Il lungo cammino di Gibe III è arrivato al termine. Il 17 dicembre del 2016 la grande diga sul fiume Omo (la più grande in Etiopia prima che siano portati a termine i lavori di Gerd, sempre in Etiopia) viene inaugurata.
L’impianto idroelettrico, realizzato dal Gruppo Salini Impregilo e finanziato dalla Ethiopian Electric Power (la società pubblica di gestione energetica) e dalla cinese Exim Bank (Export-Import Bank of China) con uno stanziamento di 1.470 milioni di euro, sorge a circa 300 chilometri a sud-ovest della capitale Addis Abeba e bastano alcuni numeri per circoscriverne impatto e maestosità: Gibe III è una centrale all’aperto dotata di 10 turbine Francis con una potenza complessiva installata di 1.870 MW e una produzione prevista di 6.500 GWh/anno. Fanno parte dell’impianto tre gallerie di deviazione, due tunnel gemelli di adduzione, due opere di presa, due tunnel orizzontali, quattro pozzi verticali e due distributori. La diga (alta 250 metri) è la più alta del mondo tra quelle costruite in RCC (Rolled Compacted Concrete), una caratteristica che ha richiesto l’intervento di figure dall’elevatissimo livello professionale. Ingegneri, tecnici, meccanici, carpentieri hanno dato tutti il loro contributo nella realizzazione di questo gigante che, già dalla sua progettazione, cullava l’ambizione di lasciare la sua impronta sulla politica energetica del Paese.
E così è stato. Circa dieci anni dopo i primi progetti, Gibe III è oggi il simbolo di quel percorso industriale che l’Etiopia non ha mai rinnegato, ma che anzi conferma di voler seguire con la conclusione dell’altra grande diga sul Nilo Azzurro, Gerd (Grand Ethiopian Renaissance Dam).
Per farlo, nel caso di Gibe III, è stato necessario superare i limiti dell’ingegneria fino ad allora conosciuti, inaugurando soluzioni innovative e inedite divenute oggi un esempio da seguire su scala mondiale. Il risultato non è solo una grande opera ingegneristica, ma uno strumento fondamentale per proseguire sulla strada dello sviluppo e dell’affrancamento dalla povertà. Questo perché, in termini di impatto sulla produzione energetica del Paese, Gibe III rappresenta un enorme passo in avanti.
Una volta pienamente operativo l’impianto farà crescere dell’85% l’energia prodotta in Etiopia. Metà della produzione di Gibe III sarà destinata a rispondere alla crescente domanda etiope, spinta dal boom economico che sta vivendo il Paese. L’altra metà sarà con tutta probabilità destinata alle esportazioni. Kenya, Sudan e Djibouti dovrebbero essere i primi tre mercati di sbocco, ma non gli unici, a conferma di una politica energetica che non si esaurisce all’interno dei confini nazionali ma vuole fare dell’Etiopia un hub produttivo e distributivo per l’intera regione.
Forte delle eccellenze ingegneristiche e dell’esperienza maturata da Salini Impregilo per le grandi opere nel settore dell’acqua, Gibe III si presenta oggi al Paese e al mondo come un grande progetto etiope. Ai suoi cantieri hanno infatti lavorato – nei momenti di picco – oltre 8.000 persone, la maggior parte delle quali nate e residenti in Etiopia. L’impatto in termini lavorativi è stato quindi molto significativo, così come l’accrescimento formativo di tutti coloro che hanno partecipato alle varie fasi della costruzione, in termini di competenze acquisite nella realizzazione di progetti complessi.
Questo mix di successo ha però radici lontane. I primi progetti mirati a sviluppare tutto il potenziale idrico dei fiumi Gilgel-Gibe e Omo risalgono infatti al 1980. Nel 1986 sono iniziati i lavori della prima diga (Gilgel Gibe I), terminata nel 2004 dopo una interruzione negli anni ’90. La seconda fase dello sfruttamento idrico del fiume è passata attraverso la realizzazione del secondo impianto idroelettrico (Gilgel Gibe II) avvenuta tra il 2005 e il 2010. A valle di questa, a partire dal 2006, sono iniziati i primi rilievi per la messa in opera del terzo e più ambizioso progetto che oggi vede la luce: Gibe III.
In tutti questi grandi progetti, Salini Impregilo ha lavorato in partnership con il governo etiope a supporto dello sviluppo di un piano pluriennale capace di trasformare completamente il paese per farlo diventare la locomotiva dell’Africa del 21° secolo.