Da sempre le infrastrutture sono la colonna portante di economie forti e delle società. L'Arca di Noè è riuscita a salpare perché gli animali, per salire, hanno potuto usufruire di una banchina presumibilmente ben costruita. Roma non avrebbe governato l'Europa senza i propri acquedotti, che all'apice dell'Impero Romano fornivano più di un metro cubo di acqua pulita al giorno per ogni abitante; una quantità davvero significativa, anche per i nostri tempi. Facendo un salto in avanti e raggiungendo la Prima Rivoluzione Industriale, non è un caso che quest'ultima avvenne nei Paesi dotati di elettricità e di adeguate reti di trasporto.
La globalizzazione, rafforza questa associazione. I sistemi infrastrutturali sia fisici che digitali interagiscono sempre di più l'uno con l'altro, collegando le catene di fornitura, le persone e anche i territori. Strade, servizi igienici, energia, porti, aeroporti e altri sistemi di comunicazione determinano maggiore efficienza, diventando motori di produttività, sebbene una maggiore interdipendenza aumenti la vulnerabilità e le problematiche connesse alla sicurezza e ai rischi ambientali. Gli investimenti infrastrutturali hanno fornito un notevole supporto allo sviluppo industriale, agricolo, rurale e urbano. L'acqua pulita - fondamentale per la salute umana e per il benessere dell'uomo – dipende dalle infrastrutture per poter essere conservata, trasportata e consegnata in modo efficiente, riducendo così il lavoro domestico e preservando la propria integrità. La sanità gioca un ruolo fondamentale nel prevenire le malattie infettive, anche mediante l’l'utilizzo di inceneritori ad uso clinico e di servizi igienici migliori. Inoltre le priorità infrastrutturali cambiano nel tempo secondo diversi fattori, quali popolazioni caratterizzate da un numero maggiore di anziani e dai processi migratori.
Le infrastrutture e lo sviluppo globale
Tuttavia, il numero delle infrastrutture presenti nel mondo non è sufficiente e molto distante dal potersi dire soddisfacente. Il 2015 è un ottimo momento per osservare i progressi effettuati nel settore, visto che i Millennium Development Goals (MDGs) adottati nel 2000 sono giunti al termine. In termini generali, lo sforzo quindicinale ha prodotto il movimento anti-povertà di maggior successo nella storia . Sebbene permangano importanti carenze, sono stati raggiunti infatti buona parte degli otto MDGs prefissati.
Nessuno degli MDG era specificatamente basato sulle infrastrutture, ma nella maggior parte dei casi i risultati sono stati impressionanti. Si pensi che a livello mondiale ben 2,1 miliardi di persone hanno ottenuto l’accesso ad una migliore igiene. Inoltre, dal 1990 ben 2,6 miliardi di persone hanno potuto utilizzare l'acqua potabile. Nel 2015, più del 90% della popolazione globale utilizza acqua potabile di qualità migliore, rispetto al 75% del 1990. Anche la percentuale di popolazione urbana costretta a vivere in quartieri degradati nelle aree in via di sviluppo, è scesa da circa il 39,4% nel 2000 al 29,7% nel 2014. Il dato rimane ovviamente alto e quindi inaccettabile.
In questi 15 anni si è sviluppata l'idea che una trasformazione strutturale e lo sviluppo socio-economico siano più efficaci se accompagnati da uno sviluppo infrastrutturale pianificato. L'esempio delle MDG conferma l'ipotesi che utilizzando interventi mirati, ottime strategie, risorse adeguate e volontà politica, la comunità globale può affrontare le sfide più ardue.
Gli MDG conseguiti sono serviti come trampolino di lancio per la nuova “Sustainable Development Agenda”, adottata dalle Nazioni Unite (Settembre 2015) sotto la guida del Segretario Generale, Ban Ki-moon. Inoltre, è stato riconosciuto il ruolo strategico delle infrastrutture all'interno delle politiche nazionali dei singoli Stati (quali gateways, hubs e collegamenti chiave) e l'adozione di misure ad ampio spettro per rafforzare il supporto allo sviluppo infrastrutturale.
Dagli MDG agli SDG - Non solo un cambio di lettere!
I “Sustainable Development Goals” (SDGs) indirizzano l'impegno della comunità globale verso le 3 P : Persone (la fine della povertà e della fame, garantendo che ogni essere umano possa esprimere sempre il proprio pieno potenziale in termini di dignità e di uguaglianza in un ambiente salutare), Pianeta (proteggendolo dal degrado in modo che possa garantire le necessità delle generazioni attuali generazioni e future), e Prosperità (il godere di una vita prospera e appagante).
