Nel cuore delle montagne australiane, il progetto idroelettrico Snowy 2.0 ha superato un altro traguardo con il battesimo della prima TBM.
“Lady Eileen Hudson” è la prima delle tre giganti frese meccaniche che saranno messe al servizio della realizzazione del mega impianto idroelettrico ideato per rispondere alla crescente domanda di energia pulita che arriva dal paese.
A portare a termine l’opera è stata chiamata “Future Generation”, la joint-venture incaricata dalla società Snowy Hydro Limited che mette insieme l’esperienza e l’eccellenza di Webuild, uno dei primi player mondiali nel settore infrastrutturale, la compagnia di costruzioni australiana Clough e Lane Construction, controllata dallo stesso Webuild.
Snowy 2.0 promette di diventare la stella splendente in una regione che, soprattutto negli ultimi mesi, è stata colpita dalla siccità, da incendi devastanti e dalla pandemia del Covid-19.
Il 19 marzo scorso, al battesimo della “Lady Eileen Hudson” davanti al tunnel principale di Lobs Hole, era presente Marco Assorati, Executive Director di Webuild per l’Asia Pacifico. «Questa giornata – ha dichiarato Assorati – segna l’inizio di un viaggio affascinante da compiere insieme. Siamo orgogliosi di essere parte di un progetto che garantirà un futuro più sostenibile per i nostri figli».
Proprio Webuild è fortemente impegnato nella realizzazione di progetti che abbiano un ruolo cruciale nel favorire una transizione ecologica attraverso la produzione di energie pulite.
Snowy 2.0, oggi il più grande progetto di energia “green” dell’Australia che nasce come ampliamento del vecchio Snowy Mountains Hydro-electric Scheme realizzato settanta anni fa, permetterà di ampliare la produzione energetica e di raggiungere gli obiettivi previsti di taglio delle emissioni di gas nocivo nell’ambiente.
All’evento hanno partecipato anche l’amministratore delegato di Snowy Hydro, Paul Broad, e il ministro autraliano per l’Energia e la Riduzione delle Emissioni, Angus Taylor, oltre ai team di Snowy Hydro e Future Generation.
«Snowy 2.0 – ha spiegato il ministro Taylor – è una parte centrale dell’agenda governativa che punta ad ampliare la produzione di energia pulita per tutti gli australiani. L’impianto avrà la capacità di stoccare l’energia in eccesso per rilasciarla nelle ore notturne, quando gli effetti degli impianti ad energia solare verranno meno, così da assicurare la fornitura elettrica mantenendo però bassi i costi energetici».
Per farlo Snowy 2.0 collegherà due dighe esistenti, quella di Tantangara e quella di Talbingo attraverso 27 chilometri di tunnel, ai quali si accompagnerà la costruzione di una stazione energetica sotterranea.
Quando c’è una sovrapproduzione di energia e la domanda di energia è bassa, l’impianto pompa l’acqua dalla diga più bassa a quella più alta; quando la domanda sale, la stessa acqua viene spedita verso il basso della valle generando energia. In questo modo, vengono ridotti in modo significativo gli sbalzi delle forniture energetiche nel paese che si verificano quando la rete eolica e solare non è in grado di rispondere alla richiesta energetica.
In termini di energia prodotta, Snowy 2.0 aumenterà la capacità del vecchio impianto di 2.000 MW assicurando 350.000 MW all’ora di stoccaggio su larga scala, sufficiente per rispondere al fabbisogno di 500.000 abitazioni per oltre una settimana di massima richiesta energetica.
“Lady Eileen Hudson” è la prima delle tre TBM assegnate al progetto. Lunga 137 metri con 11 metri di diametro, questa ipertecnologica fresa meccanica è stata realizzata dalla società cinese CREG, smontata e trasportata via nave a Port Kembla nel New South Wales. Dal porto è stata caricata su camion speciali e trasportata su strada fino al Lobs Hole, dove è iniziato il suo montaggio.
L’obiettivo della scavatrice è quello di camminare ad una velocità media di 16 metri al giorno, arrivando a scavare il tunnel di accesso principale lungo 2,6 chilometri al termine del quale verrà realizzata una caverna a 800 metri di profondità (una delle più profonde al mondo) che ospiterà la centrale elettrica.
Una volta terminato questo lavoro, “Lady Eileen Hudson” sarà di nuovo smontata e rimontata al portale di Talbingo per scavare un nuovo tunnel. Come la prima TBM anche le altre due sono state spedite a Port Kembla, da dove saranno trasportate fino alle Snowy Mountains.
Anche il lavoro delle frese racconta molto dell’eccezionale portata innovativa di quest’opera. Una delle TBM sarà infatti tra le prime al mondo in grado di scavare su una gamma di pendenze molto variabili, con angoli ripidi, una pendenza in discesa del 9% e in salita addirittura del 47%.
