«Rilanceremo i nostri centri urbani, e ricostruiremo le nostre autostrade, i ponti, i tunnel, gli aeroporti, le scuole, gli ospedali. Ricostruiremo le nostre infrastrutture, che diventeranno seconde a nessun’altra, e per ricostruirle metteremo al lavoro milioni di persone».
Ricostruire l’America partendo delle sue infrastrutture. Creare nuova occupazione partendo da strade, autostrade, ponti e tunnel. Donald Trump, il tycoon che ha sbaragliato ogni previsione, ha giocato su questa analogia nel suo primo discorso da Presidente designato degli Stati Uniti. Nella notte di New York City che lo ha incoronato 45° Presidente, Trump ha rilanciato il suo programma senza dimenticare quello che – in molte fasi della campagna elettorale – è stato uno dei suoi cavalli di battaglia.
Ricostruire le infrastrutture, renderle più moderne e all’altezza delle ambizioni americane è stato infatti parte di quel “Make America Great Again” che ha rappresentato il messaggio chiave della campagna elettorale del candidato repubblicano.
Troppo poco – secondo Trump – la previsione di investimento della sua sfidante Hillary Clinton, che aveva annunciato avrebbe messo sul piatto delle infrastrutture 500 miliardi di dollari. Trump ha raddoppiato e in più occasioni ha ribadito che, per raggiungere l’obiettivo di modernizzare l’intera rete infrastrutturale statunitense, serve almeno 1 trilione di dollari. A partire dal discorso di presentazione del suo programma politico, tenuto a Detroit, quando Trump ha annunciato: «Dobbiamo costruire la prossima generazione di strade, ponti, ferrovie, tunnel, porti e aeroporti».
Per farlo il nuovo Presidente è pronto a mantenere la promessa: 1 trilione di dollari nei prossimi dieci anni, senza gravare eccessivamente sui fondi federali, ma coinvolgendo investitori istituzionali, privati e dando vita a un fondo dove i singoli cittadini americani possono mettere i loro risparmi sotto forma di investimento. «I cittadini dovrebbero mettere i soldi in questo fondo – ha detto Trump – si tratta di un ottimo investimento e darebbe lavoro a molte persone». E poi ha aggiunto: «Avremo il denaro necessario. Faremo un accordo fenomenale con i tassi di interesse più bassi. Il denaro arriverà anche attraverso obbligazioni del paese, obbligazioni degli Stati Uniti».
Ma la linea che il nuovo Presidente seguirà è tutta concentrata all’interno del suo programma che dedica un capitolo al tema delle infrastrutture, partendo da un punto di partenza: «Trasformare le decadenti infrastrutture americane in un’opportunità d’oro per accelerare la crescita economica e accrescere la produttività con un piano che, senza creare nuovo deficit, favorisca gli investimenti nel settore».
Per farlo Trump lancia la strategia politica “America’s Infrastructure First” che riconosce alle infrastrutture un primato strategico prevedendo di dare priorità agli investimenti su trasporti, acqua pulita, un sistema di produzione di energia elettrica moderno e sostenibile, telecomunicazioni, infrastrutture per la sicurezza.
Un obiettivo che chiama in causa anche il lavoro. «Per ricostruirle metteremo al lavoro milioni di persone» ha annunciato Trump nel suo primo discorso da Presidente, un concetto ripreso proprio dal suo programma che, tra gli obiettivi, annuncia: «Creeremo migliaia di nuovi posti di lavoro nelle costruzioni, nella manifattura, e in altri settori per costruire infrastrutture di trasporto, idriche, energetiche e per le telecomunicazioni, necessarie per sostenere lo sviluppo economico degli Stati Uniti, generando – tra l’altro – un ritorno importante in termini di tassazione».
E per sottolineare la grandiosità di questo progetto, Donald Trump chiama in causa lo storico Presidente Dwight D. Eisenhower, il padre riconosciuto dell’interstate highway system, il sistema autostradale americano. «Attueremo un piano visionario – recita il programma di Trump – per un sistema di strade, ponti, gallerie, ferrovie, porti e corsi d’acqua seguendo la tradizione del Presidente Dwight D. Einsenhower».
Alle spalle c’è una dotazione infrastrutturale enorme che ha tuttavia bisogno di interventi importanti per tornare a brillare come in passato. Ogni anno – riportano le analisi del comitato elettorale di Donald Trump – i ritardi dovuti al traffico costano alla collettività 50 miliardi di dollari; 60.000 ponti riportano deficit strutturali; e la maggior parte delle strade sono catalogate in “less than good condition».
È quindi il momento di agire, perché – come conclude Donald Trump nel suo programma – «gli investimenti nelle infrastrutture rafforzano la nostra base economica, rendono l’America più competitiva, creano milioni di posti di lavoro, aumentano i salari per i lavoratori e riducono i costi di beni e servizi per i consumatori americani».