Tredici anni dopo la prima “International Conference on Financing Development” tenuta nel 2002 a Monterrey, in Messico, il 13 luglio scorso è stata la volta di Addis Abeba.
Non un caso, ma un segnale preciso perché, nell’ottica dei grandi progetti di sviluppo lanciati dalle Nazioni Unite come i “Millennium Development Goals”, Addis Abeba (che ospita tra l’altro la sede dell’Unione Africana) e l’Etiopia intera rappresentano oggi un simbolo e un esempio, come ribadito anche dal Presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim, il quale ha sottolineato come la conferenza internazionale di Addis Abeba avrebbe potuto cambiare le vite di miliardi di persone nel mondo.
Così, dietro l’incontro organizzato per dialogare sulle nuove linee guida dello sviluppo mondiale e presenziato dai rappresentanti delle più importanti istituzioni globali a partire dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, c’è stato il riconoscimento di un Paese che cresce da anni a ritmi sostenuti e si candida a diventare presto la locomotiva del Continente africano.
Etiopia: un paese in crescita
La fabbrica del mondo
Nel distretto di Bole Lami, a due passi dall’aeroporto di Addis Abeba, le fabbriche spuntano come funghi. Piccoli agglomerati industriali dove aziende del Pakistan, India, Taiwan, Corea, e Bangladesh producono di tutto, per il mercato interno e per quello internazionale. La Cina non è da meno e le imprese di Pechino hanno di fatto occupato la «Zona industriale orientale», una spianata di cinque chilometri quadrati dove, dal 2007, piccoli capannoni lavorano giorno e notte ogni genere di prodotto, dalla pelle all’acciaio. Attualmente sono 8 i grandi parchi industriali presenti nel Paese e dislocati soprattutto a ridosso delle grandi città.
Si tratta di strutture con accesso a internet veloce, sistemi di telecomunicazione moderni, trasporti e logistica organizzati in modo efficiente. Il primo parco realizzato è stato quasi interamente occupato da aziende cinesi e destinato all’export.
In un Paese con oltre 90 milioni di abitanti, molti dei quali giovani e alfabetizzati, il lavoro è un tema centrale e la manodopera qualificata una garanzia per i colossi internazionali che scelgono di investire all’estero. Come dimostra la scelta della Ayka Addis, un gigante del tessile che ha aperto a 30 chilometri a sud-ovest della capitale la più grande fabbrica d’Africa, dove sono occupati 8.000 giovani etiopi. Questo è il volto della nuova Etiopia e la sfida più ambiziosa del governo: passare dall’economia dei villaggi all’economia delle città e così trasformare un territorio tradizionalmente agricolo in un «middle income country», una nazione con una classe media dal reddito medio.
Pil in costante crescita
Il termine per raggiungere l’obiettivo, secondo i piani concordati con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, è il 2025. Da oggi ad allora l’economia del Paese dovrebbe continuare a crescere con un range annuale che varia tra l’11 e il 15%, una vera e propria corsa alla crescita che contribuirà a portare a conclusione i profondi cambiamenti sociali e culturali tuttora in corso.
Industria e formazione
Il nuovo rilancio industriale dell’Etiopia è un traino della rinascita economia del Paese, ma non l’unico. Il governo ha infatti individuato sei settori strategici sui quali investire per raggiungere gli obiettivi fissati al 2025.
Oltre all’industria, le istituzioni puntano su agricoltura, trasporti urbani, costruzioni e urbanizzazione, servizi e in ultimo accesso alle coperture sociali come sanità ed educazione.
Proprio l’educazione e la formazione sono un passaggio obbligato per molti giovani etiopi, tenuti in considerazione dalle multinazionali straniere proprio per i loro elevati livelli di alfabetizzazione. Ad oggi in Etiopia sono presenti 45 poli universitari che ospitano circa 500.000 studenti. Ogni anno si laureano soprattutto ingegneri, medici, esperti in ricerca e sviluppo, rappresentanti quindi di professioni scientifiche largamente richieste dal mercato.
Un’economia che corre
Il cammino, per un Paese dove il settore agricolo vale ancora il 42,3% del Pil e occupa l’80% della forza lavoro, è ancora lungo e complesso.
Eppure negli ultimi dieci anni l’economia etiope ha corso a ritmi esaltanti, pari se non superiori a quelli di Cina e India. A conferma di ciò, il Fondo Monetario Internazionale inserisce oggi l’Etiopia tra le cinque economie che crescono più rapidamente nel mondo.
