La Tasmania, il più piccolo stato dell’Australia con appena 500.000 abitanti, è pronta per giocare un ruolo decisivo nella riduzione delle emissioni di CO2 di tutto il paese, anche se questo significherebbe raddoppiare la produzione di energia idroelettrica.
L’obiettivo, che l’Australia ha sottoscritto firmando l’Accordo globale sul clima di Parigi, prevede che le emissioni vengano ridotte del 28% entro il 2030. Per riuscirci l’idea è quella di investire nelle risorse rinnovabili, in particolare nell’energia idrica, eolica e solare, soluzione che permetterebbe di emancipare il paese dall’uso del carbone che attualmente è responsabile di oltre il 70% dell’energia generata.
Naturalmente il passaggio non è facile, perché la produzione di elettricità da risorse naturali, eoliche e solari, è molto variabile, ed è qui che arriva in soccorso la Tasmania, una piccola isola a Sud del continente australiano.
Lo stato è il più grande produttore di energia rinnovabile dell’Australia, in particolar modo energia idroelettrica, e può dare un contributo essenziale proprio per coprire i cali produttivi da altre fonti.
Per capire l’eccezionalità di questo stato, bisogna considerare che si tratta di uno dei pochi luoghi sulla terra che produce la quasi totalità dell’energia da fonti rinnovabili, soprattutto idroelettriche, e che la sua produzione “green” è pari al 40% del totale dell’energia rinnovabile australiana.
Oltre alla disponibilità di risorse idriche per la produzione di energia idroelettrica, la Tasmania è battuta da venti molto violenti (chiamati Roaring Forties) che la rendono adatta anche per gli investimenti nell’energia eolica.
«La Tasmania – spiega Steve Davy, il chief executive di Hydro Tasmania (l’utility pubblica responsabile della maggior parte dell’energia prodotta sull’isola) – è assolutamente in grado di sostenere la sfida australiana verso una ambiziosa transizione energetica».
Ed è tanta la fiducia nel contributo che lo stato potrà dare, che l’utility ha chiamato il piano di sviluppo “Batteria della nazione”, proprio in considerazione delle potenzialità energetiche ancora inespresse sul territorio.
Tuttavia, l’obiettivo di riuscire a rispondere ai bisogni energetici dell’intero paese è veramente sfidante. Considerando anche le non rinnovabili, l’energia della Tasmania copre oggi il 5% del fabbisogno nazionale.
L’azienda di stato, Hydro Tasmania, assicura ogni anno 9.000 gigawatt ora (GWh), sufficienti per alimentare 900.000 case e piccole imprese, una quantità che dovrebbe raddoppiare proprio per contribuire a raggiungere l’ambizioso obiettivo di divenire un alimentatore energetico per l’intera Australia.
Producendo più energia di quanta ne serva al piccolo stato, la società sarebbe in grado di esportarne una parte utilizzando per il trasporto cavi posti sul fondo del mare. Uno di questi, di nome Basslink, è già in funzione e altri potrebbero essere aggiunti nel futuro.
Per realizzare il piano, Hydro Tasmania calcola che sarebbero necessari 5 miliardi di dollari australiani (3,7 miliardi di dollari Usa), che creeranno 3.000 posti di lavoro nei prossimi 10-15 anni. A questo proposito, a giugno Hydro Tasmania ha pubblicato i dettagli dell’iniziativa, annunciando di aver identificato 14 siti dove poter realizzare i cosiddetti “pumped hydro storage schemes”, impianti di produzione e stoccaggio con una capacità di 4.800 megawatts. Tuttavia, un’analisi successiva ha ridotto il numero di impianti ad una capacità finale di 2.500 MW, sufficiente per portare la corrente in 500.000 abitazioni.
«Il primo progetto – ha spiegato l’azienda – dovrebbe partire prima del 2020, con un periodo di costruzione di 3-4 anni».
La costruzione dei “pumped hydro storage schemes” è una novità per l’isola. La loro funzione primaria è stoccare energia pulita e rilasciarla quando serve. Un esempio di questo genere di impianti è l’Ingula Pumped Storage Scheme, dotato di una capacità produttiva pari a 1.332 MW e realizzato in Sud Africa da Salini Impregilo.
Oltre a costruire nuovi impianti, il progetto prevede di sviluppare quelli già esistenti. È il caso dell’impianto di Tarraleah, nella regione delle Central Highlands, che dovrebbe raddoppiare la sua capacità produttiva (da 104 a 220 MW). L’impianto è stato commissionato negli anni Trenta e ancora oggi produce 630 gigawatts ora all’anno, il 6,5% dell’energia prodotta nello stato.
Un’altra opzione è ammodernare e ingrandire il più grande impianto idroelettrico dell’isola, quello di Gordon, in modo da aumentare la sua capacità del 40%.
Il loro ammodernamento rientra in un piano ambizioso che, oltre ad assicurare un beneficio per l’intera Australia, garantirà energia alla Tasmania per il prossimo secolo, con prezzi molto bassi tanto per i residenti quanto per le imprese.