Per prima cosa il ponte. A seguire, il porto. E dopo ancora un grattacielo alto oltre un chilometro. Sono queste le tre grandi infrastrutture destinate a diventare i pilastri intorno ai quali nascerà Madinat Al-Hareer, la città voluta dall’Emiro del Kuwait Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah con l’idea di ridurre la dipendenza economica del paese dalle sue consistenti riserve di petrolio e di gas.
Il modo di farlo, come indicato nell’ultimo piano di sviluppo del paese, è proprio quello di diversificare l’economia favorendo la creazione di una free economic zone, una zona che sorgerà sul versante opposto della baia di Kuwait City, divenendo da subito un hub regionale del commercio e della finanza e collegando il Golfo ai paesi dell’Asia Centrale e dell’Europa.
Nonostante il nome ufficiale di Madinat Al-Hareer, tutti l’hanno ormai ribattezzata Silk City, evocando l’antica rotta della via della Seta alla quale la nuova città dovrebbe ispirarsi per diventare un attrattore e una via di scambio dei commerci mondiali.
Obiettivo: attrarre gli investitori
Silk City sta lentamente prendendo forma. Lo Skeikh Jaber Al-Ahmad Al-Sabah Causeway, il ponte più lungo del mondo, aprirà ufficialmente quest’anno, mentre è in fase avanzata la progettazione del Mubarak Al-Kabeer port, un grande porto che dovrebbe diventare lo scalo di riferimento della regione negli scambi marittimi.
A novembre, il Kuwait ha siglato un memorandum di intenti con la Cina affinché il governo cinese dia il suo contributo alla realizzazione della free economic zone. «La Cina – spiega un’analisi realizzata dall’Economist Intelligence Unit dopo la firma dell’accordo – è il più grande importatore al mondo di petrolio e la destinazione della metà dell’export che proviene dal Medio Oriente. Nello specifico, inoltre, rappresenta un mercato molto importante per il Kuwait. Ecco perché, nella visione dei governanti del paese, favorire questa cooperazione può essere la strada giusta per accrescere gli investimenti cinesi».
E infatti attrarre gli investimenti diretti esteri, siano essi cinesi o provenienti da un altro stato, è cruciale per il successo di Silk City. «Gli investimenti esteri – ha dichiarato il primo ministro del Kuwait, Sheikh Jaber Al Mubarak Al Sabah, in una conferenza pubblicata riportata dal giornale locale “The National” – sono ancora insufficienti in Kuwait e noi crediamo che siano preziosi per il paese e che sia il momento giusto per investire».
Sul sito internet del governo, l’Emiro ha sottolineato le opportunità che questa nuova area potrà offrire. «Il progetto trasformerà il Kuwait in un centro finanziario e commerciale, dove il settore privato avrà un ruolo determinante nell’attività economia, incoraggiando lo spirito di competizione e migliorando la produttività».
Si partirà così dall’edilizia, la salute, i trasporti, il turismo e le energie rinnovabili, tutti i settori dove il Kuwait vuole accrescere la quota di investimenti esteri.
Migliaia di posti di lavoro
Silk City sorgerà su un’area di 250 chilometri quadrati nella regione di Subiya, a Nord della Kuwait Bay. Secondo l’Economist Intelligence Unit nell’area saranno creati 450.000 posti di lavoro grazie alla creazione di un vero e proprio agglomerato urbano capace di ospitare 700.000 persone e costituito da quattro villaggi, un aeroporto, hotel, resort, un’accademia sportiva, un centro medico, uno stadio olimpico, parchi, riserve naturali. A svettare in mezzo a questa struttura modulare sarà il Mubarak Al-Kabir, il grattacielo alto 1.001 metri e diviso su 234 piani.
I trasporti con la capitale del paese saranno garantiti prima di tutto dal nuovo ponte che collegherà le due sponde della baia, riducendo i tempi di viaggio e incoraggiando le persone a muoversi tra la congestionata Kuwait City e Subiya.
Per costruire la città serviranno, secondo le stime della Kuwait New Agency (l’agenzia stampa di stato), 86 miliardi di dollari (76,1 miliardi di euro), un progetto così vasto che sarà completato in fasi differenti che richiederanno in tutto 25 anni di lavori. Tra le altre cose, il progetto prevede anche di collegare una all’altra cinque isole: Failaka, Warba, Miskan, Awha e Boubyan, l’ultima delle quali ospiterà il porto con 24 ancoraggi per grandi navi.
«L’infrastruttura – si legge nella descrizione del progetto sul sito ufficiale di AECOM, la società statunitense incaricata di costruirla – rilancerà il ruolo del Kuwait come uno dei porti commerciali più importanti della regione».