Anche l’ultimo gigante di calcestruzzo è stato terminato. Nel cantiere del nuovo ponte di Genova sono conclusi i lavori sulla pila 12, uno dei 18 piloni che sorreggeranno l’impalcato lungo oltre mille metri.
L’opera rappresenta un’altra importante tappa raggiunta nel percorso di costruzione del viadotto.
Le 18 pile sono i supporti verticali su cui correrà il ponte, veri e propri grattacieli di cemento armato alti in tutto fino a 90 metri (50 dei quali nascosti sotto la superficie). La loro realizzazione è stata portata a termine a tempi di record, così come molto altro nel cantiere.
Le imprese costruttrici (Salini Impregilo e Fincantieri Infrastructure) sono entrate sul lato ponente solo il 15 aprile scorso, disponendo all’inizio di aree parziali per via delle dismissioni ancora in corso del vecchio ponte Morandi. Ancora più recente è l’ingresso sul lato levante che risale alla fine del mese di agosto.
Questo significa che lato Levante in poco più di cinque mesi sono state eseguite le sottofondazioni, le fondazioni e le elevazioni, procedendo ad una media di due pile al mese. Un risultato ottenuto grazie ad uno sforzo congiunto, tanto organizzativo quanto lavorativo. Centinaia di persone hanno lavorato in cantiere fin dalle prime battute, con picchi giornalieri di 600 persone, che arrivano a mille se si considera anche l’indotto.
Grattacieli di cemento armato
La dimensione delle pile racconta molto della grandiosità e della stabilità del nuovo ponte.
Le pile sono grattacieli in cemento armato alte in tutto fino a 90 metri, 50 dei quali realizzati sottoterra e ancorati attraverso circa 250 pali dal diametro di 1,5 m, realizzati nel suolo al di sotto le fondazioni. La parte esterna è invece alta 40 metri. Unendo l’altezza di tutti i piloni si superano i 1.450 metri, due volte il Burj Khalifa di Dubai, il grattacielo più alto del mondo. Anche la loro forma è stata studiata e realizzata ponendo attenzione ai minimi dettagli: la sezione delle pile ha una forma ellittica, che permette alla luce di scivolare meglio sulla superficie e di mitigare l’impatto visivo e la presenza nel contesto urbano di questi giganti.
L’elevazione di ogni pila del nuovo ponte di Genova risponde a un procedimento complesso, gestito da squadre di operai e tecnici specializzati che hanno reso possibile eseguire un getto di 4,5 m di altezza ogni due giorni.
«Ognuna di queste persone ha dato un contributo prezioso – commenta oggi Ercole Biella, il responsabile getti di Cossi Costruzioni (società in crisi salvata da Salini Impregilo e impegnata nella ricostruzione del ponte) – lavorando giorno e notte, su tre turni di 8 ore, dalle 6 del mattino alle 14, dalle 14 alle 22 e dalle 22 alle 6».
Biella controlla come procedono i lavori sull’ultimo dei piloni e ammette: «Mi viene da sorridere, per le fatiche, le nottate passate a raggiungere questo obiettivo. E adesso quando li guardo, mi viene quell’emozione di felicità, di essere riusciti come gruppo di lavoro a raggiungere questo risultato».
Un’opera diversa da tutte le altre
Il completamento dell’ultima pila è un altro passo in avanti compiuto in una direzione comune: portare a termine la costruzione del ponte nel minor tempo possibile. Un impegno assicurato non solo da una partecipazione collettiva al progetto, ma anche dall’eccellenza produttiva e organizzativa espressa in cantiere.
«Quello che abbiamo fatto in questi mesi – dichiara Pietro Salini, amministratore delegato di Salini Impregilo – è motivo di orgoglio per tutti noi. Oltre 600 persone al lavoro concentrate su un unico obiettivo. Dalla progettazione all’allestimento del cantiere, dalla logistica dei materiali alla posa in opera, ogni passaggio di quest’opera è frutto di un lavoro condiviso e di un’organizzazione capillare che abbiamo modulato sulla base della nostra esperienza maturata nei più grandi cantieri in giro per il mondo».
Alle spalle, quella che viene considera un’opera diversa da tutte le altre. «Un’opera – prosegue Pietro Salini – unica sotto tanti punti di vista: i tempi di realizzazione, la pressione e l’attenzione dell’opinione pubblica, l’attenzione alla qualità e alla sicurezza delle lavorazioni, e naturalmente la sua stessa ragion d’essere. Sapevamo fin dall’inizio che costruire un nuovo ponte sulle macerie del ponte Morandi sarebbe stata una sfida che andava oltre la prassi di una infrastruttura tradizionale e abbiamo accettato questo impegno con spirito di servizio verso il nostro paese e verso gli abitanti di Genova».