Decine di migliaia di chilometri di strade e autostrade; circa 600.000 ponti e un numero incalcolabile di infrastrutture di ogni genere. Un patrimonio vastissimo sottoposto al rischio sismico, soprattutto in alcune aree del Paese. La sfida degli Stati Uniti sul settore delle infrastrutture si gioca sul loro rinnovamento e sulla capacità di rispondere al pericolo di terremoti.
Una circostanza che il Congressional Research Service, l’ufficio studi del Congresso Usa, ha fatto presente ai deputati americani all’interno di un Report redatto da tre specialisti del settore.
Terremoti in America: lo stato delle infrastrutture
Il Rapporto indica la strada degli investimenti come l’unica da seguire per evitare che un eventuale sisma crei danni pesanti sul sistema infrastrutturale.
«Le strutture autostradali esistenti e vulnerabili di fronte a un terremoto – si legge nel documento – possono essere sostituite, ammodernate oppure abbandonate. La decisione spetta generalmente al governo di ogni stato e ai rispettivi proprietari delle stesse infrastrutture. E cosa più importante, i governi statali determinano che tipo di interventi sono necessari in base alle priorità che impongono l’utilizzo di fondi federali e statali».
Il rapporto conferma in ogni caso due fattori decisivi: il primo è la diffusione del rischio sismico sul territorio americano; il secondo la necessità oggettiva di interventi mirati che richiedono investimenti ingenti sul settore.
«Uno studio sulla zona sismica di New Madrid (una delle più attive sismicamente degli Stati Uniti a est delle Montagne Rocciose) – spiega il Report – ha individuato 13.000 ponti a rischio in sette stati sui quali sarebbero necessari interventi per renderli adeguati agli standard attuali».
Terremoti negli Stati Uniti: aree e infrastrutture più a rischio
E ancora il Report cita il Bridge Seismic Retrofit Program della California, il più consistente nella storia del Paese, che, in particolare dopo il terremo di Loma Prieta del 1989 e quello di Northbridge nel 1994, ha realizzato interventi su 2.200 ponti, con un costo totale di 11 miliardi di dollari.
Oltre al caso della California, dove il Bay Bridge è stato progettato per resistere agli eventi più estremi, il tema riguarda gran parte del territorio statunitense. Recentemente la Seismological Society of America ha ribadito che 143 milioni di cittadini americani di 48 stati vivono sotto la minaccia di un terremoto. Collegato a questo dato, la Seismological Society of America aggiunge una stima sul danno economico che ogni anno raggiungerebbe un valore di 4,5 miliardi di dollari, l’80% dei quali concentrati in tre stati: California, Oregon e Washington. Sicuramente la West Coast è l’area più a rischio del Paese. Lungo il Pacifico si verificano infatti l’81% dei terremoti del mondo.
L’impatto di questi ultimi è decisamente più devastante quando incontra un sistema infrastrutturale vecchio e non adeguato alle moderne norme antisismiche. Il National Center for Earthquake Engineering Reasearch denuncia che il 65% dei circa 600.000 ponti presenti negli Stati Uniti sarebbe stato costruito prima del 1971.
I ponti sono determinanti per la risposta del sistema autostradale alle sollecitazioni sismiche, e gli standard antisismici sui ponti sono stati introdotti solo dal 1992.
Sul tema una delle fonti di riferimento è il rapporto sullo stato delle infrastrutture elaborato ogni 4 anni dall’American Society of Civil Engineers (ASCE). L’ultimo è del 2013, il prossimo sarà pubblicato nel 2017. Nell’ultimo rapporto la ASCE ha assegnato voti in media molto bassi ai vari sistemi infrastrutturali (ponti, strade, edifici scolastici, ecc.) e anche se nessuno è stato bocciato, nessuno è stato considerato meritevole di una A o di una B. Da qui la necessità di investimenti ingenti e mirati che vengano utilizzati per ammodernare le strutture più vecchie e per costruirne di nuove, dove necessario.
Infrastrutture antisismiche: nuovi progetti per nuovi posti di lavoro
Ammodernare le strutture o costruirne di nuove, oltre a mettere al sicuro la vita di milioni di cittadini, avrebbe anche un impatto sul lavoro. Un recente report del Brookings Institution dal titolo “Infrastructure skills: knowledge, tools and training to increase opportunity” rivela che attualmente nel settore delle infrastrutture Usa sono impegnate 14,5 milioni di persone, l’11% dell’intera forza lavoro del Paese.
In particolare – sottolinea lo Studio – gran parte di questa popolazione lavorativa sta invecchiando e quasi 3 milioni di lavoratori dovranno essere rimpiazzati nel prossimo decennio. Di conseguenza, un massiccio programma di interventi sul sistema infrastrutturale federale accelererebbe questo cambiamento, contribuendo ad un ulteriore aumento della forza lavoro.
La sfida alla realizzazione di opere complesse e moderne in grado di attutire al massimo l’impatto dei terremoti è tuttora in corso. In questo senso la ricerca e l’innovazione sono due elementi fondamentali e infatti il FAST Act, approvato dal Congresso alla fine dello scorso anno, prevede nell’ambito degli stanziamenti generali, finanziamenti annuali per 125 milioni di dollari da destinare all’Highway Reasearch and Development Program, un programma che analizza le tecniche più efficaci per ridurre la vulnerabilità delle infrastrutture.
Tutto questo – conferma il Congressional Research Service – in un quadro di difficoltà, dove è quasi impossibile fare una mappatura completa di una rete infrastrutturale così complessa e così ricca. In generale, molti interventi sono stati realizzati e tanti altri saranno messi in cantiere nel breve periodo, accettando così quella che è forse una delle sfide infrastrutturali più ambiziose degli ultimi decenni.