La notte di Natale ad High Land, il campo da dove partono gli uomini e le donne che lavorano all’ultimazione di Gibe III (una delle dighe più grandi d’Africa capace di produrre una volta a regime 6.500 GWh all’anno), capita di assistere all’arrivo di una slitta trainata da quattro somarelli “vestiti” da renne, e guidata da un Babbo Natale che porta i doni ai bimbi del cantiere.
Siamo nel cuore dell’Etiopia, a trecento chilometri dalla capitale Addis Abeba, un Paese senza sbocchi sul mare al punto che – come racconta Marco Pianigiani, ingegnere dell’ufficio tecnico del cantiere – «il pesce che mangiamo la Vigilia di Natale dobbiamo andarlo a prendere in Gibuti».
Le difficoltà ci sono e l’ambiente non aiuta a creare l’atmosfera delle feste (la temperatura viaggia su picchi di 35-40 gradi centigradi), ma nonostante questo il Natale è ugualmente una festa per tutti e nessuna tradizione viene tralasciata. «Alcuni giorni prima – racconta Pianigiani – cominciamo ad addobbare gli alberi, nella mensa come negli uffici e in tutto il campo e ci muoviamo per organizzare la sera del 24 dicembre».
Il cenone è d’obbligo: vi partecipano tutti i lavoratori, espressione delle 40 nazionalità presenti sul cantiere e il cibo è vario in modo che vada bene a tutti, dal pesce degli italiani alle verdure degli indiani. «Cileni, pakistani, indiani, cinesi, rumeni, francesi, inglesi, cubani, marocchini, egiziani, vietnamiti», l’elenco è lungo e Marco Pianigiani lo scorre come se ad ogni nazionalità abbinasse il volto di un collega. «Al cenone partecipano tutti – spiega – indipendentemente dal Paese di provenienza, perché in quel momento, per tutti noi, non conta la religione ma l’evento, l’occasione per ritrovarci insieme. L’organizzazione spetta in generale al capo cantiere: è lui a cercare il cibo, a organizzare il menù e ad acquistare i regali per i bimbi».
È questo il momento di Babbo Natale, scelto dopo una rigorosa selezione fisica che Michele Pulcini, responsabile della sicurezza, spiega così: «scegliamo sempre un lavoratore che sia grande, grosso e barbone. Quest’anno ci sono vari candidati, ma non abbiamo ancora individuato il vincitore». Nell’attesa di Babbo Natale, che la sera del 24 si presenterà alla guida della sua slitta sul campo di High Land, i preparativi fervono e le famiglie si riuniscono.
«Lavoro in Etiopia da sette anni e mezzo – racconta Michele Pulcini – e la mia famiglia ha vissuto qui con me fino a pochi mesi fa, quando è nato il mio terzo bambino. Per le mie figlie, che hanno frequentato la scuola del cantiere messa a disposizione dal Gruppo, vivere le festività natalizie nel campo è stata un’esperienza unica, condivisa con bambini provenienti da tutto il mondo con i quali si sono instaurati un dialogo e uno scambio profondi. Lo stesso accade con noi adulti: le dico solo che la migliore amica di mia moglie è ecuadoregna».
Tutti partecipano alla festa. «Si cena intorno alle 8 di sera – racconta Pianigiani, che ha una moglie etiope – verso le 10,30 si consegnano i regali ai bambini e si conclude con un brindisi all’aperto prima di andare tutti a letto».
L’ambiente è giovanile e quelli che possono si fanno raggiungere dalle famiglie per vivere insieme a loro le festività in cantiere.
«Questo crea delle situazioni fantastiche – prosegue Michele Pulcini – con grandi e piccini impegnati a cantare insieme canzoni natalizie dando calore e allegria anche ai nostri colleghi che passano le feste lontano dalle loro famiglie. Questa attenzione che il management del cantiere e il Gruppo danno al benessere delle persone che lavorano qui è qualcosa di speciale, e ci aiuta a superare qualsiasi divisione dandoci forza ed energia. Qui siamo tutti fratelli, stiamo spalla a spalla per mesi interi e questo affiatamento diventa ancora più forte e tangibile con il Natale. Quest’anno per la mia famiglia sarà diverso: la nascita del terzo figlio ci impone di passare le feste in Italia. E le mie figlie già si lamentano perché vogliono a tutti i costi trascorrere la vigilia a Gibe III».