Gli uomini che hanno fatto il Canale

OLTRE 30.000 PERSONE HANNO LAVORATO ALL’OPERA, DI CUI IL 90% PANAMENSI

Circa 30.000 persone impegnate per sette anni in un cantiere colossale (11.500 nei periodi di picco), dalla sponda Pacifica a quella Atlantica, divise da 81 chilometri di curve sinuose nelle quali scorre il Canale. Operai, manovali, esperti di movimentazione dei materiali, tecnici specializzati, amministrativi, esperti di finanza e gestione del personale e ovviamente ingegneri e architetti, hanno dato tutti il loro contributo al raddoppio del Canale di Panama.
Numeri che confermano quanto ci sia di faraonico nella costruzione di un’opera del genere, dove l’elemento umano, la qualità professionale, l’organizzazione del lavoro sono stati elementi necessari per il conseguimento del successo finale. Costruire un team, unire le persone in un unico obiettivo, focalizzare l’impegno di tutti nell’ambito dei processi organizzativi: sono questi i presupposti, fortemente voluti dal manager di Salini Impregilo e Ceo del Grupo Unidos por el Canal, Giuseppe Quarta, che hanno permesso di portare a termine un progetto così complesso.

«Formare la manodopera che ha lavorato al progetto – commenta oggi Giuseppe Quarta – è stato complesso e ambizioso. Migliaia di persone, molte delle quali di nazionalità panamense, che sono state introdotte alle varie professionalità necessarie per far girare il cantiere. Un lavoro difficile perché tutti erano chiamati alla massima produttività in tempi rapidissimi».
Il 90% dei lavoratori è stato infatti scelto tra cittadini panamensi proprio per mantenere la caratteristica del Canale. Le competenze che molti hanno acquisito in cantiere se le porteranno dietro nella vita professionale, così come le tantissime aziende fornitrici di Panama che – nel corso di questi anni – sono state coinvolte nella realizzazione del progetto. Per ottenere questi risultati, le risorse umane sono state formate e organizzate nel lavoro, seguendo programmi rigidi.

Gli uomini che hanno fatto il Canale

«Ho trovato supporto da parte di tutti i colleghi – prosegue Quarta – voglia di produrre anche a tappe forzate e di finire l’opera. Fin dal mio arrivo ci siamo dati degli obiettivi e da allora li abbiamo rispettati tutti».
Obiettivi e metodo di lavoro che risalgono alle origini del progetto, quando nell’agosto del 2009 i primi dirigenti di Salini Impregilo arrivarono sul luogo del progetto scontrandosi con una natura selvaggia. La prima sfida fu proprio creare le condizioni per la costruzione del nuovo Canale proteggendo allo stesso tempo l’ambiente. Tra i 4 e i 500 esemplari di animali vennero così catalogati dagli esperti e spostati in altre zone della selva, preservando la biodiversità della regione.

Da allora le sfide sono state tantissime, fino all’ultima e sofisticatissima operazione con la quale sono state posizionate le paratoie all’interno degli alloggiamenti previsti dalle chiuse. I colossi alti 60 metri sono stati caricati su carrelli, ognuno dei quali poggiava su 500 ruote, e da lì guidati da un tecnico attraverso un joystick. La prima paratoia è entrata nel suo alloggiamento di cemento armato dopo tre ore di manovre.
Un passaggio fondamentale, così come molti altri che hanno segnato le tappe principali di questa avventura. Guardando oggi alla grandiosità dell’opera, la consapevolezza è quella di una battaglia vinta con capacità tecnica ma anche con la determinazione e l’organizzazione degli uomini che hanno messo al servizio dell’opera il loro impegno e il loro talento.

Copyright © Edoardo Montaina by Salini-Impregilo per tutte le immagini del Numero Speciale “Il Nuovo Canale di Panama”