L’aeroporto più trafficato del mondo si è preso una pausa. Per circa 11 ore lo scalo Hartfield-Jackson International di Atlanta è andato in tilt a causa di un blackout elettrico che ha comportato la cancellazione di 1.000 voli nell’immediato e di altri 400 nelle ore successive al ripristino delle attività.
Alle 13 del 17 novembre si sono verificati i primi problemi fino a quando, nella tarda notte, le luci dei terminal si sono spente e con esse i monitor e tutte le apparecchiature elettriche dello scalo. In quel momento decine di migliaia di persone erano presenti all’interno dello scalo, rimaste “prigioniere” per ore prima che tutte le attività dell’aeroporto tornassero alla normalità.
Per un’infrastruttura che gestisce circa 250.000 passeggeri e movimenta quasi 2.500 voli al giorno, le 11 ore di buio hanno avuto un impatto enorme. Solo per citare alcune delle conseguenze del blackout, oltre 5mila pasti preparati per i passeggeri sono stati buttati e grandi compagnie come la American Airlines e la United hanno sospeso totalmente le operazioni.
Secondo i primi rilievi, il blackout deriva da un incendio divampato in un impianto elettrico sotterraneo. Questo hanno dichiarato i vertici della Georgia Power, società che fornisce elettricità all’aeroporto, mentre il sindaco di Atlanta, Kasim Reed, si è pubblicamente scusato per i disagi.
Ma gli effetti del blackout di Atlanta si sono allargati, nelle ore e nei giorni successivi, al trasporto aereo internazionale.
«Ci sono moltissimi problemi a valle di tutti gli aeroporti – ha dichiarato alla CNN Desmond Ross, numero uno della DRA Professional Aviation Services (azienda leader nella fornitura di servizi agli aeroporti) – dove i voli dovrebbero arrivare e partire, collegandosi ad Atlanta, che saranno comunque coinvolti nell’incidente. Quindi stiamo parlando forse di milioni di persone che rimarranno vittime di questo problema, che molto difficilmente potrà essere sistemato in un solo giorno».
Un impatto significativo che ancora una volta solleva un interrogativo sullo stato di salute di alcune infrastrutture strategiche negli Stati Uniti. A partire proprio dagli aeroporti.
Aeroporti Usa: la fotografia dell’ASCE
Oltre due milioni di passeggeri trasportati ogni giorno; 7mila aeromobili in volo in ogni momento del giorno e della notte; quasi 9 milioni di voli commerciali all’anno. Sono solo alcuni numeri – raccolti nell’Infrastructure Report Card 2017 dell’ASCE (American Society of Civil Engineering) – che fotografano l’industria dell’aviazione civile statunitense. Un’industria chiamata a rispondere ad un aumento costante del traffico di passeggeri e di merci. La stessa ASCE calcola infatti che 24 dei 30 principali aeroporti americani vivranno presto almeno un giorno a settimana il cosiddetto “Thanksgiving-peak traffic volume”, ossia il boom di viaggiatori che generalmente si registra nel Giorno del Ringraziamento.
Per quanto datate (2012), le ultime statistiche disponibili sull’impatto economico del settore confermano numeri da capogiro: 1,5 trilioni di dollari il giro d’affari annuale del trasporto aereo persone e merci, 11,8 milioni i posti di lavoro, 459,4 miliardi gli utili. Un settore strategico per lo sviluppo statunitense sul quale si sta già investendo molto.
Secondo la Federal Aviation Administration per il quinquennio 2017 e il 2021 sono stati già stanziati 32,5 miliardi di dollari che saranno destinati a progetti infrastrutturali. Si tratta di stanziamenti necessari per migliorare l’operatività di 3.340 aeroporti statunitensi.
Anche il 2017 è stato un anno positivo e infatti l’ARTBA (American Road & Transportation Builders Association) calcola che sono stati investiti nei 12 mesi sui terminal aeroportuali 13,2 miliardi di dollari, con un piccolo rialzo rispetto ai 13,1 miliardi del 2016. Un buon risultato anche se non ancora sufficiente per coprire il bisogno di modernizzazione che coinvolge ormai la maggior parte dei grandi scali americani.
Investimenti nelle infrastrutture per tornare competitivi
Cento miliardi di dollari da spendere nei prossimi cinque anni. È questa la cifra necessaria per ammodernare gli scali portuali statunitensi nei prossimi cinque anni secondo i calcoli dell’ACI North America, l’Airport Council Interntational.
Nel report “Airport Infrastructure Needs 2017-2021”, pubblicato nel marzo 2017, il Presidente dell’ACI, Kevin M. Burke dichiara: «Nel prossimo quinquennio gli aeroporti degli Usa hanno bisogno di investire 100 miliardi di dollari su progetti infrastrutturali. Questi progetti sono necessari per permettere agli scali di gestire l’aumento dei passeggeri e del trasporto di merci, per ammodernare le strutture esistenti e supportare l’innovazione degli aeromobili».
Un piano di investimenti che, oltre a migliorare la dotazione infrastrutturale rendendo più efficienti gli scali, contribuirà anche a dare una forte spinta all’occupazione, perché la stessa ACI calcola che investire 100 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni farà nascere 2,1 milioni di posti di lavoro.
Tra gli scali più bisognosi di interventi immediati, quello di Los Angeles (al quale dovrebbero essere destinati nei prossimi 5 anni 10 miliardi di dollari), quelli di Chicago, San Francisco, Detroit, San Diego, Portland, Orlando e della stessa Atlanta.
A partire dallo scalo newyorkese di La Guardia (il cui progetto di ristrutturazione è in corso ed è stato raccontato da “WeBuildValue”), le criticità sulla mappa degli aeroporti americani sono molte, al punto che il report ACI certifica – rispetto all’edizione precedente – un aumento degli investimenti necessari del 41,8%.
Se questa domanda di rinnovamento non verrà esaudita nei prossimi anni, c’è la possibilità che un’infrastruttura tanto strategica non sarà in grado di andare di pari passo con la crescita economica del Paese, aumentando così il rischio che l’incidente di Atlanta non rimanga un caso isolato.