George McFadden trascorre buona parte delle sue giornate davanti a un computer osservando e analizzando immagini aeree delle campagne californiane.
Ceres Imaging, la start-up per cui lavora, ha elaborato un software che attraverso lo studio delle immagini del suolo riesce a ottimizzare l’uso di acqua e fertilizzanti per gli agricoltori della California. Tutto questo avviene nel quartier generale di Oakland ed è ormai considerato un ottimo strumento per l’industria agricola dello stato, che produce ogni anno un reddito di 54 miliardi di dollari ed è costantemente chiamata a fare i conti con la scarsità di acqua.
Ceres Imaging è una delle start-up lanciate da Imagine H2O, il primo acceleratore di start-up al mondo dedicato esclusivamente al settore water. Una sfida che sembra già vinta a guardare i numeri: 80 start-up nel portafoglio, 350 milioni di dollari raccolti, collaborazioni industriali con 60 società distribuite in 30 paesi.
Il tutto per inseguire un obiettivo nobile: mettere le nuove tecnologie al servizio di una gestione efficiente dell’acqua e combattere così la siccità.
Dieci anni in difesa dell’acqua
Imagine H2O ha iniziato la sua battaglia tecnologica contro la scarsità idrica nel 2009. Da allora questa organizzazione no-profit ha contribuito a lanciare moltissimi progetti in tutto il mondo, con un tasso di sopravvivenza delle nuove imprese dell’82%. In molti casi, infatti, le start-up nate da questo incubatore hanno trovato una naturale evoluzione in partnership con colossi industriali, americani e non. È successo questo a Valor Water, una società che ha partecipato al programma di accelerazione nel 2015 diventando leader nel campo dei data analytics per le utilities idriche. Un successo riconosciuto al punto che nel 2018 la start-up è stata acquistata dal gigante americano delle infrastrutture idriche, Xylem.
Se gli Usa sono un mercato importante per il settore, le start-up create dall’acceleratore operano in tutto il mondo. Ewater Pay è attiva nell’Africa sub-sahariana e ha sviluppato un dispenser di acqua ispirato alle più moderne tecnologie a supporto dei coltivatori locali; SmartTerra opera invece a Bangalore, ed è specializzata nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per guidare le decisioni operative delle utilities in caso di rotture e malfunzionamenti delle reti.
Come si entra nel programma di Imagine H2O
Giunto ormai alla sua decima edizione, il programma di accelerazione di Imagine H2O prevede prima una selezione delle idee e, per quelle scelte, un lavoro di dieci mesi dedicato allo sviluppo. Solo nell’ultimo anno sono arrivate alla fondazione 250 proposte da 47 paesi, ma solo 13 hanno avuto accesso al programma. Come in un tradizionale acceleratore di impresa, gli startupper vengono affiancati da tutor e imprenditori di successo, con i quali sviluppano un business plan e partecipano a incontri mirati con fundraising. I temi su cui vengono sviluppati i progetti sono sempre gli stessi: la scarsità di acqua e la sicurezza delle infrastrutture di gestione; l’efficienza nell’uso della risorsa idrica; la gestione delle utilities; l’utilizzo dei big data per ridurre gli sprechi. Partendo da questi obiettivi, il programma va oltre la prassi di un tradizionale acceleratore. Nell’ambito del percorso è infatti previsto il “Beta Partner Program”, che permette di effettuare un test della tecnologia sviluppata all’interno di una grande azienda, come ad esempio Wells Fargo, Suez o Pepsico, contraendo così il tempo di sviluppo del prodotto e abbattendo i costi necessari per misurare i risultati.
Il rischio siccità nel mondo
Intorno a Imagine H2O si è concentrata una grande attenzione che si lega al rischio idrico e allo sforzo di sensibilizzazione sostenuto soprattutto dagli organismi internazionali.
Secondo l’Onu due miliardi di persone nel mondo non accedono a quelle che l’Organizzazione definisce «safe, readily, available water at home», ossia forniture di acqua potabile in casa con una reale garanzia in termini di tutela della salute; ed entro il 2025 due terzi della popolazione mondiale potrebbe avere difficoltà ad accedere a fonti di acqua potabile.
I Sustainable Development Goal delle Nazioni Unite hanno inserito, come uno degli obiettivi da raggiungere entro il 2030, l’accesso per chiunque ad una fonte di acqua potabile, ma allo stesso tempo è sempre l’Onu che prevede sempre per il 2030 un calo della fornitura idrica mondiale del 30%. Un problema che sarà vissuto soprattutto all’interno delle città. Oggi – confermano le Nazioni Unite – il 54% della popolazione mondiale vive nelle aree urbane, percentuale destinata a crescere fino al 66% nel 2050.
La questione è attualissima e solo investimenti sulle infrastrutture idriche accompagnati allo sviluppo di nuove tecnologie possono invertire questa tendenza ed evitare che il rischio di rimanere senz’acqua diventi il pericolo maggiore per le generazioni future.