Dall’ultimo piano del Venetian di Macao, il più grande casinò dell’ex-protettorato portoghese, dietro i grandi finestroni di cristallo che compongono la facciata dorata del grattacielo, la vista si perde sul delta del fiume delle Perle.
In fondo all’orizzonte, oltre la nebbia della prima mattina, si nasconde Hong Kong, centro finanziario mondiale, città tra le più densamente popolate del mondo, nodo di scambio per uomini e merci di mezzo mondo.
Nel 2016 i due estremi di una delle regioni più ricche della Cina saranno uniti da un ponte. Il ponte più lungo del mondo: 50 chilometri di sopraelevate, isole artificiali, tunnel sottomarini per un costo stimato di 10,6 miliardi di dollari. Un’opera necessaria, secondo la National Development and Reform Commission di Hong Kong che ha previsto che al 2020 il numero di veicoli che avrà già attraversato il ponte sarà stimabile tra i 180 e i 240 milioni.
Il nuovo ponte aprirà infatti un secondo collegamento tra Hong Kong e la Cina continentale rispetto all’attuale collegamento autostradale in direzione di Shenzhen, ad oggi l’arteria più trafficata del mondo. E ridurrà di fatto la distanza tra Hong Kong e Macao da 160 a 30 chilometri.
L’evoluzione del ponte
A partire dalla seconda metà del Settecento, e con la rivoluzione industriale, i ponti vivono una profonda trasformazione, sancita dall’evoluzione della scienza delle costruzioni che viene elaborata da grandi ingegneri e architetti come Navier, Cauchy, Poisson.
Nella sola Inghilterra, nel corso della prima metà dell’800, i ponti passano da 30.000 a 60.000. Insieme alle tecniche di costruzione cambiano anche i materiali e quello più usato diventa il ferro, rimasto un materiale di riferimento fino alla fine dell’800 quando i grandi ponti sospesi, a cominciare da quello di Brooklyn, cominciano ad essere costruiti in acciaio.
Da allora ad oggi, quella dei ponti diventa una corsa in lunghezza e in spettacolarità. Le tecniche ingegneristiche e l’evoluzione dei materiali permettono di rendere sempre più realizzabili i sogni, riuscendo a mettere in collegamento porzioni di terra un tempo lontane.
Guardando oggi ai tre ponti più lunghi del mondo, le loro misure sono impressionanti. Il terzo, il Chesapeake Bay Bridge, nel Maryland, misura 37 chilometri.
Il secondo è sempre negli Stati Uniti, in Louisiana. Il Lake Pontchartrain Causeway misura 38,40 chilometri e attraversa il lago Pontchartrain collegando le città di Mandeville e Metairie, vicino New Orleans.
Ma il record, prima della ormai prossima conclusione dell’anello di congiunzione tra Hong Kong e Macao, spetta al Quingdao Haiwan Bridge, il ponte sulla Baia di Tsingtao, in Cina. La sua lunghezza raggiunge i 41,58 chilometri e unisce la città di Tsingtao con l’isola di Huangdao. Questo ponte sulla baia non è solo un grande volano di commercio per tutta la regione, ma anche un simbolo della laboriosità delle imprese e dei committenti cinesi che sono riusciti a concludere l’opera in soli quattro anni, tra il 2007 e il 2011.
Motori dell’economia
Sul ponte non corrono solo uomini e macchine. Corre anche l’economia, che beneficia in modo sostenuto degli effetti sulle comunità locali creati da queste infrastrutture.
Su questo tema gli Stati Uniti sono storicamente in prima linea, progettando infrastrutture che in modo strategico influiscono sul tessuto produttivo trasformandosi in un volano di crescita.
È questo il senso del nuovo ponte che sta per collegare gli Stati Uniti al Canada e che, secondo l’amministrazione statunitense, avrà il più grande impatto al mondo in termini di commercio internazionale. È il Gordie Howe International Bridge, che collegherà Windsor in Ontario con Detroit in Michigan per un investimento di 950 milioni di dollari. Tanti soldi che tuttavia servono ad uno scopo ben preciso: aumentare gli scambi, la capacità commerciale delle due aree, e far crescere le opportunità di business in entrambi i Paesi. Un obiettivo così concreto che lo stesso Presidente Usa Barack Obama ha firmato il decreto presidenziale nel marzo scorso proprio per avviare i lavori del nuovo ponte.
