Il fiume Klamath nasce nell’alto deserto centro-meridionale dell’Oregon e, facendosi largo tra l’aspra catena montuosa Cascade Range, scorre per 414 km fino a sfociare nell’Oceano Pacifico nel limite settentrionale della California, che lo classifica come il secondo fiume statale per portata, dopo il Sacramento. Lungo il tratto centrale sono iniziati in primavera i lavori di pre-costruzione del più grande progetto di rimozione di dighe e ripristino del corso fluviale della storia degli Stati Uniti.
Il progetto da 450 milioni di dollari, approvato dalla Federal Energy Regulatory Commission (FERC) dopo decenni di vertenze ambientali, vedrà lo smantellamento di quattro dighe, a partire dalla Copco 2, che dovrebbe scomparire nell’autunno di quest’anno, per proseguire con la rimozione di altre tre dighe – Copco 1, Iron Gate e JC Boyle – entro la fine del 2024. Le quattro dighe compongono il Lower Klamath Hydropower Project, tra la contea di Siskiyou in California e Klamath in Oregon, di proprietà della PacifiCorp, compagnia elettrica poi passata sotto il controllo della Berkshire Hathaway di Warren Buffett.
Un lungo viaggio iniziato nel 2016
Un’intesa raggiunta nel 2016 tra PacifiCorp, le tribù locali Yurok e Karuk, i governatori di Oregon e California e la FERC ha portato nel 2021 al trasferimento del controllo delle dighe e delle relative infrastrutture alla Klamath River Renewal Corporation (KRRC), una società privata non profit creata con l’apposito intento di rimuovere le dighe e ripristinare l’ecosistema del fiume. L’intesa è stata raggiunta anche sulla base del fatto che l’energia prodotta dal sistema idroelettrico delle quattro dighe era molto bassa e la loro gestione in perdita. Il 10 marzo 2023 sono iniziati i lavori che prevedono la costruzione di strade di accesso, il rinforzo dei ponti e la sistemazione degli argini per il controllo dell’acqua e lo scarico dei sedimenti accumulati nei bacini creati dalle dighe.
In previsione di questa storica rimozione, le popolazioni delle tribù locali stanno raccogliendo dal 2019 enormi quantità di semi di piante autoctone che forniranno le basi per la stabilizzazione dei sedimenti. Una volta demolite le dighe, circa 400 miglia di habitat ittico ed ecologico, compreso lo stelo principale Klamath con i suoi affluenti, saranno ripristinati. La più grande rimozione di dighe, mai avviata in America, diventerà anche il più importante progetto di rivegetazione e riqualificazione ittica.
Vecchie dighe da riqualificare
L’operazione sul Klamath segue di qualche anno la precedente rimozione record, quella sul fiume Elwha nello stato di Washington, non lontano da Seattle. Oggi il fiume defluisce ininterrotto, da un nevaio nelle montagne dell’Olympic National Park allo Stretto di Juan de Fuca nell’Oceano Pacifico. Ma, per circa un secolo prima, questo corso di 72 km è stato bloccato da due dighe: Elwha alta 32 metri e la diga Glines Canyon di 64 metri. Le barriere idriche hanno impedito ai salmoni di migrare, destabilizzandone la popolazione e le comunità che dipendevano da loro.
Ed è proprio il ritorno a casa dei salmoni a venire salutato con maggiore entusiasmo dalle comunità lungo il fiume Klamath, che era considerato il terzo maggior corso d’acqua per i salmoni della costa occidentale degli Stati Uniti. Con gli anni, il numero di pesci che risale la corrente è drasticamente diminuito sia per le barriere costituite dalle dighe, sia per l’alta tossicità dei sedimenti nei rispettivi bacini.
La rimozione delle quattro dighe e la bonifica del fiume rappresenta una tappa fondamentale per l’approvvigionamento ittico in tutta l’area nord occidentale degli Stati Uniti, dalla foce del fiume Klamath fino all’Alaska, dove spicca la presenza del Chinook Salmon, anche conosciuto come King Salmon, che nelle acque del Klamath è considerato una risorsa pregiata, quanto – se non di più – dei giacimenti auriferi scoperti durante la ben nota corsa all’oro iniziata intorno al 1850 e durata per oltre un secolo.
La modernità delle dighe è un elemento centrale della loro efficienza, come dimostrano i grandi progetti di Webuild a partire da GERD, la grande diga in Etiopia fino alla diga di Rogun in Tagikistan, una delle più grandi al mondo.
La priorità: manutenere e rinnovare le grandi infrastrutture idriche degli Usa
Le infrastrutture d’acqua sono tra le più esposte nella mappa delle urgenze degli Stati Uniti, dove oggi si contano 91.757 dighe. Il numero viene dal National Inventory of Dams (NID), che fa capo al Corpo degli Ingegneri dell’Esercito, la massima autorità in materia nel Paese. Ben 51.750 di queste, pari al 56,4%, sono di proprietà privata, il 20% fa capo a governi locali, il 4,7% è di proprietà federale, il 4,8% è controllato da singoli Stati e un altro 4,2% è controllato da public utility. Le oltre 9.000 restanti sono in una zona d’ombra rispetto al censimento della loro proprietà. L’età media complessiva è di 61 anni, mentre oltre 8.000 hanno più di 90 anni e ben il 17% del totale è identificato ad alto rischio. Secondo la Federal Energy Regulatory Commission, il 3% delle dighe (circa 2.750) è al servizio di un impianto idroelettrico e il 20% è dedicato al controllo delle inondazioni.
Una stima, resa nota nel 2021 dall’American Society of Civil Engineers (ASCE), indica un fabbisogno di 20 miliardi di dollari solo per la riparazione e messa in sicurezza dei siti più obsoleti e classificati ad alto rischio. Gli investimenti in questo settore stentano a decollare per la differente lettura degli impatti ecologici, che ha portato a metà degli anni ’90 al congelamento dei progetti di nuove dighe. Le amministrazioni americane puntano quasi esclusivamente a coprire i rischi derivanti da impianti super datati o considerati fuori norma anche per la disparità tra regolamenti statali e federali sulle dighe, in termini di gestione, ispezione, sicurezza, manutenzione, piani d’emergenza e impatto ambientale, che variano da stato a stato. Secondo l’associazione American Rivers, che si pone come obiettivo la protezione dei corsi naturali d’acqua, dal 1912 sono state rimosse 2.025 dighe a livello nazionale, di cui 65 nel 2022.