«Sal, dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati».
«Dove andiamo?».
«Non lo so, ma dobbiamo andare».
Bastano queste poche parole, tratte dal capolavoro di Jack Kerouac “On the road”, per racchiudere il senso e il significato della “strada”, infrastruttura di viaggio e di conoscenza, risposta alla curiosità dell’uomo e alla sua voglia di sapere, unione di popoli, di culture e per questo occasione di crescita sociale ma anche economica.
La strada è il collegamento tra due punti, e quindi il mezzo per accorciare le distanze. Lo sapevano bene gli Antichi Romani che misero in piedi un sistema capillare di viabilità per scopi militari, politici e commerciali. Lo sanno bene quei Paesi che hanno dato vita a mirabolanti opere infrastrutturali che hanno cambiato la morfologia dei continenti. La Via Reale di Persia, una rete fatta costruire nel V secolo a.C. da Dario I che attraversava tutta l’attuale Turchia e permetteva ai corrieri del re di percorrere oltre duemila chilometri in sette giorni. La Via della Seta, dove per 8mila chilometri transitavano i commerci tra l’Impero Cinese e quello Romano. La Via Siberiana (iniziata nel 1730 e terminata solo alla metà del XIX secolo) che collegava la Russia europea alla Siberia e alla Cina. E ancora più recentemente la Panamericana, un sistema integrato lungo circa 26mila chilometri, che si sviluppa da Nord a Sud per tutto il continente americano, dal gelo dell’Alaska agli oceani di Capo Horn. Quattro esempi che attraversano i secoli e conducono direttamente alla storia contemporanea. Perché dai selciati della via Aurelia alle affollate highway statunitensi il valore della strada rimane invariato e, oggi come allora, rappresenta un simbolo indiscusso dello sviluppo umano.
La corsa mondiale
La nascita e la diffusione capillare dell’automobile, unita all’esigenza sempre più sentita di accorciare le distanze, ha portato allo sviluppo di sistemi viari integrati capillari e sofisticati, simili a vere e proprie ragnatele d’asfalto che collegano i punti più estremi degli stati.
In particolare, sono i Paesi sviluppati ad aver dato il via a questa corsa realizzando nel tempo reticoli di strade che attraversano le campagne e raggiungono le città più importanti. Nella corsa al sistema autostradale più grande al mondo, la Cina ha conquistato negli ultimi anni il primato assoluto con 111.950 chilometri di expressway (le autostrade a quattro corsie con gli accessi limitati). Il Paese è seguito dagli Stati Uniti (103.027 chilometri), che rappresentano un simbolo mondiale proprio per l’importanza che la viabilità extraurbana ha occupato nella storia del loro sviluppo. Ben più distanziati il Canada (17.000 chilometri), la Spagna (14.701 chilometri), la Germania (12.971) e il Giappone (11.520).
L’eccellenza americana
Nel 1903 Horatio Nelson Jackson è stato la prima persona a percorrere a bordo di un’automobile gli oltre 4mila chilometri che dividono San Francisco da New York. Lo ha fatto sfruttando l’embrione di un sistema stradale che di lì a pochi decenni sarebbe divenuto uno dei simboli dello sviluppo e della supremazia economica degli Usa nel mondo.
Già nel 1910 molti stati americani cominciarono a promuovere la costruzione del loro sistema autostradale e nel 1918 il Wisconsin fu il primo a numerare le sue autostrade. Quattro anni dopo, nel 1922, fu il New England a inaugurare il suo New England Interstate Routes. In quegli anni il Governo Federale iniziò a stanziare fondi per contribuire allo sviluppo del sistema stradale nazionale e lo fece trovando partner privati che, forti di doti tecniche ed eccellenze professionali, realizzarono praticamente questi progetti. È questa la storia di Lane Industries Incorporated (la cui acquisizione è stata perfezionata da Salini Impregilo nel gennaio 2016), nata nel 1890 e divenuta negli anni protagonista nel campo delle autostrade e nella costruzione dell’Interstate Highway System americano, fino a raggiungere oggi 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di dollari di fatturato.
