Dopo migliaia di anni la Via della Seta rivive sulle rotaie di una ferrovia che collega Mortara, una piccola città del Nord dell’Italia a 40 chilometri da Milano, con Chengdu, megacity da 14 milioni di abitanti e capoluogo della regione del Sichuan.
Il treno, partito alle 10 del mattino del 28 novembre scorso con il suo carico di 34 container zeppi di mobili, piastrelle, macchinari e altre merci, viaggerà per 10.800 chilometri attraverso sei stati (Italia, Austria, Germania, Polonia, Bielorussia, Kazakistan) prima di arrivare a destinazione in Cina 18 giorni dopo, riducendo così di 30 giorni il tempo di percorrenza garantito dalla consueta rotta marittima.
Il suo è solo il più recente tra i viaggi ferroviari – inaugurati nel 2012 dalla città tedesca di Duisburg – attraverso quella che viene chiamata la nuova Via della Seta, una rete di trasporti che, partendo dalla Cina, unisce l’Asia all’Europa, passando per Parigi e terminando a Londra.
Una grande occasione commerciale sulla quale sta puntando tantissimo il governo cinese e il Presidente Xi Jiping, che in più occasioni ha chiamato i paesi coinvolti a investire nel maxi-progetto con l’idea di ricostruire in chiave moderna la Via della Seta, il percorso transcontinentale che per secoli ha rappresentato un ponte tra Oriente e Occidente.
Sulle orme dell’antica Via della Seta
Si partiva da Venezia, in groppa a cavalli o cammelli, e si viaggiava attraverso Istanbul, Damasco, Baghdad, Samarcanda, Tasken, fino a raggiungere Chang’an, antica capitale di oltre dieci dinastie cinesi e oggi conosciuta come Xi’an.
Un viaggio lunghissimo, inaugurato ai tempi di Alessandro Magno e trasformato nei secoli in una affollata rotta commerciale grazie anche alle imprese di avventurieri come Marco Polo. Solo nell’Ottocento lo storico tedesco Ferdinand Von Richthofen coniò il nome Via della Seta, e questo appellativo le rimane ancora oggi che i treni merci stanno intensificando la loro presenza lungo quel percorso e contribuendo così ad alimentare gli scambi commerciali tra l’Europa e la Cina.
Come già raccontato da “WeBuildValue” con l’articolo dedicato alle infrastrutture e al treno che collega Londra a Pechino, dopo la prima linea ferroviaria Europa Cina inaugurata nel 2012 tra Duisburg e il distretto industriale di Chongqing, i corridoi ferroviari sono diventati oltre 39 e continuano a moltiplicarsi, contribuendo così ad accrescere il bisogno di una maggiore dotazione infrastrutturale.
Nuova Via della Seta: One Belt, One Road
La riposta a questo bisogno è arrivata in questi anni principalmente dalla Cina che nel 2013 ha lanciato il progetto “One Belt, One Road”, considerato da molti il più ambizioso progetto infrastrutturale della storia che coinvolge 65 paesi per un totale di 4,4 miliardi di persone che insieme producono il 30% del PIL mondiale.
Il progetto mira alla realizzazione di una rete infrastrutturale (ferrovie, strade, porti, aeroporti, poli logistici, ecc.) che sostenga gli scambi commerciali tra l’Asia, il Medio Oriente e l’Europa. Il governo cinese (che a maggio scorso ha annunciato un nuovo investimento di 124 miliardi di dollari) prevede che le opere siano terminate entro il 2049 e ha affidato un ruolo centrale nel finanziamento e nella gestione dei lavori alla AIIB (Asian Infrastructure Investment Bank), la banca lanciata dalla Cina stessa nel 2013 per sostenere lo sviluppo infrastrutturale della regione.
Alla base del progetto, l’idea di creare almeno 6 corridoi terrestri e 2 corridoi marittimi che mettano in collegamento quasi tutti i paesi asiatici, Russia compresa, con l’Europa, con l’obiettivo di dar vita al più potente blocco commerciale del mondo. Già oggi la Commissione europea certifica che il Vecchio Continente è la destinazione di almeno un terzo delle esportazioni cinesi e il principale partner commerciale della Cina con un volume d’affari stimato in oltre 600 miliardi di dollari l’anno. Una cifra che – proprio grazie ai corridoi ferroviari della Via della Seta – arriverà entro il 2020 a mille miliardi di dollari.
Infrastrutture a sostegno dello sviluppo
Il successo della Via della Seta e del sogno di sviluppo cullato dal Presidente cinese dipenderà in gran parte dagli investimenti nelle infrastrutture. Non solo quelle essenziali per gli scambi commerciali, come le linee ferroviarie, ma anche quelle indirettamente collegate, come ad esempio le opere che garantiscono l’approvvigionamento energetico.
La loro realizzazione coinvolge grandi aziende come Salini Impregilo che, negli anni, ha realizzato in Asia infrastrutture strategiche per lo sviluppo economico. Tra queste il Western Europe – Western China International Transit Corridor, un corridoio stradale, parte dell’antica Via della Seta, che attraversa il Kazakistan per 410 chilometri, e collega l’Europa con la Cina, ma anche la diga di Ertan in Cina, una delle prime e più imponenti dighe del Paese; e la diga di Xiaolangdi, sempre in Cina.
E proprio intervenendo sul tema nel corso del convegno “Belt and Road Initiative: Building a Concrete Roadmap for Italy and China’s Joint Growth”, organizzato da Assolombarda e Pirelli il 30 novembre scorso a Milano, il Ceo di Salini Impregilo ha dichiarato: «La nuova Via della Seta è un progetto visionario, proietta l’Eurasia avanti nel futuro e traccia la strada da seguire per rispondere alle sfide geopolitiche attuali. In uno scenario sempre più globalizzato, le infrastrutture si confermano un volano fondamentale per la crescita globale, creando le basi per una vera interconnessione tra persone, città, paesi».
Guardando all’insieme degli interventi, una gran parte degli investimenti sarà naturalmente destinata alla rete ferroviaria. Nel dicembre del 2016 Pechino ha annunciato un piano di sviluppo da 500 miliardi di dollari per modernizzare la rete ferroviaria nazionale che, secondo i calcoli del governo, arriverà a coprire 30mila chilometri collegando l’80% delle città cinesi.
Da un lato le ferrovie, dall’altro tutte le altre infrastrutture di trasporto e di logistica faranno in modo che il progetto si trasformi presto in un enorme moltiplicatore di ricchezza, come dimostra la fotografia scattata tra il 2014 e il 2016 quando il valore totale degli scambi tra la Cina e gli altri paesi aderenti a “One Belt, One Road” ha superato i 3 trilioni di dollari. Una cifra enorme che, alla luce dell’ambizioso piano di sviluppo dei prossimi anni, può diventare un semplice punto di partenza.