La realizzazione del grandioso piano lanciato dal Presidente eletto degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, che prevede un investimento di 1 trilione di dollari per lo sviluppo infrastrutturale, è legata alla nascita di un’istituzione finanziaria che è stata annunciata dallo stesso Trump nel corso della sua campagna elettorale.
In più occasioni il candidato repubblicano ha infatti parlato della fondazione di una banca per le infrastrutture, che avrebbe il compito di finanziare singoli progetti nei vari Stati dell’Unione.
«I cittadini dovrebbero mettere i soldi in questo fondo – ha spiegato Trump – si tratta di un ottimo investimento e darebbe lavoro a molte persone. Avremo il denaro necessario. Faremo un accordo fenomenale con i tassi di interesse più bassi. Il denaro arriverà anche attraverso obbligazioni del Paese, obbligazioni degli Stati Uniti».
Il piano, annunciato da Trump, è stato approfondito sia dal transition team, ossia la squadra di fedelissimi del futuro Presidente che sta lavorando alle priorità della nuova Amministrazione, sia dai due principali senior advisor di Trump all’interno di un rapporto dal titolo “Trump versus Clinton on Infrastructure”.
Il rapporto, presentato il 27 ottobre, pochi giorni prima il voto finale per l’elezione del presidente, è stato scritto da Wilbur Ross, un private equity investor, e Peter Navarro, business professor della UC-Irvine, i due consiglieri che hanno elaborato le strategie di rilancio del settore.
Al suo interno si legge: «Costruire nuove infrastrutture è una parte critica di ogni strategia di crescita. Ogni 200 miliardi di dollari di spesa aggiuntiva nel settore crea 88 miliardi in più nei salari degli americani e una crescita reale extra del Pil di oltre un punto percentuale. Ogni punto percentuale in più sulla crescita del Pil crea 1,2 milioni di posti di lavoro addizionali».
Donald Trump
Nell’idea del Presidente eletto, questo enorme sforzo finanziario dovrà in parte essere sostenuto dalla nuova banca per le infrastrutture. Secondo quando annunciato, l’istituto bancario sarà dotato di un patrimonio iniziale costituito da fondi federali, ai quali si aggiungerebbero stanziamenti provenienti dai singoli stati e dai soggetti privati che, nell’idea del Presidente eletto, non dovrebbero essere solo grandi aziende ma anche singoli cittadini.
La banca infatti potrebbe sia prestare denaro che emettere obbligazioni acquistabili dai cittadini americani come investimento. Denari, questi, che sarebbero utilizzati per finanziare opere pubbliche. Inoltre – hanno calcolato gli analisti di Trump – utilizzando una leva finanziaria di uno a dieci, sarebbe sufficiente una base di 25 miliardi di dollari di fondi federali per assicurare prestiti bancari per un valore di 250 miliardi.
La partecipazione ai progetti infrastrutturali delle imprese private sarebbe poi agevolata attraverso il sistema del tax credit, che dovrebbe contribuire a sviluppare ancora di più le partnership pubblico-privato. L’idea, sviluppata nel report “Trump versus Clinton on Infrastructure”, prevede il riconoscimento di crediti di imposta per gli investitori che si impegnano nella realizzazione di progetti infrastrutturali, assicurando allo Stato di recuperare l’incasso mancato della tassazione dagli introiti derivanti dall’uso dell’infrastruttura dato in concessione.
Il progetto è ancora in fase embrionale, ma l’idea elaborata da Donald Trump e dal suo staff contiene un forte elemento di novità nel sistema tradizionale di finanziamento delle infrastrutture. Una nuova banca dove il pubblico e il privato convivano e soprattutto dove l’interesse economico del singolo cittadino trasformato in investitore si sposi alla perfezione con l’esigenza di sviluppo di una intera comunità.