Highway in Texas
Nei prossimi anni l’impegno industriale di Lane, così come di altre aziende attive nel settore, sarà sostenuto, perché il Presidente Barack Obama ha previsto un capitolo di spesa all’interno del “Grow America Act”, che prevede lo stanziamento di 317 miliardi di dollari sul National Highway System.
Si tratta di un investimento colossale, ma necessario: sebbene il sistema di “expressway” americano sia stato superato per lunghezza da quello cinese, l’insieme delle highway (che riunisce anche le strade a scorrimento veloce di dimensioni minori o con libero accesso) copre una distanza di 253mila chilometri, che arriva a 6,4 milioni di chilometri se si sommano tutte le strade americane. Un patrimonio sconfinato che ogni anno viene percorso da 3 trilioni di veicoli.
Il record cinese
Il sogno d’asfalto della Cina inizia nel 1990 ed è tuttora in corso. Il suo nome è National Trunk Highway System (NTHS) ed è un network di expressway e strade a scorrimento veloce che, una volta concluso, arriverà a costare 240 miliardi di dollari. Già nel 2011 la rete viaria inserita nel progetto aveva raggiunto gli 85.000 chilometri (11.000 dei quali realizzati solo nel corso dell’anno), ma sono le aspettative del governo cinese a stupire: da qui al 2020 le autorità di Pechino prevedono che l’intero network di expressway e highway raggiungerà i 3 milioni di chilometri.
Il progetto, che prende ispirazione dall’Interstate Highway System americano, segue un concetto semplice: la rete autostradale si dirama da Pechino verso tutti i punti cardinali raggiungendo le capitali delle province e le città con oltre 200.000 abitanti.
In questo modo la rete si allarga e gli scambi commerciali si moltiplicano, arrivando ad utilizzare le grandi strade come fossero vasi comunicanti impegnati a sostenere e ad alimentare la crescita cinese.
Il progetto europeo
Proprio per la sua caratteristica di continente densamente popolato, l’Europa vanta comunque uno dei sistemi viari più ricchi al mondo. Dietro la Spagna e la Germania (che occupano le prime posizioni per chilometri di expressway), sono da segnalare la rete autostradale francese (11.465 chilometri) e quella italiana (6.726 chilometri).
L’Italia, da parte sua (con il supporto di aziende come Salini Impregilo), è stato il primo Paese nel Vecchio Continente a costruire una rete autostradale, anche se nel tempo è stata superata prima dalla Autobahn tedesca, poi da Francia e Spagna. Quest’ultima ha vissuto, soprattutto negli ultimi anni, una particolare vitalità nella costruzione di nuove autostrade, favorita soprattutto dalle caratteristiche geografiche del territorio dove sopravvivono ancora ampie zone scarsamente popolate e quindi più aperte a nuovi insediamenti infrastrutturali.
In generale, il sistema viario europeo è stato tradizionalmente amministrato dai governi nazionali, tuttavia l’Unione europea ha comunque sviluppato progetti e previsto investimenti per inaugurare una gestione unitaria della rete.
La Via Atlantica, Norvegia
Uno dei risultati più significativi è TEN (Trans-European Networks), il progetto che prevede la creazione di una Rete transeuropea di trasporto che, entro il 2020, comprenderà 90.000 chilometri di strade e autostrade. A parte la costruzione di nuove strade, il piano è destinato soprattutto alla gestione della sicurezza e alla manutenzione di quelle già esistenti.
Come confermano le statistiche, la modernizzazione e il controllo del sistema viario europeo rappresentano un fattore strategico per la crescita dell’economia continentale. E infatti il settore dei trasporti per i 28 Paesi dell’Ue produce ogni anno un valore aggiunto pari a 548 miliardi di euro, oltre a garantire 11 milioni di posti di lavoro.