La fabbrica nata dal nulla per rifornire il cantiere
La piccola località di Cooma, con appena 6.681 abitanti, è considerata la porta d’accesso alle Snowy Mountains e il quartier generale per gli uffici di Snowy Hydro e Snowy 2.0.
In una vicina zona industriale, la fabbrica di segmenti prefabbricati Polo Flat di nuova costruzione brulica di attività.
Il governo ha approvato la costruzione della fabbrica nell’aprile del 2020, e con i lavori di realizzazione quasi completi già oggi impegna una forza lavoro di 100 persone.
«Abbiamo combattuto duramente per costruire la fabbrica in loco piuttosto che importare i manufatti da fuori perché questo significa forza lavoro locale, opportunità, investimenti» spiega l’amministratore delegato di Snowy Hydro, Paul Broad.
In particolare la fabbrica produrrà segmenti necessari per la realizzazione dei tunnel. L’obiettivo è una produzione complessiva di 130.500 pezzi, ognuno dei quali pesante sette tonnellate, necessari alla realizzazione di 14.500 anelli da posizionare per tutti i 27 chilometri dei tunnel.
Anche il trasporto dei manufatti è stato organizzato. Infatti, proprio per ridurre i viaggi verso il cantiere, sono stati allestiti dei camion studiati appositamente per trasportare nove segmenti in una volta (quelli che servono per completare un anello).
La casa dei lavoratori di Snowy 2.0
Oltre al cuore del progetto, Future Generation è anche impegnata nella costruzione delle vie d’accesso al cantiere e di altre infrastrutture come ad esempio i villaggi degli operai impegnati nella realizzazione dell’opera.
A Cooma, grazie a un investimento di 19 milioni di dollari australiani, è stata allestita una struttura con 126 posti letto. Conosciuto con il nome di Joule Ridge, il camp dovrebbe aprire già quest’anno, rispondendo all’esigenza di assicurare una sistemazione di lavoratori in una zona dove i prezzi delle case stanno aumentando e l’offerta di abitazioni è bassa.
Per assicurare questo servizio, Snowy Hydro ha acquistato un terreno di cinque ettari, abbandonato da diversi anni, che sarà dedicato proprio agli alloggi di chi lavorerà nel cantiere.
«Snowy 2.0 – ha aggiunto Broad – prevede di occupare 4.000 persone per tutta la vita
del progetto, e una parte importante della nostra pianificazione è proprio la costruzione degli alloggi di Joule Ridge».
Gli effetti dei grandi incendi
L’estate del 2020 sarà ricordata nella storia australiana come l’“estate nera”, segnata da incendi catastrofici che hanno bruciato milioni di ettari di terra, oltre ad aver causato numerose vittime.
Le Snowy Mountains – compresi i siti dove è in costruzione Snowy 2.0 – sono state anch’esse colpite da questi incendi. Snowy Hydro, ad esempio, ha perso oltre la metà degli uffici operativi presenti nella città di Cabramurra, l’impianto è andato distrutto e le vie d’accesso alla città sono state chiuse.
Miracolosamente, tutti le stazioni di Snowy Hydro hanno continuato a funzionare. Solo alcuni mesi dopo la fine degli incendi, la regione è stata duramente colpita dal Covid-19, confermando ancora una volta quanto la costruzione di Snowy 2.0 possa rappresentare un’occasione di rilancio sociale ed economico per tutta quest’area.
«Snowy Hydro – dichiara il portavoce della società – ha sempre dato un contributo significativo all’economia della regione. Il nostro business e i progressi di Snowy 2.0 sono una parte essenziale del rilancio economico e contribuiranno alla ricostruzione dei prossimi anni».
Ricostruire una nazione
La storia dello Snowy Mountains Hydro-electric Scheme fa ormai parte dell’immaginario australiano. Un progetto nazionale costruito da oltre 100mila persone arrivate da 30 paesi differenti, due terzi dei quali rifugiati o immigrati dall’Europa, ha cambiato per sempre il volto dell’Australia e le ha aperto le porte al multiculturalismo.
Il 17 ottobre del 1949 – appena quattro anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale – il primo ministro australiano, Ben Chifley, insieme al governatore generale Sir William McKell e al commissario della Snowy Mountains Hydro-electric Scheme Authority, William Hudson, posero la prima pietra nella località di Adaminaby, dando il via al più grande progetto di ingegneria civile fino ad allora realizzato in Australia.
Lavori terminati nel 1974, un quarto di secolo necessario per costruire 16 dighe, 80 chilometri di acquedotti, 145 chilometri di tunnel di connessione, portando a termine una delle grandi meraviglie del mondo dell’ingegneria civile. Snowy 2.0 – che dovrebbe essere terminato nel 2026 – segue le orme del suo predecessore e si candida a diventare un’opera simbolo della ricostruzione australiana, in grado di assicurare energia pulita alle generazioni future.