Sono le 15,51 quando la sirena del cantiere suona e il calcestruzzo comincia a scendere dalle betoniere alla fondazione del nuovo ponte. La data è il 25 giugno, giorno in cui viene dato il via ufficiale alle operazioni di costruzione del viadotto sul Polcevera dopo i primi mesi dedicati allo smantellamento di quello che rimaneva del Ponte Morandi e alle attività preparatorie del nuovo cantiere.
Tre giorni dopo, il 28 giugno, le sirene tornano a suonare: alle 9,37 le pile 10 e 11 del ponte Morandi vengono demolite.
Due momenti importanti nella storia della ricostruzione del ponte affidata alla società “PERGENOVA”, costituita da Salini Impregilo e Fincantieri Infrastructure, e incaricata di realizzare l’opera immaginata da Renzo Piano con la forma della chiglia di una barca che galleggia nell’aria.
«Il getto della prima fondazione del nuovo ponte – ha dichiarato Pietro Salini, amministratore delegato di Salini Impregilo – è una pietra miliare di un’opera strategica per Genova e per il paese intero. Un progetto che non mira solo a riavvicinare una città al suo territorio, ma guarda al futuro dell’Italia dimostrando che la collaborazione tra lo stato e le sue imprese migliori può diventare una leva per unire e far crescere il paese».
Una leva che oggi insiste proprio su Genova, città spezzata in due dalla tragedia del 14 agosto scorso quando il ponte Morandi crollò provocando la morte di 43 persone.
Il Sindaco di Genova e Commissario per la ricostruzione del ponte, Marco Bucci, ha dichiarato, subito dopo la demolizione del 28 giugno scorso, che nell’attesa di decidere il nome definitivo del nuovo ponte, visto che la ricostruzione è adesso nel vivo ed è realizzata da PERGENOVA, il nome provvisorio dell’opera sarà “Ponte Pergenova”.
Il nuovo ponte: sostenibilità e tecnologia
«Semplice, parsimonioso, ma non banale. Sembrerà una nave ormeggiata nella valle; un ponte in acciaio chiaro e luminoso. Di giorno rifletterà la luce del sole ed assorbirà energia solare e di notte la restituirà. Sarà un ponte sobrio, nel rispetto del carattere dei genovesi».
Così Renzo Piano ha descritto il progetto che sta oggi dando vita al ponte sul Polcevera, un viadotto lungo 1.067 metri, con 18 pile in cemento armato di sezione ellittica e 19 campate che costituiranno la travata continua dell’opera.
Un’infrastruttura imponente, ma anche moderna e sostenibile. Il bordo del ponte è infatti caratterizzato da una barriera protettiva antivento che integra un sistema fotovoltaico di approvvigionamento energetico. All’interno dell’impalcato saranno realizzati impianti di deumidificazione dell’aria per evitare la corrosione dei materiali, mentre la supervisione di tutti gli impianti sarà gestita in modo centralizzato dall’interno di un fabbricato tecnologico. Non solo: l’ispezione strutturale del ponte e la manutenzione ordinaria dei pannelli solari e acustici sarà affidata a robot, riducendo al massimo la presenza umana e il rischio per i lavoratori.
È questo il portato tecnologico del ponte, un’opera che dalla mente dell’architetto alla capacità ingegneristica delle imprese al lavoro sta cominciando a prendere forma.
«Il cantiere già da mesi sta operando incessantemente – ha dichiarato Nicola Meistro, amministratore delegato di PERGENOVA – e se fino a ieri si è lavorato ai pali di fondazione e alle armature dei plinti con operazioni incalzanti ma invisibili dall’esterno, a partire da oggi i progressi di costruzione del viadotto saranno ben visibili, il nuovo ponte comincerà a presentarsi alla città e a diventare parte del territorio in maniera tangibile. Abbiamo messo in campo il meglio del nostro know how italiano e tutta l’esperienza maturata nella realizzazione di grandi opere in ogni parte del mondo, con l’obbiettivo di realizzare il ponte nella metà del tempo che normalmente si impiega per opere di questa rilevanza».
L’impatto dell’opera e il futuro di Genova
Oggi Genova è una città spezzata in due. Gli importanti interventi realizzati in termini di viabilità che garantiscono i collegamenti regionali con il centro urbano e la movimentazione delle persone e delle merci dal porto non sono sufficienti per coprire il grande vuoto lasciato da un’infrastruttura strategica come era il ponte Morandi. Il nuovo ponte sul Polcevera ha proprio questo obiettivo: ripristinare i collegamenti con la città, offrendo al territorio un’opera più moderna e quindi capace di favorire un flusso ancora maggiore di trasporti.
Un’opera essenziale per la mobilità, ma anche per il commercio e l’occupazione. Nel cantiere di PERGENOVA lavorano già oggi centinaia di persone, destinate ad aumentare nelle fasi più avanzate della costruzione. Questo impatto sulla forza lavoro crescerà in modo significativo grazie anche a un’altra opera strategica per Genova: il Terzo Valico dei Giovi, la linea ferroviaria in costruzione dove correrà l’alta velocità che collegherà Genova con Torino e Milano, e da lì con il Nord Europa.
L’opera, realizzata dal consorzio Cociv (guidato da Salini Impregilo), darà vita a un collegamento tra il sistema portuale genovese e la vasta area del paese che comprende Piemonte, Lombardia e Veneto, dentro la quale viene movimentato il 50% delle merci nazionali.
In questo caso il numero dei lavoratori impegnati nel cantiere raggiunge nei momenti di picco le 2.500 persone, destinati a crescere fino a 4.500 quando saranno aperti tutti i cantieri.
Terzo Valico e ponte sul Polcevera: grandi opere che serviranno per modernizzare la mobilità della città, e accrescere il flusso di merci e persone gestito dal porto, ma soprattutto occasioni di rilancio per Genova, città ferita in cerca di riscatto.