Lungo il fiume Potomac, che attraversa la costa atlantica degli Stati Uniti, sono tornate le barche turistiche, gli appassionati di paddleboard sfidano la corrente delle sue acque; molti si affacciano sulle sue sponde dai parchi attorno al Lincoln Memorial di Washington D.C., i social e molti altri media rilanciano foto di aquile calve, delfini tursiopi e balene appena fuori la foce esaltando il ritorno di colonie assenti da decenni in questa area. Oggi, il Potomac, per gli americani il Nation’s River, è come una cartolina d’altri tempi: sembra come tornato a nuova vita, dopo un lungo, lunghissimo calvario dovuto all’inquinamento.
Il Potomac è ricco di storia americana. Nasce da un doppio ramo di sorgenti negli altipiani della West Virginia e scorre per 405 miglia (652 km) fino alla baia di Chesapeake, dopo aver bagnato Washington D.C. e segnato, lungo tutto il suo restante percorso verso il mare, il confine tra la Virginia e il Maryland. È il quarto fiume più grande lungo la costa Atlantica e il 21mo fra tutti i corsi d’acqua degli Stati Uniti. Secondo il Census, oltre 5 milioni di persone vivono all’interno del suo spartiacque. Il suo nome ufficiale, datato 1930, deriva dalla tribù dei Patawomeke, i nativi americani che vivevano in quella regione fin dall’epoca pre-coloniale.
Da Washington a Johnson, la deriva del Potomac River
Identificato come Nation’s River, per essere stato scelto nel 1790 come luogo per istituire la capitale e il governo degli Stati Uniti dal primo Presidente George Washington, nato e cresciuto proprio in quelle valli, il fiume della nazione ha vissuto nei secoli a seguire momenti decisamente peggiori. Se Washington, secondo gli archivi della Casa Bianca, scriveva nel 1973, commentando i terreni di sua proprietà in quell’area, che «nessuna tenuta negli Stati Uniti è situata in una posizione più piacevole di questa. Si trova in un paese alto e secco a 300 miglia d’acqua dal mare e su uno dei fiumi più belli del mondo». Nel 1965, invece, il presidente Lyndon Johnson dichiarava il Potomac una «disgrazia nazionale».
«Duecento anni fa George Washington era solito stare sul suo prato quaggiù a Mount Vernon e guardare un fiume che era pulito e dolce e puro. Nel nostro secolo il presidente Theodore Roosevelt era solito andare a nuotare nel Potomac. Ma oggi il Potomac è un fiume di liquami in decomposizione e alghe marce», aggiungeva Johnson, suonando la sveglia ai legislatori dell’epoca che nel 1972, ormai sotto la presidenza Nixon, approvarono il famoso Clean Water Act, la legge primaria degli Stati Uniti per prevenire e risolvere l’inquinamento delle acque, di fatto la prima importante legge ambientale del Paese.
Nei cinquant’anni successivi, il fiume è stato dichiarato inagibile e vietato sia alla balneazione, sia alla pesca o altre attività tipicamente ricreative attorno a quelle rive. Dichiarato un vero pericolo per la salute, con livelli di tossicità oltre i limiti, ben lontano dal poter essere utilizzato come fonte d’acqua potabile dai residenti, il fiume Potomac è stato devastato da decenni di azoto, fosforo, sedimenti e batteri nocivi, resi ancora più gravi dal periodico deflusso di acquazzoni che gonfiano i suoi affluenti, come l’Anacostia River, creando straripamenti di acque reflue.
Il nuovo corso del Clean River Project DC
Lo sforzo delle amministrazioni statali e federali ha portato, qualche anno fa, al decisivo varo del progetto Clean River Project DC, cui hanno lavorato alacremente importanti aziende del settore delle costruzioni, tra cui il Gruppo Webuild, con la sua controllata americana Lane Construction Corporation. Il progetto, che dovrebbe essere completato nel 2030 ma ha già visto ultimate molte tappe fondamentali, permette di catturare e pulire le acque reflue durante le piogge prima che raggiungano i fiumi Potomac, Anacostia e Rock Creek.
All’interno del programma Clean River, il progetto Anacostia River Tunnel, affidato a Webuild-Lane, è stato completato a fine 2017. Il tunnel, entrato subito in servizio come componente primaria del piano di controllo a lungo termine, ha già contribuito ad aumentare la capacità di gestione delle acque reflue del Distretto di Columbia. Effetti benefici si sono riscontrati immediatamente per l’Anacostia River, dove nel luglio di quest’anno sono stati rimossi i divieti di balneazione.
Un altro componente essenziale del programma, se non il più importante, è il cosiddetto NEBT (Northeast Boundary Tunnel), concepito come soluzione a lungo termine raccomandata dalla task force comunale per prevenire le inondazioni. Si tratta di un grande e profondo tunnel che aumenterà la capacità del sistema di acque reflue del Distretto. Anch’esso contribuirà anche a migliorare la qualità dell’acqua del fiume Anacostia e del Potomac. Costruito tra i 50 e i 160 piedi (15-48 metri) sottoterra, correrà per 27.000 piedi (8,3 km) sotto le strade della capitale. Gli scavi sono terminati nell’aprile 2020 e a settembre di quest’anno si prevede possa diventare operativo.