La Brown University, a Rhode Island, è una delle perle della Ivy League, il titolo che distingue le otto università più prestigiose degli Stati Uniti d’America. Il suo campus risponde all’immaginario collettivo sui grandi atenei americani: edifici bassi in mattoncini, prati curati, ragazzi che girano a piedi o in bicicletta. Ma l’immagine classica nasconde un’anima tecnologica che ha trovato la sua massima espressione nella costruzione della nuova facoltà di ingegneria. Per la prima volta tra le università americane per decidere il posizionamento e la struttura della nuova facoltà, è stato fatto ricorso ai big data. La raccolta scientifica e sistematica dei dati, non solo legati alle tecniche di costruzione ma anche alle finalità formative del nuovo edificio, è servita per identificare il luogo migliore dove edificare la facoltà per gli studenti e per la stessa università. La prima pietra è stata posta il 22 ottobre del 2015 con il lancio del piano strategico “Building on Distinction” che – secondo i finanziatori dell’università che hanno stanziato 88 milioni di dollari per il progetto – avrebbe dovuto ricorrere alle scienze e alle tecnologie più moderne per la costruzione della facoltà di ingegneria, considerata un’eccellenza accademica in tutti gli Stati Uniti.
Ma il caso della Brown University è solo un esempio di come anche l’industria delle costruzioni si stia riorganizzando in chiave moderna, ricorrendo con sempre maggior frequenza all’uso dei big data.
I big data nelle costruzioni
La raccolta sistematica e completa dei dati sta diventando uno strumento essenziale per ridurre tanto i tempi quanto i costi necessari per la realizzazione dei progetti. Uno studio realizzato dal SAIT (Southern Alberta Institute of Technology) di Calgary calcola che il ricorso al BIM (Building Information Modeling) abbia portato ad una riduzione dei costi pari al 20%. In Oregon, tanto la Portland State University quanto la Oregon State University hanno risparmiato 10 milioni di dollari nella costruzione di nuovi edifici proprio perché hanno lavorato sulla raccolta dei big data.
Secondo lo studio realizzato dall’università di Calgary i modelli di Virtual Design Construction (VDC) e gli Unmanned Aerial Systems (i droni) stanno colmando il gap di produttività dell’industria delle costruzioni oltre a rispondere a esigenze sempre più sentite da parte dei grandi player attivi sul mercato. Lo studio riporta infatti che il 57% delle aziende del settore desidera poter accedere a una mole maggiore di informazioni; il 48% vorrebbe avere più indicatori che permettano di anticipare i rischi; il 41% vorrebbe essere in grado di prevedere meglio gli eventi futuri; e il 14% sente il bisogno di accedere in modo costante a statistiche online su ogni campo, dalla profittabilità ai livelli di rischio del progetto. Tutte richieste che possono essere esaudite con l’utilizzo dei big data. Basti pensare che un drone che vola per 30 minuti sopra un cantiere può raccogliere milioni di dati da riversare nei modelli 3D e così rendere più rapidi i lavori o più sicuro il cantiere stesso.
Big data, prima, durante e dopo la costruzione
Il ricorso ai big data non si limita solo a una fase ma all’intero processo di realizzazione dell’opera. In particolare i big data mostrano il loro pieno utilizzo in tre momenti chiave: la fase di progettazione, la fase di costruzione e al termine dei lavori. Nella parte progettuale la raccolta delle informazioni comprende non solo il progetto stesso, ma anche l’analisi dei dati ambientali, le indicazioni degli stakeholder, così come le discussioni sui social media dei cittadini interessati al progetto. Si tratta di informazioni strategiche che, come nel caso della Brown University, posso influenzare perfino il posizionamento di un’opera.
Nella fase di costruzione, invece, vengono analizzati dati come gli eventi atmosferici, il traffico, il proseguimento delle attività intorno al cantiere, tutti elementi che possono aiutare a rendere i lavori più rapidi ed efficienti. Ad esempio, sensori posti sui macchinari utilizzati in cantiere possono indirizzare la scelta sull’acquisto o sul leasing del macchinario stesso. Allo stesso modo, geolocalizzare i macchinari contribuisce a migliorare la logistica riducendo così il tempo perso.
La terza fase è poi essenziale per testare la qualità del lavoro fatto e prevedere eventuali interventi di aggiustamento. Sensori posti all’interno di edifici, ponti o strade permettono infatti di monitorarne il funzionamento e in generale i livelli di performance dell’infrastruttura. Così come raccogliere informazioni sull’impatto del traffico su una strada o sulla flessibilità di un ponte possono aiutare ad evitare rischi per la sicurezza degli utenti.
Le informazioni che cambiano la vita
Risolvere problemi, ridurre i costi, implementare la sicurezza, organizzare in modo efficiente i processi produttivi: tutto questo si raggiunge raccogliendo in modo sistematico le informazioni. Ecco il futuro dell’industria: raccolta sistematica dei dati e la loro protezione.
Per dare un’idea della mole di informazioni che vengono scambiate, ogni giorno Google processa una quantità di dati che riempirebbe 17.500 trilioni di vecchi floppy disk. Su Facebook, invece, vengono caricare ogni ora 10 milioni di nuove foto. I numeri sono importanti perché è proprio il loro volume che caratterizza i big data. Esempi significativi di questo sono le attività di colossi come Walmart e Amazon che gestiscono una mole massiccia di informazioni per identificare, prevedere e reagire in tempo reale alle aspettative dei clienti.
Un mondo in movimento, che negli ultimi anni ha raggiunto, lambito e adesso coinvolto anche l’industria delle costruzioni. È la tecnologia che piomba in un settore essenziale per lo sviluppo economico e sociale, arricchendolo delle scoperte e delle innovazioni che hanno contribuito a migliorare la vita delle persone.