C’è un unico tema che mette d’accordo la democratica Hillary Clinton e il repubblicano Donald Trump, i due candidati alle presidenziali americane del prossimo 8 novembre: strade, ponti e ferrovie sono in cattive condizioni negli Stati Uniti e per questo ci vuole un New Deal per le infrastrutture.
La candidata democratica ha proposto un investimento di 275 miliardi di dollari in cinque anni in investimenti diretti da parte del governo federale e altri 225 miliardi in prestiti attraverso la creazione di una banca nazionale per le infrastrutture. Hillary Clinton ha anche assicurato che manderà il provvedimento al Congresso entro i primi 100 giorni del suo insediamento alla Casa Bianca. Dove recupererà il denaro? «Attraverso una riforma fiscale del lavoro», che darà più risorse al governo.
Anche Donald Trump ha annunciato un ricco set di interventi nel settore, sostenendo che il denaro previsto dalla Clinton non basti e che si debba pensare in grande: «Il suo numero (quello proposto da Hillary Clinton, ndr.) è una frazione di quello di cui parliamo. Ci servono molti più soldi per ricostruire le nostre infrastrutture. Direi almeno il doppio», ha aggiunto il candidato repubblicano durante una intervista a Fox News. A conti fatti Trump prevede di investire 1 trilione di dollari nei prossimi cinque anni senza usare investimenti diretti del governo federale, ma attraverso una serie di prestiti e un fondo: «I cittadini dovrebbero mettere soldi in questo fondo, si tratta di un ottimo investimento e darebbe lavoro a molte persone», ha detto Trump. «Avremo il denaro necessario. Faremo un accordo fenomenale con i tassi d’interesse più bassi», ha aggiunto il miliardario, concludendo: «Il denaro arriverà anche attraverso obbligazioni del paese, obbligazioni degli Stati Uniti».
«Dobbiamo costruire la prossima generazione di strade, ponti, ferrovie, tunnel, porti e aeroporti», ha annunciato nel discorso di presentazione del suo piano, da Detroit, città simbolo della caduta e della rinascita degli Stati Uniti.
Il tema è attualissimo, ed entrambi i candidati lo hanno lanciato fin dall’inizio della corsa alla Casa Bianca. La prima a denunciare il cattivo stato delle vie di comunicazione americane è stata Clinton, a Boston, in un discorso del 2015 con il quale ha presentato il suo piano di rinascita.
«Non devo dirvi in che condizione pietosa ci troviamo – ha detto la candidata democratica. – Le nostre strade e i nostri ponti sono decadenti e pieni di buche. Le famiglie devono sopportare i blackout perché la nostra rete elettrica non funziona in condizioni meteo estreme. Sotto le nostre città le nostre tubature - la nostra acqua, le nostre fognature, qualsiasi cosa - hanno più di cento anni. I nostri aeroporti sono un caos. I nostri porti necessitano miglioramenti. Il nostro sistema ferroviario ha lo stesso problema».
Il suo piano di intervento – ha annunciato la Clinton – andrà ad aggiungersi al programma stabilito dal Presidente Barack Obama: con l’ultimo budget approvato dal Congresso, infatti, sono stati stanziati 305 miliardi di dollari in cinque anni, per finanziare ponti, strade e reti ferroviarie.
Un impegno fondamentale, come ha più volte ricordato Obama nel corso degli ultimi quattro anni, che permetterà agli Stati Uniti di continuare a crescere: «Un paese che guarda al futuro deve avere infrastrutture moderne, che funzionano. Le nostre cadono a pezzi», ha ripetuto il Presidente più volte ricordando che «l’alternativa è non fare niente e stare a guardare il lavoro e le aziende andare in paesi che hanno infrastrutture eccezionali. Il lavoro di prima classe ha bisogno di infrastrutture di prima classe, di infrastrutture del ventunesimo secolo».
Proprio la questione dei posti di lavoro è un altro aspetto sul quale entrambi i candidati si sono più volte espressi. Secondo i calcoli di Hillary, che cita una ricerca del Council of Economic Advisers della Casa Bianca, ogni miliardo di dollari investito in infrastrutture crea 13.000 posti di lavoro.
Un altro studio molto recente pubblicato dal Fondo monetario internazionale sostiene che «è il momento giusto per dare una spinta decisa sulle infrastrutture» in economie avanzate come quella degli Stati Uniti. L’Fmi sottolinea come è fondamentale investire denaro sia attraverso il settore privato che con l’aiuto di un piano strutturale da parte del governo.
In realtà l’allarme sulle condizioni fatiscenti delle infrastrutture americane è stato lanciato da American Society of Civil Engineers: se non ci sarà un investimento immediato, dice la ASCE, gli Stati Uniti rischiano di perdere 4.000 miliardi di dollari entro il 2025 a causa delle carenze registrate nelle vie di comunicazione.
La soluzione? Per l’ASCE, la soluzione consiste nell’investire 3.600 miliardi di dollari entro il 2020, una somma molto più alta rispetto a quella proposta da entrambi i candidati. L’analisi della American Society of Civil Engineers assegna alla rete di collegamenti degli Stati Uniti D+, che tradotto equivale a un livello molto basso, su cui nessuno sta intervenendo da troppo tempo.
Ad aumentare le preoccupazioni ci ha pensato anche la Banca mondiale che ha posto l’America al sedicesimo posto per lo stato delle sue infrastrutture rispetto a quello delle altre economie più evolute.
L’ultimo grande piano infrastrutturale negli USA risale a quasi 40 anni fa. Nel 1982 l’allora presidente Ronald Reagan diede il via libera a un programma di rinascita per le strade e le ferrovie del Paese con un motto più volte citato da altri politici : «le infrastrutture sono un investimento nel futuro che dobbiamo fare oggi».