Storia dei porti italiani, dove il paese ha stretto la mano al mondo

Dagli insediamenti micenei, etruschi, fenici alla Roma Antica fino a oggi, breve viaggio nella storia degli scali marittimi del Belpaese

Nella storia dei porti italiani c’è un’immagine rimasta impressa nella memoria di chi ha vissuto quel periodo: quella di migliaia di persone assiepate in piazza De Ferrari a Genova o sulle banchine di Napoli in attesa di una nave su cui imbarcarsi per lasciare il paese. È il fotogramma delle grandi migrazioni. Milioni di persone che, in diverse ondate, dalla fine dell’Ottocento alla metà del Novecento hanno cercato fortuna altrove, in terre lontane come l’Argentina, l’Australia e naturalmente gli Stati Uniti d’America.

Il viaggio verso un futuro migliore iniziava proprio dai grandi porti, che nei secoli hanno mantenuto centrale il loro ruolo nella vita economica, sociale e culturale della penisola italiana grazie ai suoi circa 7.900 chilometri di coste e che, proprio nel mare, ha trovato un’occasione di sviluppo e una strada per il progresso.

 

Porti italiani, un volano strategico per l’economia

L’Italia esporta via mare il 70% dei suoi prodotti finiti, un dato che da solo spiega l’importanza dei porti per la crescita del paese. Secondo i dati 2023 del Logistic Performance Index (Banca Mondiale), gli scali marittimi rappresentano il 17,5% dell’intera economia del mare, con un valore economico prodotto pari a 8,1 miliardi di euro.

In Italia sono 62 i porti di rilievo nazionale coordinati da 16 Autorità di sistema portuale, e il loro sviluppo è essenziale per intercettare quote del commercio marittimo mondiale. Oggi, infatti, il 90% delle merci su scala globale viaggia via mare, con i trasporti marittimi e la logistica che valgono il 12% del Pil mondiale.

L’Italia, proprio per le sue caratteristiche geografiche e per il ruolo che ricopre nel Mediterraneo, ha il compito di investire su queste infrastrutture, nodi essenziali della rete logistica intermodale che dal mare passa alla terra e, in particolare, al ferro.

Sempre secondo il Logistic Performance Index 2023, l’inefficienza logistica costa all’Italia 70 miliardi di euro all’anno. Da qui la necessità di rinnovare le infrastrutture, a cominciare da quelle che accelerano il processo di sviluppo logistico. Ed è proprio quello che sta accadendo a Genova con la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, l’alta velocità/alta capacità ferroviaria che collegherà Genova a Milano e al resto del nord Europa. Questa grande opera infrastrutturale prevede un ultimo miglio cittadino, ossia il potenziamento del Nodo ferroviario di Genova che consentirà la separazione dei flussi di traffico fra treni regionali e lunga percorrenza/merci consentendo a questi ultimi di arrivare fino al porto del capoluogo ligure.

L’opera, realizzata dal Gruppo Webuild, sarà un acceleratore di sviluppo per questo scalo marittimo (uno dei porti più grandi d’Italia) che verrà così collegato alle Reti transeuropee di trasporto (TEN-T), unendo di fatto sul tracciato dei treni veloci Genova con Rotterdam.

Infrastrutture promotrici di sviluppo e libertà

La storia dei porti italiani inizia fin dagli insediamenti micenei, etruschi, fenici e, successivamente, prosegue con le colonie greche. In Sicilia, un esempio è Zancle (Messina) il cui nome deriva proprio dal porto naturale a forma di falce (zancle in siculo, termine poi passato al greco).

Ai tempi degli Antichi Romani arrivò poi la grande trasformazione dei porti in snodi logistici integrati, vere e proprie cittadelle del commercio dove stoccare e movimentare le merci da trasportare nei quattro angoli dell’Impero. A Ostia, frazione litoranea di Roma dove oggi si trova il porto turistico della capitale italiana, sono ancora visibili i resti archeologici di quella che fu una grande infrastruttura marittima voluta in particolare dagli imperatori Claudio e Traiano.

I lavori del porto di Ostia iniziarono con Claudio nel 42 d.C. e terminarono nel 64 d.C., sotto Nerone, con la realizzazione di un bacino di circa 150 ettari. Intorno furono poi costruiti anche alloggi per marinai, che diedero vita a una piccola ma vitale comunità sul lido di Ostia. Nel 100 d.C. fu l’imperatore Traiano a lanciare un progetto di ampliamento e ammodernamento dell’opera, accompagnato dalla costruzione di un vasto complesso urbanistico con magazzini dove stoccare la merce e mercati per venderla.

L’utilizzo dei porti italiani ha avuto un notevole sviluppo durante le Crociate e, nel Medioevo, con la nascita delle Repubbliche marinare. Qualche secolo dopo, nel 1591, Ferdinando I de’ Medici istituì a Livorno il primo porto franco della storia con leggi che garantivano non solo la libertà di commercio ma anche di culto a ogni individuo e gruppo etnico che favorisse la crescita dei commerci nello scalo. E non è un caso se la prima moschea costruita in Europa venne eretta nel Seicento all’interno del Porto Antico di Genova, con l’idea di riconoscere la libertà di culto per i saraceni e i turchi arrestati e trattenuti nelle carceri della città.

E ancora oggi, proprio Genova, con il Terzo Valico e la nuova Diga Foranea si pone in prima linea nel riscatto dei grandi porti italiani, infrastrutture dalla storia millenaria che continuano a giocare un ruolo fondamentale sui destini del commercio mondiale.