I fatti prima dei commenti. I numeri prima delle parole. Quelli raccolti dalla società di consulenza Ernst&Young raccontano non solo un’Italia sommersa da una crisi più nera di quella che stanno affrontando i suoi partner europei, ma anche un paese che – se stimolato con i giusti investimenti – ha la forza per uscire da questa crisi in un tempo ragionevole.
La pillola per la ripresa, in questo caso, sono le infrastrutture o meglio quel volano virtuoso di lavoro, modernizzazione, sostegno alla filiera che può essere innescato proprio dirottando parte dei fondi europei che arriveranno nei prossimi mesi sullo sviluppo delle grandi opere di cui il paese ha un disperato bisogno.
Pil Italia: infrastrutture per rilanciare il paese
Secondo le analisi di Ernst&Young, le risorse previste dal Recovery Fund, che rientra nell’iniziativa europea NewGenerationEU, possono assicurare un aumento della spesa pubblica per investimenti nei prossimi cinque anni del 25%, con un impatto annuo pari allo 0,5% del PIL Italia del 2019. Un buon risultato che può diventare strategico per lo sviluppo italiano se, insieme ai fondi europei, fosse attivata una sinergia con gli investitori privati in grado di moltiplicarne l’effetto.
A questo proposito Ernst&Young calcola che, sostenendo forme efficaci di partenariato pubblico e privato, gli investimenti complessivi nelle infrastrutture per i prossimi cinque anni potrebbero oscillare tra 150 e 200 miliardi di euro, con un impatto pari all’1,8% del PIL italiano ogni anno.
Numeri che naturalmente dovranno essere messi alla prova dei fatti, capendo prima di tutto su quali progetti il governo intende investire, e poi che tipo di sostegno privato il settore riuscirà ad avere. Due elementi essenziali per far ripartire un paese, che sconta purtroppo un passato di occasioni mancate.
Investimenti pubblici e privati, il ritardo italiano
Il ritardo infrastrutturale italiano è il risultato naturale, non solo di un sistema burocratico e amministrativo molto articolato e complesso, ma anche della inadeguatezza finanziaria degli investimenti fatti, tanto pubblici quanto privati.
Un dato ufficiale sulla spesa in infrastrutture non esiste, ma dalle elaborazioni di Ernst&Young emerge che, tra il 2014 e il 2019, gli investimenti pubblici sono aumentati del 3% ogni anno, passando da 110 a 133 miliardi.
La portata di questi investimenti non è sufficiente per avvicinare l’Italia agli altri grandi partner europei. Tra il 2014 e il 2019, la quota degli investimenti infrastrutturali rispetto al PIL è stata del 2% in Italia, a fronte di una media Ue pari al 2,9%. Anche il contributo dei privati, essenziale per accelerare l’impatto dell’investimento pubblico, è stato contenuto ed è passato – tra il 2014 e il 2019 – dal 4,5 al 5,5% del PIL contro l’8% della Francia e il 7% di Spagna e Germania.
L’Italia purtroppo sconta questo ritardo, un ritardo che trova riscontro sullo stato delle infrastrutture del paese. Il Logistics Performance Index della World Bank posiziona il paese al 20° posto al mondo per qualità delle infrastrutture fisiche di trasporto merci e persone, dietro le principali economie europee (Germania, Francia e Spagna).
I rischi per il PIL italiano
Il reale contraccolpo che l’emergenza sanitaria avrà sull’economia non può ancora essere calcolato. Il lockdown della primavera scorsa ha causato danni gravissimi che potrebbero aumentare nelle prossime settimane se le condizioni sanitarie dovessero peggiorare. Ad oggi, per il 2020, le stime prevedono un crollo del PIL del 10%. Per questo la risposta delle istituzioni sarà determinante per evitare che la crisi emergenziale si trasformi in una crisi sistemica. Se infatti l’Italia ricominciasse a marciare ai ritmi dell’ultima decade, ci vorrebbero 20 anni per recuperare la ricchezza persa e tornare ai livelli del 2019.
Da qui la necessità di sostenere gli investimenti per rilanciare produttività, lavoro e di conseguenza benessere. In questo senso la strada da prendere – indicata anche da Ernst&Young – è quella degli investimenti nelle infrastrutture. Infrastrutture strategiche per il trasporto di beni e persone, come la rete ad alta velocità nel Sud e i collegamenti dei grandi poli logistici e intermodali del Nord; un piano diffuso e capillare di manutenzione e ammodernamento delle opere esistenti; e in ultimo un progetto strategico per ripensare le aree metropolitane. Roma, Milano e tutte le grandi città italiane sono chiamate in questi anni ad affrontare la sfida della modernizzazione, seguendo l’esempio di grandi città come Barcellona, trasformate in pochi anni in smart cities.
Se l’Italia sarà capace di indirizzare il sostegno europeo nella direzione giusta, la crisi del Covid-19 potrà tramutarsi in un’opportunità storica, capace da un lato di portare lavoro e benessere, e dall’altro di modernizzare il paese e le sue infrastrutture strategiche.