Nel 2014 l’economia del Paese è cresciuta per l’11° anno consecutivo a doppia cifra (+10,3%), un andamento che sarà confermato anche al termine dell’anno in corso. In particolare – secondo il Report “Ethiopia 2015 ” realizzato dalle Nazioni Unite e dall’Ocse – mentre agricoltura e servizi crescono a ritmi “normali”, è l’industria con un +21,2% a far registrare un boom significativo, spinta soprattutto dalla politica di investimenti pubblici adottata dal governo.
"Nel corso degli ultimi dieci anni – commenta Haile Kibret, Economics Specialist delle Nazioni Unite – il settore pubblico ha guidato lo sviluppo grazie agli enormi investimenti nelle infrastrutture. Di questo sviluppo hanno beneficiato tanto le comunità urbane quanto quelle rurali. Una tendenza che ha contribuito a creare un numero sostenuto di nuovi posti di lavoro, soprattutto nel settore delle costruzioni e più in generale delle infrastrutture». I grandi progetti infrastrutturali avviati negli ultimi anni non si limitano a sostenere la crescita, ma danno il loro prezioso contributo anche per il raggiungimento di un altro obiettivo: trasformare l’Etiopia nel polmone energetico dell’Africa.
The water tower of Africa
Conclusi i test in corso, a partire da ottobre 2015 una delle dieci turbine di potenza 187 megawatt di Gibe III, comincerà a generare energia. L’impianto idroelettrico, realizzato da Salini Impregilo sul fiume Omo, è al momento la più grande centrale idroelettrica dell’Africa con una potenza in uscita di 1.870 MW e un invaso di 14 miliardi di metri cubi di acqua.
Ma Gibe III è solo una, e non l’ultima, delle grandi dighe che dovranno trasformare l’Etiopia nell’hub energetico del Continente africano. Ad oggi il Paese esporta energia in Kenya, Sudan e Gibuti, gli Stati geograficamente più vicini, ma le autorità non escludono che le potenzialità produttive degli impianti idroelettrici in costruzione permetteranno di raggiungere anche mercati più lontani, come l’Europa e il Medio Oriente. Per arrivare a questo, l’Etiopia sta investendo una quota equivalente a un terzo del suo Pil in infrastrutture destinate alla produzione di energia idroelettrica, per un totale di circa 12 miliardi di euro che serviranno a sfruttare la potenza dei fiumi che corrono sugli altopiani etiopi arrivando a generare, da qui al 2035, 40mila MW di energia idroelettrica. Un piano, collegato ai Millennium Development Goals (gli obiettivi di sviluppo previsti dalle Nazioni Unite per l’eliminazione della povertà) e reso possibile grazie soprattutto alla conformazione idrografica del Paese, per questa ragione da molti definito “The water tower of Africa”.
Il suo territorio è molto vario: si passa dai 110 metri al di sotto del livello del mare della “Denakil Depression” nel Nord-Est del Paese ai 4.600 metri di altitudine delle Simien Mountains al Nord. Una conformazione frastagliata nella quale corrono 12 fiumi principali che ogni anno trasportano in media 122 chilometri cubi di acqua. Da qui l’ambizioso progetto del governo di sfruttare al massimo la potenza idrica del Paese, un progetto di cui Salini Impregilo è uno dei partner primari perché, dalle prime dighe di Legadadi, Beles, Gibe I e Gibe II, è ormai presente nella costruzione delle grandi opere fino all’ultima e forse più ambiziosa: la Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd).
Il cantiere di Gerd, a 500 chilometri a Nord di Addis Abeba, impiega direttamente e indirettamente circa 15.000 persone, impegnate a terminare quella che sarà la diga più grande del continente africano, interamente costruita sulle acque del Nilo Azzurro. Una volta a regime, Gerd sarà in grado di produrre 6.000 MW di elettricità, mentre il lago artificiale coprirà un’area di 1.874 chilometri quadrati.
Gerd è una visione, un’aspettativa condivisa di un’opera che potrà contribuire a ridurre la povertà, gli scontri sociali, l’arretratezza economica. Ma soprattutto è il simbolo, ribadito anche recentemente dal primo ministro Hailemariam Desalegn, della rinascita verde dell’Etiopia, un Paese che mira a diventare carbon neutral entro il 2025 proprio grazie al contributo dei suoi imponenti progetti idroelettrici, dando così una risposta moderna ed efficace alle esigenze di sviluppo del suo popolo. È questo un esempio di visione politica, sposata già dall’ex-Primo Ministro Meles Zenawi, storica guida dell’Ethiopian People’s Revolutionary Democratic Front, che può fare da traino e da stimolo per altri Paesi africani, favorendo per il Continente una rinascita da molti attesa.