Raccogliere più investimenti coinvolgendo i finanziatori privati e superare le divisioni interne ai vari Stati per costruire una rete infrastrutturale che li colleghi al meglio. È questa, secondo Aaron Klein, esperto di regolamentazioni nel settore finanziario, ma anche di macroeconomia e di finanziamento delle infrastrutture, la strada da seguire per recuperare il ritardo infrastrutturale degli Stati Uniti. E uno strumento per farlo potrebbe essere proprio la banca delle infrastrutture lanciata dal Presidente eletto, Donald Trump.
Qual è la sua opinione rispetto alla creazione di una banca per finanziare le infrastrutture? Crede che Donald Trump deciderà di costituirla?
«L’idea di creare una banca per le infrastrutture che finanzi questo settore è nell’aria da più di un decennio. Ci sono alcuni modelli di questo genere di banca che potrebbero essere molto positivi per gli Stati Uniti e permetterebbero di raccogliere ulteriori investimenti nelle infrastrutture».
Quale crede siano le reali opportunità di questa banca?
«A differenza della maggior parte dei Paesi del mondo, che fanno affidamento alla finanza di progetto per sviluppare le proprie infrastrutture, gli Stati Uniti usano una combinazione di finanziamenti federali e fondi provenienti dagli stati e dai governi locali. Una conseguenza di questo approccio è la carenza di infrastrutture che colleghino gli stati e allo stesso tempo che connettano modelli multipli di infrastrutture. Avere una banca dedicata alle infrastrutture potrebbe risolvere molti di questi problemi, unendo gli elementi positivi della finanza di progetto con una selezione oculata del progetto su cui investire».
Negli Stati Uniti c’è una grande carenza di infrastrutture e se il governo non agirà in tempo nei prossimi 10-20 anni dovrà affrontare grossi problemi in questo settore. Entro il 2020 il deterioramento delle infrastrutture costerà 912 dollari ad ogni cittadino americano. Nel 2040 i costi potrebbero triplicarsi rispetto ai livelli del 2020. Cosa ne pensa?
«Già oggi abbiamo un enorme problema a causa di investimenti troppo bassi nelle infrastrutture nazionali. C’è una tassa silenziosa che si sta mangiando i portafogli delle famiglie americane a causa di un deficit nelle infrastrutture. Ogni cittadino spende tra i 500 e i 1.000 dollari l’anno in costi aggiuntivi di mantenimento delle proprie auto come risultato della mancanza di mantenimento della strada americane. Le persone in media sprecano oltre 40 ore all’anno bloccate nel traffico. E questo quadro potrà solo peggiorare senza un piano ben definito di nuovi investimenti in infrastrutture».
Capitol Hill
Quale crede sia l’impatto economico degli investimenti in infrastrutture?
«Sul breve periodo c’è un aumento in termini di creazione di posti di lavoro. Le infrastrutture creano lavori di qualità per la classe media, con il 60% di nuovi posti nel settore delle costruzioni e un altro 15% in quello manifatturiero. Sul lungo termine investimenti intelligenti in infrastrutture possono portare benefici alle aziende e ai consumatori. E questi benefici non vanno a influire sempre dove più ce lo si aspetta. Un miglioramento al porto di Seattle che permette ai cargo refrigerati di spostarsi in modo più veloce, finisce per dare grossi benefici a mille chilometri di distanza, agli allevatori di bestiame del Montana, che esportano la loro carne in Asia».
Crede che la collaborazione tra pubblico e privato sia una buona opportunità per sviluppare le infrastrutture del ventunesimo secolo?
«Le infrastrutture migliori nascono quasi sempre da una collaborazione tra settore pubblico e settore privato. Costruiamo porti che sono usati da navi private, strade su cui guidare auto private e treni che spostano merci e persone per fini commerciali. Evolvere questa cooperazione in nuovi modelli può aiutare a sbloccare ulteriori risorse di capitale da investire in più infrastrutture. Allo stesso tempo questa cooperazione potrà bilanciare meglio gli incentivi, in modo che le infrastrutture siano usate in modo più intelligente».