Le previsioni dell’Ocse, inserite nell’ultimo Economic Outlook appena pubblicato, indicano per il 2016 una crescita del Pil mondiale intorno al 3%. Una stima alla quale si accompagna, per il 2017, l’indicazione di un modesto miglioramento. Secondo l’Organizzazione questo trend potrebbe essere ribaltato o comunque migliorato attraverso massicci investimenti nel settore delle infrastrutture, una strada già percorsa da alcuni Paesi dell’Ocse. Investimenti in opere pubbliche destinati a progetti di alta qualità possono dare una spinta alle economie, partendo da quelle dei Paesi emergenti.
Nell’anno in corso molti di questi mercati emergenti (EMEs – emerging market economies) hanno assistito a un rallentamento nella produzione di materie prime. Allo stesso tempo, la ripresa dei Paesi sviluppati rimane modesta, con una crescita frenata dagli aumenti salariali lenti e dai ridotti investimenti delle imprese.
I bassi prezzi delle commodities così come le politiche monetarie espansive continuano a offrire un sostegno a molte economie, anche se in modo alternato con periodi in cui le condizioni della finanza si mostrano più rischiose e volatili.
Tutto questo è culminato in un tasso di crescita aggregato molto più debole di quanto previsto fino a pochi anni fa e molto al di sotto dei livelli pre-crisi.
Inoltre i rischi legati all’instabilità finanziaria continuano a persistere. In particolare negli Stati Uniti una ripresa moderata dovrebbe continuare fino a quando i venti contrari del dollaro forte e del calo degli investimenti nel settore energetico la vanificheranno. Una graduale espansione della crescita dei salari dovrebbe sostenere la domanda interna, mentre il mercato del lavoro si avvicina alla piena occupazione. In Giappone, la crescita del Pil dovrebbe rimanere bassa, il mercato del lavoro dovrebbe avere un impatto limitato sulla crescita dei salari e il consolidamento fiscale è spostato al 2017.
Nell’area Euro – prosegue il Rapporto dell’Ocse – la crescita dovrebbe essere favorita seppur in forma lieve dall’impatto graduale delle recenti politiche monetarie di sostegno al credito e, in alcuni Paesi, dalla spesa pubblica aggiuntiva prevista per assistere i richiedenti asilo. Tuttavia, l’allentamento del mercato del lavoro, gli elevati oneri debitori e le sofferenze bancarie continuano ad ostacolare la ripresa in molti Paesi. La crescita del Pil dei Paesi non appartenenti all’Ocse dovrebbe ripartire nonostante la forte recessione vissuta da molti produttori di materie prime, e garantire così una stabilizzazione del prezzo delle commodities ai livelli attuali.
In ogni caso, le economie dei Paesi emergenti possono andare incontro a risultati divergenti, che rispecchiano le differenze nelle politiche di sostegno adottate, l’impatto dei bassi prezzi delle commodities, il progresso nell’attuazione delle riforme strutturali e la misura della loro vulnerabilità finanziaria.
Il Pil dovrebbe così continuare a crescere in Cina nell’ordine del 6% nel 2017, mentre il sistema economico si ribilancia dalla manifattura ai servizi. Recenti politiche fiscali garantiscono un importante supporto alla crescita, attraverso investimenti nelle infrastrutture e nel real estate, ma anche investendo nel riequilibrio finanziario che contribuisce ad evitare tensioni interne.
Una crescita solida dovrebbe rimanere tale in India e in Indonesia, sostenuta rispettivamente da un forte aumento previsto nei salari del settore pubblico e da una maggiore spesa nelle infrastrutture.
Le previsioni di Brasile e Russia rimangono invece critiche, legate ai bassi prezzi delle commodities, all’inflazione ancora elevata, alle difficoltà fiscali e – in Brasile – anche all’incertezza politica.
Per rompere questo trend di bassa crescita dell’economia globale è necessaria l’adozione di nuove politiche fiscali. È ormai chiaro che il ricorso esclusivo alle politiche monetarie non è riuscito a realizzare una crescita soddisfacente né a conseguire gli obiettivi previsti di inflazione. E nuove politiche monetarie espansive potrebbero oggi mostrarsi meno efficaci che in passato, e perfino controproducenti in alcune circostanze. I livelli così bassi dei tassi di interesse, senza precedenti nella storia e in alcuni casi negativi, offrono alla maggior parte dei Paesi dell’Ocse un aumento temporaneo per le spese fiscali e creano le condizioni finanziarie per aumentare gli investimenti pubblici. Alcuni Paesi dell’Ocse hanno già aumentato gli investimenti per favorire una crescita legata alle opere pubbliche, alle infrastrutture e agli investimenti nel real estate. Infatti, gli investimenti pubblici in progetti infrastrutturali di alta qualità e con elevati moltiplicatori, incluse le spese in energia pulita, educazione, telecomunicazioni, contribuiranno a supportare la crescita futura e la capacità dell’economia di garantire standard di vita elevati.
Inoltre, gli investimenti in infrastrutture pubbliche hanno già dimostrato di innalzare effettivamente il potenziale di crescita economica nel medio termine e possono stimolare gli investimenti privati nel breve termine. Queste misure sarebbero molto utili in Paesi dove il livello iniziale di capitale pubblico è basso, e i ritorni agli investimenti sono di conseguenza probabilmente elevati, e in Paesi dove la domanda è rimasta in modo persistente bassa.
Inoltre, le esigenze infrastrutturali sono considerevoli nei Paesi dell’Ocse, in particolar modo da quando negli ultimi anni il consolidamento fiscale ha obbligato la spesa pubblica ad una contrazione fino a raggiungere livelli bassi in molti Paesi. In una tale situazione, investimenti pubblici aggiuntivi hanno a maggior ragione più probabilità di garantire elevati tassi di rendimento.
Un’azione collettiva tra più economie per far crescere gli investimenti pubblici su determinati progetti, scelti con attenzione e con un elevato impatto sulla crescita, garantirebbe quindi una forte spinta sullo sviluppo senza compromettere la sostenibilità fiscale.