Le infrastrutture europee sono chiamate a fare i conti con i grandi cambiamenti climatici. Il Vecchio Continente, all’apparenza meno battuto da eventi estremi come le siccità che da anni colpiscono la California o gli uragani che causano inondazioni dall’Asia al Sud America, è al centro di profondi mutamenti che stanno danneggiando in modo significativo la rete infrastrutturale, in particolare quella dei trasporti.
A lanciare l’allarme è stato pochi giorni fa uno studio realizzato dalle Nazioni Unite e focalizzato proprio sulle opere di trasporto del continente. Il rapporto, dal titolo “Climate Change Impacts and Adaptation for International Trasport Networks and Nodes” afferma che le infrastrutture europee sono sottoposte a un “rischio elevato” per via dei cambiamenti climatici.
Guardando ai calcoli elaborati sugli anni passati, tra il 1998 e il 2010 i costi derivati dalla mancanza di manutenzione sulle infrastrutture europee sono stati pari a 2,5 miliardi di euro all’anno.
Una conclusione che arriva dopo oltre quattro anni di analisi condotte da un gruppo di esperti dell’UNECE (la Economic Commission for Europe delle Nazioni Unite), secondi quali i paesi europei dovrebbero investire nel breve termine diversi miliardi di euro per modernizzare la rete infrastrutturale e metterla al riparo dai rischi che sta correndo.
Cambiamenti climatici e infrastrutture di trasporto: ritardi in Europa
L’appello delle Nazioni Unite risponde a un bisogno reale, perché dall’aumento delle temperature medie alle inondazioni, dall’incremento delle piogge all’erosione delle coste, i cambiamenti del clima stanno mettendo a dura prova le infrastrutture del Vecchio Continente. Ponti che si deteriorano, rotaie che si deformano per il caldo eccessivo, strade costiere che vengono danneggiate: tutto questo ha un costo elevatissimo, prima sulla sicurezza delle persone, poi sulle economie degli stati.
Lo studio calcola che solo per rinnovare l’asfalto sulla rete stradale dei paesi membri dell’Unione Europea tra il 2040 e il 2070 dovrebbero essere spesi ogni anno tra i 38,5 e i 135 milioni di euro.
«Fino ad oggi – spiega alla Reuters Jean Rodriguez, portavoce dell’UNECE – la manutenzione delle infrastrutture di trasporto legata ai cambiamenti climatici è stata totalmente sottovalutata, e lo studio punta proprio a sensibilizzare le istituzioni europee in questo senso».
«La maggior parte delle infrastrutture del continente – aggiunge Rodriguez – sono state costruite in relazione al clima che c’era nel XIX secolo e non sono pronte per affrontare gli eventi climatici estremi degli ultimi anni».
Infrastrutture di trasporto e cambiamenti climatici: le aree più a rischio
Lo studio delle Nazioni Unite individua per l’Europa due tipi di infrastrutture più a rischio perché presenti in aree geografiche ben definite. La prima sono i porti sul Mare del Nord, la seconda le strade e le linee ferroviarie che corrono nei pressi del Mediterraneo. In entrambi i casi si tratta di situazioni climatiche più estreme: da un lato il grande freddo, il rischio di piogge consistenti e di inondazioni; dall’altro il caldo, la siccità, la contrazione delle precipitazioni e tutto quello che da questo deriva.
Fenomeni che hanno un impatto sulle infrastrutture del Vecchio Continente e infatti – riporta lo studio – se non si interverrà subito, entro il 2100 il 60% dei porti europei potrebbe essere a rischio di inondazione.
Ma se è vero che le regioni più estreme del continente (Nord e Sud) sono quelle più a rischio, è anche vero che nessun territorio è al riparo. Uno degli scenari che lo studio analizza è quello del fiume Reno in Germania, nei pressi della città di Oberwese. Secondo l’analisi degli scienziati entro il 2030 le inondazioni del fiume in quella parte del suo percorso coinvolgeranno strade e ferrovie limitrofe, impattando in modo drammatico sui trasporti delle persone e delle merci, con un costo giornaliero per la collettività pari a 2,5 milioni di euro.
Gli investimenti necessari
L’allarme lanciato dalle Nazioni Unite è solo l’ultimo di una serie di richiami all’urgenza degli investimenti per evitare che i cambiamenti climatici possano avere un impatto significativo sulla rete infrastrutturale del continente. A questo proposito, lo studio “Global Environmental Change”, condotto da Elsevier, un prestigioso editore mondiale in ambito medico-scientifico, e già riportato da “We Build Value”, ha calcolato anche l’ammontare degli investimenti necessari per ridurre questo impatto.
Secondo l’analisi i paesi europei hanno speso negli ultimi anni nel loro insieme 3,4 miliardi di dollari per interventi straordinari sulle infrastrutture. Una cifra che dovrà necessariamente aumentare in futuro, arrivando a 9,3 miliardi nell’anno in corso, a 19,6 miliardi nel 2050 e a 37 miliardi nel 2080.
Senza questo sforzo finanziario, il clima lascerà la sua impronta sulle grandi infrastrutture europee, mettendo in pericolo il benessere e la sicurezza di milioni di persone.