L’area di sviluppo che si estende dal porto di Los Angeles fino al porto di Long Beach è da sempre caratterizzata da file di container. I grandi camion si allineano lungo la Long Beach Freeway Intestate 710, la freeway che unisce i due porti principali degli Stati Uniti, parte di un’unica grande metropoli che identifica la Contea di Los Angeles e ospita oltre 10 milioni di persone.
Attraverso i porti gemelli – Los Angeles, il primo del paese; Long Beach, il secondo – transitano tra i 18 e i 20 milioni di container l’anno. Quasi un container a testa per ciascuno dei residenti di LA/LB, come si usa dire da queste parti.
Un via vai messo a dura prova dal virus COVID-19, che anche qui ha creato uno scenario surreale. Il nuovo Gerald Desmond bridge, in funzione da pochi mesi, darà maggiore impulso all’economia e maggiore sostenibilità al traffico e agli abitanti di Long Beach, offre un punto di osservazione privilegiato dai 62 metri di altezza della sua campata centrale.
Visti dall’alto, i container non formano più delle file compatte. Quei piccoli rettangoli colorati, come in una sorta di time-lapse al contrario, scompaiono senza essere sostituiti. Nel dedalo di svincoli e strade deserte circolano solo veicoli industriali, ben distanti fra loro.
Nel primo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 il porto di Long Beach ha registrato un calo del 6,9% nel movimento di container, in partenza o in arrivo, vuoti o pieni. Nel solo mese di marzo, il Coronavirus ha provocato un vero e proprio shock nella più importante catena di approvvigionamento degli Stati Uniti.
L’operatività portuale tuttavia non si è fermata, è stata messa sotto controllo per combattere la diffusione del virus. Sulle gru, nei magazzini di smistamento, nei cantieri il lavoro è andato avanti, le attività essenziali sono state mantenute.