Erano trascorsi 56 anni dalle ultime Olimpiadi di Tokyo; 56 anni che dividono i Giochi del 1964 da quelli del 2021, trasformati dal Covid-19 e dalle conseguenti misure di contenimento in quelle che molti definiscono “le Olimpiadi più tristi della storia”.
Eppure, nonostante le difficoltà legate proprio al nuovo aumento dei contagi con la chiusura delle competizioni a ogni genere di pubblico, il Giappone ha investito moltissimo nei Giochi, tanto in termini economici quanto in termini infrastrutturali, ora costruendo da zero ora rinnovando le 42 sedi scelte per ospitare i match così come l’apparato organizzativo della manifestazione.
Secondo alcune stime il costo complessivo di questa edizione si aggirerà intorno ai 25 miliardi di dollari, il più alto nella storia delle Olimpiadi, e a questo concorrono appunto anche i 42 edifici, 8 dei quali nuovi e permanenti, 24 già esistenti e 10 temporanei, che hanno ospitato i Giochi.
Dallo Stadio Olimpico, realizzato con un investimento di 1,4 miliardi di dollari, ai palazzetti più piccoli, l’idea degli organizzatori è stata quella di distribuire sul vastissimo territorio cittadino quelle che sarebbero divenute le sedi delle competizioni, favorendo così un processo di riqualificazione di molte aree metropolitane, come accaduto nelle Olimpiadi di Londra nel 2012.
E così 26 strutture sono state realizzate nelle zone Heritage e Tokyo Bay, quelle più centrali, mentre per le altre 16 sono stati scelti quartieri limitrofi. Piccole e grandi opere di architettura disseminate nella metropoli che, da qui ai prossimi anni, diventeranno l’eredità visiva di queste Olimpiadi e insieme strumenti preziosi di riqualificazione urbana.
Le Olimpiadi di Tokyo, palestra delle innovazioni infrastrutturali
Dai Giochi del 1964 a oggi, le Olimpiadi sono sempre state una grande occasione per esprimere il meglio dell’architettura mondiale. Da questo punto di vista le Olimpiadi Tokyo 1964 saranno ricordate per il Yoyogi National Gymnasium dell’archistar giapponese Kenzo Tange, che seppe inaugurare un nuovo filone di “architettura olimpica”. Negli anni successivi in molti lo seguirono: nel 1972 a Monaco l’architetto Frei Otto diede vita a uno stadio a forma di tenda; nel 2008 a Pechino fu costruito lo stadio a nido d’uccello; a Londra nel 2012 vide la luce il Centro Acquatico progettato da Zaha Hadid. Le Olimpiadi di Tokyo 2020 (spostate per il Covid al 2021) hanno celebrato solo in parte questa tradizione. Le costruzioni più innovative, che hanno contribuito a ridisegnare lo skyline di Tokyo, sono il Villaggio Olimpico, composto da edifici che assomigliano a enormi blocchi e costruito proprio come un villaggio con una piazza centrale ideata per diventare un ritrovo degli atleti.
A parte il Villaggio Olimpico la costruzione più bella e significativa è sicuramente il nuovo Japan National Stadium, disegnato dall’architetto Kengo Kuma, preferito al progetto dello studio Zaha Hadid Architects anche per i costi più contenuti. Il nuovo stadio, capace di ospitare 68.000 persone a sedere, è comunque costato 1,4 miliardi di dollari. Per la sua costruzione uno dei materiali più utilizzati è stato il legno, mentre la struttura è circondata da elementi orizzontali che evocano le grondaie a strapiombo degli edifici tradizionali giapponesi.
Manutenzione e riuso: il futuro delle costruzioni parte dalle Olimpiadi
Una delle scelte degli organizzatori che ha segnato queste Olimpiadi di Tokyo 2020 ha riguardato proprio le strutture olimpiche. Per la prima volta nella storia dei Giochi, nella maggior parte dei casi sono state recuperate vecchie strutture in un’ottica di riqualificazione, di tutela del patrimonio esistente e di contenimento degli sprechi. A muovere questa scelta non sono state ragioni economiche (i Giochi sono stati infatti tra i più costosi della storia), ma motivazioni ideali, legate proprio al tema della sostenibilità applicata al settore delle costruzioni. E infatti 34 delle 42 strutture che hanno ospitato la manifestazione erano vecchi edifici riportati alla modernità e riutilizzati. La scelta di Tokyo rientra infatti in un’indicazione chiara che arriva dal Comitato Olimpico Internazionale e che è stata già sposata anche da Parigi, la città che ospiterà i Giochi del 2024. Gli organizzatori delle Olimpiadi parigine hanno infatti annunciato che il 95% delle strutture sarà già esistente e oggetto di operazioni di manutenzione e recupero, aggiungendo che «le emissioni di gas inquinanti per Parigi 2024 saranno in linea o ancora inferiori rispetto a quelli registrati nelle due edizioni precedenti dei Giochi”.
Il tema della sostenibilità entra quindi in modo deciso anche sulle Olimpiadi e coinvolge quella che da sempre è la voce di spesa più consistente ma anche la bandiera della più prestigiosa delle manifestazioni sportive: le costruzioni che ospitano le competizioni. Stadi, palazzetti, arene, luoghi di incontro, villaggi per gli atleti, espressione del genio degli architetti ma anche esempi di costruzioni sostenibili, pensate per rimanere anche dopo la fine delle competizioni e contribuire a riqualificare gli spazi urbani che le ospitano.