I vagoni si fermano in banchina, le porte di sicurezza si aprono, quindi si richiudono pochi secondi dopo, e il treno riparte. Da Linate a Dateo sono 5,6 chilometri, in tutto sei fermate che compongono la prima tratta della M4, la nuova linea metropolitana che attraverserà Milano collegando l’aeroporto con San Cristoforo.
Il 26 novembre è il giorno in cui la M4 si presenta alla sua città per quello che vale: una metro che collegherà lo scalo aeroportuale con il centro in una manciata di minuti, trasformando Milano in una delle metropoli più accessibili d’Europa via aereo. Aprono così le prime sei fermate, mentre proseguono i lavori sull’intera linea che arriverà a una lunghezza complessiva di 15 chilometri con 21 stazioni e in soli 29 minuti attraverserà il centro storico collegando i quadranti Est e Ovest del capoluogo lombardo trasportando fino a 24mila persone ogni ora, 86 milioni in un anno.
«Ѐ stata una sfida complessa dal punto di vista manageriale e produttivo, ma oggi siamo molto soddisfatti di aver finalmente raggiunto questo traguardo Per via delle sue caratteristiche – spiega oggi Renato Aliberti di Webuild, Amministratore Delegato di M4 S.p.A. – questa linea rappresenta la porta di Milano verso l’Europa e la porta dell’Europa verso Milano. ».
Obiettivo della metropolitana è proprio questo: creare un nuovo collegamento veloce e sostenibile con il centro cittadino, un collegamento che in vari punti interseca le altre linee metropolitane così come quelle ferroviarie, accrescendo in modo significativo la mobilità sostenibile della città.
Un’opera innovativa che ha l’incredibile capacità di correre proprio nel centro cittadino, sotto le fondamenta dei palazzi storici. «Durante la costruzione delle gallerie – dichiara Guido Mannella Direttore Operativo Metro Italia di Webuild – lo scavo non si è mai fermato. Abbiamo istituito quattro turni di lavoro per coprire le 24 ore giornaliere, anche nei giorni festivi. Mantenendo questi ritmi abbiamo scavato circa un milione e mezzo di metri cubi di terra che corrispondono a circa 75mila viaggi con i camion: 75mila camion che, se immaginati in fila uno dietro l’altro, costituirebbero una colonna lunga da Milano a Roma».
Lavoro e sostenibilità insieme perché, proprio per ridurre l’impatto sulla città, la terra di scavo è stata trasportata all’interno degli stessi tunnel dove poi correrà la metropolitana, fino ai depositi di Forlanini e Segneri, in prossimità delle tangenziali.
Al lavoro nelle stazioni del centro
Adesso che i tunnel sono completati, il lavoro si concentra sulla costruzione delle stazioni. Il Capo Cantiere Fabio Guanella è impegnato nelle stazioni del centro, veri e propri canyon profondi oltre 30 metri che compaiono all’improvviso passeggiando tra San Babila, Santa Sofia e De Amicis.
«Quando mi hanno dato questo incarico – racconta – il Gruppo ha detto: iniziamo a costruire la linea 4. Allora ho cominciato ad aprire i primi disegni, le prime planimetrie e abbiamo cominciato a fare i primi sopralluoghi e quindi a capire dove sarebbe passata la metro. All’inizio sembrava quasi impossibile. Abbiamo detto: ma non ci sta una stazione qua, tra questi due palazzi non ci sta… eppure grazie ai progettisti e all’impegno di tutto lo staff passo dopo passo stiamo realizzando un’opera importante che ogni volta che la vedo dico: eh però di lavoro ne abbiamo fatto».
Le stazioni sbucano così, tra i palazzi storici, le scuole, i musei e gli edifici simbolo di Milano.
A San Babila, ad esempio, il canyon è lungo e profondo, e gli scavi si aprono proprio ai margini delle mura degli edifici. Anche qui lavora Alessandra Ciancaglini, la matricola numero uno nel cantiere della M4 e oggi responsabile dei servizi tecnici delle opere civili della linea 4.
«Sono arrivata per prima – ammette – ho partecipato all’offerta e da lì abbiamo cominciato a impostare il lavoro che ci aspettava».
Ciancaglini lavora per Webuild, il gruppo che sta realizzando la M4, e i suoi oltre dieci anni in cantiere sono stati scanditi dalle tappe della sua vita privata.
«Mi ricordo che era il dicembre del 2010 – racconta – e io ero tornata da poco dalla maternità. Poi il cantiere vero e proprio è iniziato nel 2012 per cui possiamo dire che mia figlia è cresciuta con la mamma che lavora per la metropolitana di Milano».
M4, un’opera sostenibile che sta riqualificando Milano
Da quel 2012 molto è stato fatto. I tunnel sono stati completati, la costruzione delle stazioni è in uno stato avanzato e la prima tratta da Linate a Dateo sarà a breve consegnata alla cittadinanza.
Un risultato conseguito da un lato contando sul lavoro di oltre 1.500 persone e 1.300 aziende fornitrici, dall’altro puntando sull’elevatissimo grado di innovazione impiegato in questo progetto.
Nelle fasi di scavo, la tecnologia è stata messa anche al servizio della tutela del patrimonio artistico e storico di Milano. Alcuni monumenti sono stati spostati per evitare qualunque rischio nella fase di passaggio della TBM. È il caso della Colonna del Verziere con la Statua del Redentore in Largo Augusto; del Busto di Cesare Correnti in Piazza della Resistenza Partigiana; del muro medioevale in via Francesco Sforza; del Monumento della Madonna della Rassegnazione. Monumenti che verranno ricollocati in posizione originaria, dopo la pulizia e il restauro richiesti dalla Soprintendenza.
Tutta questa operazione di salvaguardia del patrimonio artistico è stata realizzata grazie al know how di Webuild che ha maturato negli anni una lunghissima esperienza nella costruzione di linee metropolitane e opere sotterranee. Oltre a Cityringen, dove in alcuni punti la talpa ha scavato a una profondità di 1,5 metri dalle fondamenta di alcuni palazzi storici e a Roma per la metro B1 dove in alcune zone si è reso necessario ricorrere alla tecnica del congelamento del terreno per la salvaguardia degli edifici esistenti, c’è anche l’impegno nella metro di Salonicco, dove invece è in corso un’opera di salvaguardia di una strada antica romana scoperta durante la costruzione della prima linea cittadina.
E così tecniche specifiche sono state utilizzate negli scavi delle stazioni del centro (San Babila, Sforza Policlinico, Santa Sofia, De Amicis, Sant’Ambrogio), dove sono state utilizzate talpe con un diametro di 9,15 metri, in modo da realizzare all’interno delle gallerie anche le banchine di sbarco dei passeggeri, riducendo al massimo il volume occupato dalle stazioni e dove si è fatto ricorso alla tecnica del congelamento del terreno per collegare i corpi stazione con le gallerie di linea e le banchine.
È questo il portato tecnologico che ha permesso e sta ancora permettendo di completare un’opera strategica per la città, che avrà un impatto profondo sulla mobilità di Milano contribuendo anche a riqualificare molte aree della metropoli.