Del resto, gli Stati Uniti conoscono bene l’impatto che i ponti hanno sull’economia. I ponti americani trasportano ogni giorno decine di milioni di automobilisti, rappresentando uno strumento eccezionale per la viabilità degli uomini e delle merci. Questa enorme movimentazione – spiega in un Report la Federal Reserve Bank di San Francisco (per approfondimento vedi articolo “New York City: 5 miliardi per i ponti”) – garantisce un ritorno economico immediato. Ad ogni dollaro speso in infrastrutture come ponti e strade – sottolinea la Fed – corrispondono due dollari di crescita del Pil per la regione servita dall’infrastruttura.
Mostar: il ponte come simbolo
La forza del ponte non risiede solo nella sua caratteristica di arteria di collegamento, ma nella capacità di farsi simbolo e insieme punto di incontro e di integrazione tra popoli e culture. Questo elemento risulta evidente con la vicenda del ponte di Mostar, costruito nel 1566 dagli Ottomani nella cittadina dell’Erzegovina, e distrutto dall’artiglieria croata nel novembre del 1993. Dopo la fine della guerra che ha coinvolto tutta la ex-Jugoslavia, sono iniziati i lavori di ricostruzione del ponte, inaugurato nel luglio del 2004, e divenuto immediatamente un simbolo della fine del conflitto e della ritrovata pace.
L’Europa: i ponti sulle banconote
Anche l’Unione europea ha voluto celebrare il valore simbolico del ponte, scegliendo di rappresentarne uno su ciascuna banconota dell’Euro. I ponti avrebbero dovuto così comunicare, sulla moneta unica, l’apertura tra i popoli, il dialogo e il collegamento tra gli Stati del Vecchio Continente.
Dai 5 euro fino ai 500, sul retro di ogni banconota è presente un ponte raffigurato in periodi storici differenti, dall’età classica (5 euro), passando per la romanica (10 euro), la gotica (20 euro), il rinascimento (50 euro), il barocco e rococò (100 euro), la rivoluzione industriale (200 euro), per finire con l’architettura contemporanea (500 euro).
Alla scelta hanno partecipato ingegneri, architetti, storici dell’arte cercando di non identificare nelle immagini un ponte specifico ma di ideare delle strutture che fossero rappresentative dei vari periodi storici, proprio a sottolineare il ruolo che i ponti hanno avuto e hanno tuttora nell’immaginario collettivo come un braccio teso tra due mondi altrimenti lontani.
Dal passato al futuro
Dal ponte Sublicio, costruito nel 642 a.C. dai romani e considerato uno dei più antichi al mondo, fino ai progetti più recenti, il ruolo dei ponti nella storia dell’umanità è stato quello di grandi ricucitori di discontinuità, capaci di far crescere gli scambi e i commerci, ma anche di alimentare la fantasia di artisti e scrittori come ha fatto il ponte di Argenteuil con Monet o il piccolo pont de Langlois con Van Gogh. Lo stesso fascino che ha convinto Franz Kafka a scrivere un racconto intitolato “Il ponte” iniziandolo così: «Ero rigido e freddo: ero un ponte gettato sopra un abisso».
Sopra questo abisso il ponte unisce due mondi con un lascito prezioso: crescere e insieme muovere – come nei vasi comunicanti – la ricchezza e il benessere da una regione a un’altra, da una comunità a un’altra.
Che sia il serpentone infinito che collegherà i grattacieli del Peak di Hong Kong ai casinò di Macao, o le maestose campate dei ponti sospesi, il senso profondo rimane l’unione dei popoli e la frantumazione delle barriere che li dividono perché, come ha detto un anno fa Papa Francesco ricordando la caduta del Muro di Berlino, «mai costruire muri, soltanto ponti».