In un mondo dove il 70% del trasporto merci passa per i mari, il nuovo Canale di Panama si candida a rafforzare il suo ruolo strategico negli scambi globali.
Un’attitudine scritta nel suo DNA, da quel Trattato di Neutralità del 1901 che riconosceva a chiunque il diritto di attraversare le acque del lago Gatùn. Oggi quel diritto viene esercitato da molti al punto che attraverso il Canale passa il 3% del commercio marittimo. Una percentuale che dal 26 giugno, giorno dell’inaugurazione del nuovo Canale, appartiene al passato. Il terzo set di chiuse permette infatti il passaggio alle navi Post-Panamax e, secondo i calcoli dell’Autorità del Canale, contribuirà a portare la quota del commercio marittimo che passa per Panama dal 3 al 6% del totale.
Un risultato raggiungibile partendo da una base più che solida. Ogni anno il totale delle merci che transitano per il Canale vale 270 miliardi di dollari. Si tratta di beni che viaggiano attraverso gli Oceani e raggiungono 150 Paesi differenti in 1.700 porti.
Questa montagna di merci cresce con l’apertura del nuovo Canale di Panama, destinato a diventare una delle rotte privilegiate nei grandi scambi interoceanici, dall’Europa all’Asia, passando per l’America. Un cambiamento epocale degli equilibri commerciali internazionali che inevitabilmente avrà un impatto tanto sul mercato delle grandi navi, quanto sullo sviluppo dei porti. Mentre moltissimi cantieri navali in giro per il mondo sono oggi operativi nella costruzione di nuove imbarcazioni Post-Panamax (quelle che attraversano il nuovo Canale), l’industria dei porti si sta riorganizzando attraverso la pianificazione di investimenti ingenti che serviranno proprio a costruire nuovi moli capaci di accogliere le grandi navi.
Il nuovo volto del commercio mondiale
Negli Stati Uniti, gli scali marittimi di Miami, New York e Nortfolk sono in via di ristrutturazione e lo stesso accade in molti porti dei Caraibi e del Centro e Sud America, come Kingston in Jamaica, Mariel a Cuba, Cartagena de Indias in Colombia.
Uno sviluppo analogo a quello che hanno vissuto i due scali panamensi, i porti di Balboa (lato Pacifico) e Colòn (lato Atlantico). Entrambi sono in grado di movimentare ogni anno in media 3 milioni di Teu e sono stati oggetto di investimenti importanti per adeguare la loro attività al passaggio delle Post-Panamax.
Sul Colòn Container Terminal sono stati investiti negli ultimi anni 110 milioni di dollari che hanno favorito un aumento della dotazione tecnologica e quindi dell’offerta commerciale. Oggi le gru dello scalo garantiscono una movimentazione di 34 Teu all’ora e lo stoccaggio nell’area riservata di 400.000 container.
Il Balboa Terminal, sulla costa del Pacifico a ridosso della capitale, garantisce una portata ancora più elevata. Il terminal è infatti dotato, oltre che di gru capaci di sollevare e gestire i container delle Post-Panamax, anche di due differenti moli per lo stoccaggio, uno con una capacità annuale di 600.000 Teu e il secondo di 200.000.
Ogni cosa è stata preparata con anticipo per l’apertura del nuovo Canale e adesso che le Post-Panamax transitano nel Corte Culebra, il commercio mondiale è pronto a scrivere una nuova e importante pagina della sua storia.
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