Non contano le latitudini e le longitudini, perché la sfida è comune a tutti i centri urbani: assicurare acqua sufficiente per rispondere alle esigenze dei propri abitanti; o, come si legge nel rapporto Learning from Crises to Build Urban Water Security dell’istituto di ricerca non-profit RAND Corporation, garantire a tutti loro la sicurezza idrica.
In questo studio, la statunitense RAND Corporation esamina come cinque città – geograficamente molto distanti tra loro – hanno affrontato i problemi e le sfide legate a periodi prolungati di siccità.
Il faro si è acceso su Città del Capo, Sudafrica; Melbourne, Australia; San Paolo, Brasile; Las Vegas, Nevada, e New Orleans, Luisiana, negli Stati Uniti. Per alcune di loro, le siccità sono durate più di un decennio; per le altre, come nel caso di Las Vegas, la scarsità idrica, con una vera e propria crisi idrica, è stata ancora più lunga.
Dall’aumento delle temperature alle infrastrutture obsolete: le cause comuni della siccità
Le cause all’origine della siccità sono simili per tutti i centri urbani: aumento delle temperature medie (come conseguenza del riscaldamento globale, dell’effetto serra e del cambiamento climatico), popolazione in crescita, infrastrutture idriche obsolete.
Per queste ragioni – si legge nel rapporto – “molte città stanno affrontando, o affronteranno, gravi minacce alla loro capacità di proteggere i bacini idrici e assicurare nel lungo termine le forniture necessarie alla popolazione”.
Una teoria che trova conferma anche nelle previsioni delle Nazioni Unite, secondo cui entro il 2050 metà della popolazione mondiale urbana sarà chiamata ad affrontare il problema della scarsità idrica.
Raschiare il fondo: la siccità prosciuga i bacini idrici
Le crisi idriche cui sono state sottoposte le cinque città analizzate offrono un’indicazione chiara di cosa ci si possa attendere nel futuro.
A Città del Capo, ad esempio, i bacini idrici hanno assistito a un crollo della loro capacità dal 100 al 38% in soli quattro anni; a New Orleans, l’acqua salata del Golfo del Messico ha risalito il fiume Mississippi a causa del rallentamento del flusso di acqua dolce che scende verso il mare; a San Paolo, i bacini idrici sono scesi fino al 5% della loro capacità, obbligando le Authority idriche a cercare acqua a profondità maggiori.
Innovazione infrastrutturale per rispondere alla scarsità idrica
In seguito alle crisi idriche che queste cinque grandi città hanno dovuto affrontare, le autorità di competenza si sono attivate sia per pianificare e investire su infrastrutture innovative e strategiche con impatto a lungo termine, sia nel favorire maggiore collaborazione tra tutti i livelli di governo e le organizzazioni non governative per affrontare il problema collettivamente.
È stata poi coinvolta tutta la cittadinanza attraverso campagne di sensibilizzazione che invitavano a ridurre il consumo di acqua. «L’innovazione delle opere realizzate – si legge ancora nello studio – sono una componente centrale per assicurare la sicurezza idrica urbana e rispondere efficacemente alle crisi dovute al mancato approvvigionamento d’acqua. La sperimentazione di nuovi sistemi e tecnologie per proteggere questa preziosa risorsa sono quindi una leva fondamentale per garantire una risposta vincente al fenomeno».
Il caso Las Vegas e l'Intake 3: l'infrastruttura contro la siccità del Gruppo Webuild
Innovazione e sperimentazione, unite naturalmente all’eccellenza ingegneristica, è quanto è stato messo in pratica a Las Vegas, dove per gestire la perenne carenza d’acqua è stato costruito l’Intake 3 (o Terza Cannuccia).
Commissionato dalla Southern Nevada Water Authority (SNWA), si tratta un tunnel lungo 4,6 chilometri costruito dal Gruppo Webuild sotto il letto del Lago Mead, il lago artificiale più grande d’America che fornisce acqua alla città.
Realizzarlo è stata un’opera altamente complessa: la macchina perforatrice del tunnel era infatti un prototipo unico al mondo, progettato per resistere a una pressione di 15 bar, senza pari nella storia del settore. La presa d’acqua del tunnel è stata realizzata a 100 metri di profondità sul fondo del Lago Mead, da dove l’acqua viene pompata fino a raggiungere un impianto di trattamento ed essere quindi trasportata nella città di Las Vegas.
Come la capitale del Nevada, anche due città analizzate nello studio di RAND Corporation hanno sviluppato progetti per mitigare la siccità e la scarsità idrica. Lo ha fatto Melbourne, commissionando la costruzione di un impianto di dissalazione in grado di trasformare l’acqua del mare in acqua potabile; mentre Città del Capo ha realizzato un sistema di sensori in grado di monitorare la pressione dell’acqua lungo l’intera rete dell’infrastruttura idrica e così intervenire rapidamente in caso di falle e guasti.
Dal riutilizzo dell’acqua piovana a infrastrutture multiuso: come rispondere efficacemente alla siccità
«La sicurezza idrica non può essere raggiunta in condizioni estreme o inseguita soltanto in situazioni di crisi. Le città che sono chiamate a fare i conti con la scarsità di acqua devono invece adottare una strategia di lungo periodo, costruita proprio sulla possibilità di evitare le crisi».
Così RAND torna a spiegare in che modo le cinque città interessate dallo studio hanno saputo programmare interventi di lungo termine mirati anche al riutilizzo dell’acqua.
«La sicurezza idrica urbana può spesso essere rafforzata dalla gestione della domanda e dall’interconnessione dei sistemi idrici, prevedendo quindi il riutilizzo dell’acqua e la corretta gestione dell’acqua piovana; l’adattamento della qualità in base all’utilizzo finale e il raggiungimento di obiettivi ambientali tramite infrastrutture multiuso.
Queste strategie garantiscono sicuri benefici, ma per essere vincenti hanno bisogno di un patto a monte tra istituzioni, imprese e naturalmente cittadini».
Infrastrutture idriche fondamentali per milioni di persone
Un’area dove la sicurezza idrica è tema sempre di forte attualità è la Penisola Araba. Qui Webuild attraverso la sua controllata Fisia Italimpianti ha realizzato dissalatori e impianti per il trattamento acque negli Emirati Arabi Uniti, in Qatar, Kuwait, Oman e Bahrain caratterizzati da soluzioni innovative a livello tecnologico con una presenza sul territorio da oltre trent’anni.
Tra i dissalatori, Jebel Ali M è una delle icone nel settore dissalazione e l’impianto più grande degli Emirati Arabi all’epoca del suo completamento (2012). In grado di generare 636.400 metri cubi d’acqua al giorno (pari a 140 MIGD), nel 2014 l’impianto è stato nominato “Year Desalination Plant” dalla Global Water Awards, che premia i risultati più importanti dell’industria di dissalazione internazionale.
In Arabia Saudita è stato realizzato il progetto Shoaiba 3 Expansion II. Situato nell’area di Shoaiba, sulla costa occidentale del Paese, l’impianto utilizza la tecnologia dell’osmosi inversa e produce 250.000 m3/g fornendo acqua potabile a oltre 1 milione di abitanti delle città di La Mecca, Jeddah e Taif.
In Oman infine si trova il Salalah Independent Water Project, un impianto di dissalazione a osmosi inversa da 113.650 m3/g che fornisce acqua potabile alla città di Salalah, nel sud ovest del Paese.