino ad oggi le arance rosse di Sicilia sono rimaste un’eccellenza assoluta, conosciute in tutto il mondo proprio perché nascono solo in queste terre, arse dal sole ma anche rese fertili dall’Etna.
I paesi etnei, quelli che sorgono ai piedi del vulcano, sono infatti i luoghi ideali dove viene coltivata questa particolare varietà di arance, riconosciuta con il marchio Igp (indicazione geografica protetta). Un’eccellenza della terra, quindi, ma anche un importante volano economico. Secondo il Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP, che riunisce la maggioranza delle aziende agricole produttrici, le 35mila tonnellate annue di prodotto generano in media un fatturato che raggiunge i 40 milioni di euro. Ecco perché il settore rappresenta una voce economica significativa per la Piana di Catania ma anche un’opportunità di lavoro per migliaia di persone.
Tuttavia, i cambiamenti climatici e la drammatica siccità che – soprattutto negli ultimi anni – si è abbattuta sull’isola stanno creando enormi difficoltà ai coltivatori, che devono fare i conti con la scarsità di acqua. Nel mese di febbraio scorso proprio gli agricoltori hanno lanciato il loro allarme annunciando un possibile taglio del 70% delle produzioni estive di arance.
L’assenza quasi totale di piogge registrata tra gennaio e febbraio ha infatti convinto la Regione Siciliana a dichiarare lo stato di calamità naturale “da siccità severa” nell’intero territorio regionale, confermando così che la Sicilia è una delle poche regioni d’Europa che rientra nella cosiddetta zona rossa per carenza di risorse idriche.
Per dare una risposta immediata al problema, nei giorni scorsi ancora una volta la Regione Siciliana ha annunciato una serie di interventi condotti dal Consorzio di bonifica di Catania che serviranno a canalizzare in via provvisoria le acque del fiume Simeto utilizzate in questo modo per irrigare i campi. Grazie a questo intervento, secondo i calcoli del Consorzio di Bonifica, potranno essere assicurati agli agricoltori della piana 600 litri di acqua al secondo, una fornitura disponibile anche nei mesi estivi.
Ma il problema dell’acqua, in Sicilia, non è esclusivamente legato all’assenza di precipitazioni. Una delle concause della sua carenza è anche nella rete infrastrutturale idrica della regione, una rete vecchia dove le dispersioni di acqua possono arrivare anche al 60%.
Nuovi investimenti per le infrastrutture idriche dell’Isola
Portare l’acqua nelle case dei cittadini così come nei campi dove si coltivano le arance rosse di Sicilia significa poter contare su una rete idrica efficiente e capillare, un miraggio per la Sicilia costretta a fare i conti con una situazione altamente complessa dove le infrastrutture idriche sono datate e per molti versi inadeguate. Secondo l’Istat, le dispersioni di acqua negli acquedotti raggiungono in media il 52,5% e le misure di razionamento dell’acqua hanno coinvolto quest’anno il 16,7% dei residenti nelle città capoluogo. Guardando alle città principali, a Ragusa la dispersione raggiunge il 63%, a Siracusa il 60%, a Catania il 55,4% e a Palermo il 48,8%.
Da qui la necessità di intervenire sulle infrastrutture come prima risposta alla siccità e ai cambiamenti climatici. A questo proposito un’occasione da cogliere al volo è sicuramente quella rappresentata dai fondi del PNRR. Ad oggi, infatti, sono state avviate in Sicilia le procedure per la realizzazione di dieci opere di grandi e medie dimensioni, tutte finanziate dal PNRR e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc). Tra queste è prevista ad esempio la costruzione del nuovo acquedotto Marsala-Mazara-Petrosino, progettato per veicolare circa 250 litri di acqua al secondo, ma soprattutto essenziale per risolvere il problema della graduale salinizzazione della falda acquifera dei territori intorno a Trapani.
Gli interventi del PNRR saranno quindi fondamentali, tuttavia – nell’attesa che vengano messi in opera – la rete idrica della regione, e in particolare della Piana di Catania, è stata beneficiata di un intervento di rinnovamento nato come attività collaterale a un’altra opera infrastrutturale: la costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità che per la prima volta collegherà con treni veloci Catania con Palermo.
Webuild consegna alla Sicilia 25 km di nuove reti idriche
La storia di come una linea ferroviaria abbia accelerato il rinnovamento delle infrastrutture idriche siciliane inizia nel 2022. Siamo nella Piana di Catania, nel cantiere di Bicocca-Catenanuova, dove è in corso la costruzione della linea ad alta capacità che collegherà Catania con Messina e Palermo, un’infrastruttura strategica che cambierà per sempre la mobilità nell’isola.
Durante gli scavi emergono una serie di interferenze delle condotte di irrigazione, dei canali e delle tubazioni con il tracciato della ferrovia in costruzione e così, invece di spostare semplicemente le condotte, viene elaborata la proposta di sfruttare quell’occasione per rinnovarle, avviando quel processo di rinnovamento della rete idrica di cui la Sicilia ha profondamente bisogno. Il progetto viene finanziato con un investimento di 10 milioni di euro da RFI (Rete Ferroviaria Italiana – Gruppo Ferrovie dello Stato), e realizzato da Webuild (il gruppo sta costruendo la nuova linea ferroviaria ed è leader mondiale nel settore acqua) in collaborazione con il Consorzio di Bonifica della Regione Siciliana.
I lavori iniziano nell’autunno del 2022 e proprio in questi giorni vengono conclusi con risultati per molti versi inattesi. Nei territori più colpiti dalla siccità, proprio lì dove si coltivano le arance rosse, sono stati interrati 25 chilometri di nuove condutture idriche portando in questo modo la dispersione a zero. Le nuove tubazioni sono in ghisa sferoidale e polietilene ad alta densità (PEAD), che garantisce massimi standard igienici per il trasporto dell’acqua e resistenza molto elevate alla corrosione, alla trazione e agli impatti.
L’intervento ha inoltre permesso di procedere a una più precisa mappatura della rete idrica preesistente, indicando una strada – quella del rinnovamento della rete idrica – che potrà essere percorsa nei prossimi anni proprio per partecipare al processo di modernizzazione della regione.
I ritardi italiani e il bisogno di nuovi investimenti
Il problema siciliano è anche un problema italiano. Seppur con livelli di criticità differenti in base alle regioni e ai territori, tutta la Penisola è chiamata a fare i conti con la siccità e con la necessità di modernizzare la propria rete idrica.
In media nell’ultimo quinquennio, il settore idrico italiano ha investito 59 euro per abitante, 23 euro in meno della media dell’Unione Europea e del Regno Unito messi insieme, mentre il PNRR destina solo il 4% dei fondi al settore acqua. L’Italia ha infrastrutture idriche obsolete con perdite idriche di oltre il 40% in fase di distribuzione. Un dato che rende l’Italia il quarto peggior Paese in Unione Europea: il 60% della sua rete ha più di 30 anni e il 25% ha più di 50 anni. Inoltre, solo il 4% delle acque reflue è destinato al riuso in agricoltura.
Da qui la necessità di nuovi investimenti e interventi immediati proprio perché l’oro blu e la sua corretta gestione rappresentano una delle strade per lo sviluppo del paese.