Trasformare San Francisco e la Bay Area in un esempio per tutta la California, lo stato che più di altri è aggredito dalla siccità. Una battaglia combattuta a colpi di tecnologie, sostenibilità e investimenti, e guidata dalla multiutility pubblica San Francisco Public Utilities Commission (SFPUC). A spiegarne le strategie è Paula Kehoe, Direttore della Water Resources (l’unità della SFPUC che si occupa di gestire la risorsa idrica), che in un’intervista esclusiva rilasciata a “We Build Value” rivela i progetti che stanno trasformando San Francisco in una best pratice per gli Stati Uniti d’America.
Il sistema di gestione idrica di San Francisco è uno dei più moderni degli Stati Uniti. Cos’è che lo rende così innovativo?
«La San Francisco Public Utilities Commission (SFPUC) è controllata dalla città e dalla contea di San Francisco. Assicura la gestione idrica, elettrica e dell’impianto fognario ed è proprietaria di un enorme network che porta acqua a 2,7 milioni di persone nella Bay Area. Parliamo del terzo gestore idrico della California, che può contare su tre grandi bacini, 11 serbatoi, cinque stazioni di pompaggio e due impianti di trattamento delle acque. La distribuzione è poi garantita da 450 chilometri di tubature e 96 chilometri di tunnel che attraversano quattro contee e tre tra le maggiori faglie sismiche della California.
Per modernizzare e quindi rendere più efficiente il nostro sistema di gestione, stiamo portando avanti un piano di investimenti da 4,8 miliardi di dollari. Il programma ha previsto la realizzazione di 81 interventi distribuiti su tutta la rete e diretti a migliorare la resistenza agli eventi sismici e la risposta in caso di siccità, oltre naturalmente alla qualità dell’acqua».
In che modo la recente siccità che ha colpito la California ha cambiato la vostra strategia?
«Considerati i gravi problemi di siccità della California, conservare l’acqua è divenuta per noi una ragione di vita. Dagli anni ’90 abbiamo avviato programmi per aumentare la conservazione dell’acqua e accrescere la sensibilità dei cittadini.
Tutto questo ha permesso di arrivare oggi ad un consumo medio giornaliero pro capite a San Francisco pari a 42 galloni (158 litri), uno dei più bassi degli Stati Uniti.
Oltre alla conservazione dell’acqua, siamo molto impegnati nella diversificazione delle fonti, in modo da rendere il sistema sempre più sostenibile e affidabile».
Quali sono alcuni dei vostri progetti più innovativi?
«Uno dei più innovativi è il OneWaterSF che stiamo sperimentando all’interno del nostro quartier generale. L’idea è che ogni edificio sia dotato di un moderno impianto di trattamento delle acque. Il nostro, situato intorno al quartier generale, permette di trattare ogni giorno 5.000 galloni di acque nere (19.000 litri) che poi vengono riutilizzati per i servizi igienici. In questo modo la domanda di acqua dolce nel palazzo si riduce del 60%.
Ma questo esempio non è il solo in città, anzi è parte del Non-potable Water Program, un progetto più ampio che riguarda tutti gli edifici di San Francisco. Oggi, tutte le nuove costruzioni che superano i 250.000 piedi quadrati (23.000 metri quadrati) devono essere dotate di un proprio impianto di gestione idrica, che sia in grado di trattare l’acqua per le toilet e per l’innaffiamento del verde condominiale».
Anche altre città stanno seguendo il vostro esempio?
«Impianti di trattamento idrico all’interno dei palazzi sono stati adottati a New York, Seattle, Tokyo, Sydney, ma il programma di San Francisco può essere considerato unico per gli elevati standard richiesti. A garanzia che vengano seguite le prassi migliori, è stata infatti istituita la National Blue Ribbon Commission for Onsite Non-potable Water System, che ha il compito di verificare il corretto funzionamento degli impianti, ma anche di studiare quali sono le tecnologie migliori adottate in giro per gli Stati Uniti nel settore. L’idea è quella di esportare questi sistemi, e le regolamentazioni necessarie, anche in altri stati come il Colorado, il Minnesota, il Texas e l’Alaska».
Grazie a questo provvedimento, avete sperimentato per la prima volta a San Francisco impianti di trattamento di acque non potabili all’interno dei complessi residenziali. Come funzionano questi impianti e quanta acqua può essere risparmiata?
«Gli impianti possono essere di due tipi: sistemi di trattamento già confezionati che vengono montati nei seminterrati e funzionano con il cloro, oppure i cosiddetti bioreattori a membrana (MBR). Quest’ultima tecnologia permette di raccogliere le acque reflue provenienti da piogge, lavandini, docce, sanitari, convogliarle in un impianto di trattamento centralizzato e poi ridistribuirle nella rete, in modo da riutilizzare l’acqua trattata nei sanitari.
Grazie a questi sistemi, all’interno di un edificio commerciale il risparmio di acqua può raggiungere il 75% di quella normalmente consumata.
In un palazzo residenziale come un condominio questo risparmio può variare tra il 50% e il 90%».
Oltre a questo, avete altri progetti innovativi nei vostri cassetti?
«Abbiamo recentemente lanciato un progetto pilota che durerà 9 mesi e che prevede la messa alla prova di un nuovo sistema di trattamento delle acque all’interno del nostro quartier generale. In questo caso stiamo adottando le tecnologie più avanzate per trasformare le acque che ricaviamo anche dalla terra umida in una risorsa utilizzabile per la gestione dell’edificio. Questo programma ci serve innanzitutto per testare queste nuove tecnologie, capire se l’operazione di trattamento ci restituisce un’acqua di qualità elevata e coinvolgere anche la comunità nel nostro impegno per la tutela di questo bene assoluto».
E per il futuro, su cosa state investendo?
«Per fare qualche esempio, dal 2019 anche alcune fabbriche di birra si stanno dotando di un impianto interno di gestione idrica. Questo gli permetterà di ridurre in modo significativo il consumo di acqua per la produzione della birra rispetto a quanto è accaduto finora».
Come avete finanziato questo programma da 4,8 miliardi di dollari?
«La maggior parte del capitale viene finanziato dai contribuenti e dai clienti più grandi. Per la parte residuale invece abbiamo ricevuto prestiti, come ad esempio 123 milioni di dollari che sono stati erogati dallo State Water Control Board nell’ambito del Clean Water State Revolving Fund».
Avete registrato una diversa attitudine e una maggiore sensibilità da parte dei cittadini e degli stakeholder sul tema della tutela dell’acqua?
«Da anni siamo impegnati in un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e abbiamo lanciato diverse campagne per far capire alle persone che l’acqua è un bene da proteggere.
Un impegno che però ci ha assicurato risultati importanti. Nel 2013 in media ogni cittadino della Bay Area consumava per scopi residenziali e commerciali 185 litri di acqua al giorno; nel 2016 siamo scesi a 155 litri».