Le acque reflue possono davvero diventare il nuovo oro nero? La risposta è sì, perché – se trattate nel modo giusto – diventano acque chiare, mangime e perfino carburante. È quello che, già oggi, accade all’interno del Woodman Point Water Resource Recovery Facility, un impianto per il trattamento di acque reflue nella città di Munster, appena a Sud di Perth, nel cuore della Western Australia.
Gestito dalla società Water Corporation, l’impianto tratta ogni giorno circa 150 milioni di litri di acque reflue provenienti da quasi 900.000 case e aziende. Al suo interno, fino a 78 tonnellate di materia organica e di fanghi vengono convertiti in biosolidi, un sottoprodotto del processo di depurazione delle acque reflue che può essere trasformato in fertilizzante per colture di grano, avena e colza.
Trattamento e riciclaggio di acque reflue
Per tenere il passo con la crescita della popolazione di Perth, la Water Corporation ha incaricato la “Integrate JV” guidata da Clough (Gruppo Webuild) di aumentare fino a 120 tonnellate la quantità di materia organica trattata quotidianamente dal Woodman Point Water Resource Facility. «Non più considerate rifiuti, le acque reflue vengono ora trattate e riciclate», spiegano in Water Corporation, sottolineando come alla base di questo processo ci sia proprio il principio di sostenibilità: «Il nostro obiettivo, da qui al 2035, è riciclare fino al 35% di tutte le acque reflue nell’area metropolitana di Perth.»
Il potenziamento dell’impianto lo renderà anche parzialmente autosufficiente, utilizzando un altro sottoprodotto del processo di trattamento di acque reflue: il biogas. Questo consentirà di soddisfare quasi la metà del proprio fabbisogno energetico e ridurre le emissioni di gas serra di circa 5.600 tonnellate l’anno. Già vent’anni fa, Clough è stata coinvolta in un precedente ammodernamento di questo impianto costruendo sistemi di trattamento per la materia organica di scarico, serbatoi di stoccaggio e controllo degli odori.
Garantire acqua nel Paese più arido al mondo
La produzione di biosolidi nell’impianto di trattamento di acque reflue di Munster, si aggiunge alla funzione principale della Water Corporation: garantire acqua potabile in quello che è il Paese più arido del mondo dove, a causa dei cambiamenti climatici, le precipitazioni ormai scarseggiano. «Gli impatti devastanti della nostra ultima grande siccità tra il 2017 il 2019, nota come Tinderbox, sono un campanello d’allarme di ciò che potremmo aspettarci in futuro», si legge in un articolo del 3 aprile 2024 a firma delle accademiche Georgina Falster, Nerilie Abram e Nicky Wright (Australian National University e University of Sydney) pubblicato dalla testata online “The Conversation”.
Negli anni ’60, alla Water Corporation bastava fare affidamento sulle dighe in attività per soddisfare quasi il 90% del fabbisogno idrico di Perth. Oggi quegli impianti non bastano più, perché i loro serbatoi – proprio a causa della mancanza di piogge – si stanno prosciugando. Dagli anni ’70, infatti, la quantità di piogge cadute nel Sud del Western Australia è diminuita di circa il 20%. Un dato che ha causato un calo dell’80% del flusso idrico che riempie i bacini delle dighe intorno a Perth.
Il ruolo minore delle dighe ha accresciuto l’importanza tanto degli impianti di trattamento delle acque reflue quanto di quelli di desalinizzazione, al punto che oggi quasi ⅓ della fornitura idrica di Perth arriva dalla trasformazione dell’acqua salata dell’oceano. A questo, si aggiunge anche la pressione demografica: le statistiche mostrano come Perth, che tra il 2022 e il 2023 ha registrato 80.000 nuovi residenti, sia diventata la città australiana che cresce più rapidamente.
Con la popolazione in aumento e le piogge destinate a diminuire di un altro 15% entro il 2030, la Water Corporation sta puntando moltissimo sugli impianti di gestione idrica e dissalazione, proprio per garantire il fabbisogno idrico nel lungo termine.