Gli SDG comprendono un obiettivo preciso, il nono, ovvero " costruire infrastrutture resistenti (“resilient”)", mentre il punto 9.1 fa riferimento allo "sviluppo di infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resistenti, includendo le infrastrutture regionali e transfrontaliere, a supporto dello sviluppo economico e del benessere delle persone, con un focus sull'accesso equo e alla portata di tutti". Inoltre, vi è la richiesta di aggiornare le infrastrutture, ammodernare le industrie entro il 2030 per renderle sostenibili (9.4) e agevolare lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e resistenti nei Paesi in via di sviluppo, mediante supporto finanziario, tecnico e tecnologico ai Paesi africani, ai Paesi meno sviluppati, ai Paesi in via di sviluppo situati in zone senza uno sbocco verso il mare, nonchè alle piccole isole-Stati in via di sviluppo (9.a).
Il settore delle infrastrutture racchiude un'area economica ben distinta, che richiede investimenti imponenti nell'acquisto delle attrezzature e nell'impiego del personale, così come servizi di fornitura, finanziamenti e così via. Che si tratti di acqua, di energia, di trasporto o di comunicazione, ora come in passato le infrastrutture richiedono investimenti costanti e significativi. Nonostante la crisi globale, le lunghe ripercussioni e i dibattiti riguardanti la "stagnazione secolare" è ragionevole aspettarsi che l'economia globale possa crescere di circa il 3% per ogni anno fino al 2030 e che il commercio cresca più rapidamente. Tutto questo si traduce in enormi esigenze di investimento e una crescita esponenziale degli ordini: una media del 3,5 % del PIL globale secondo l'OECD Infrastructure Project to 2030 (che non riguarda porti, aeroporti e stabilimenti di deposito), di cui l'1% per la produzione di energia elettrica e altri investimenti legati all’ energia.
Serviranno politiche migliori
Considerata la grande competizione per la ricerca di finanza (specialmente per spesa sociale) che mette sotto pressione i budget, come possiamo permetterci di migliorare i nostri sistemi e persino investire in sistemi nuovi? L'unica possibilità è rappresentata da uno sforzo comune di investitori pubblici e privati.
L'inadeguatezza degli investimenti in infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo – e non solo - non è necessariamente dovuta ad una mancanza di capitale. Gli investimenti infrastrutturali dipendono moltissimo dalle politiche adottate. Da una parte, quadri giuridici e normativi più ampi devono essere in grado di mitigare il rischio – sia percepito che reale. Gli investitori richiedono meccanismi istituzionali e strutture contrattuali in grado di migliorare la sostenibilità dei grandi progetti per tutta la loro durata. Questo significa anche riuscire a trovare nuove entrate, utilizzando meglio le tariffe pagate dagli utenti, creare meccanismi in grado di assicurare finanziamenti a lungo termine per infrastrutture (come in Canada e in Svizzera) o di esplorare le possibilità offerte da sistemi tipo “land value capture” (come lo schema elaborato per finanziare la metropolitana di Copenaghen). Un’ulteriore strada è quella di promuovere variazioni innovative di meccanismi di finanziamento tradizionali, come accade nel Nord America, per esempio, utilizzando “revenue based bonds”.
D’altra parte, è necessario che vi sia un forte impegno tra i maggiori attori pubblici e privati per spingere piani di settore ben definiti e progetti chiave, che possano spianare la strada per la preparazione di “downstream projects” Gli investimenti privati devono portare un ritorno economico e diversi governi potrebbero fare molto di più per migliorare l'attrattività per il business del sistema regolatorio per attrarre il capitale privato, promuovendo una maggiore competizione nella fornitura e nelle fasi operative. Stabilire standard chiari e ben definiti, per quanto riguarda le sfide ambientali e quelle relative alla sicurezza, può portare a risultati concreti, mentre gli incentivi dovranno essere riorientati in modo che gli investitori, privati e pubblici, e i consumatori siano spinti ad allocare risorse in beni ed attività che siano “environmentally sound” e abbiano un ridotto utilizzo di energia e risorse.
Sarà inoltre necessaria l’adozione da parte delle istituzioni scolastiche e formative di un approccio più efficace, così da offrire quelle conoscenze interdisciplinari indispensabili per affrontare le numerose sfide ed opportunità concernenti le infrastrutture che si presenteranno negli anni a venire. Alcune di queste iniziative richiederanno grande pazienza, capacità specifiche e grande inventiva, mentre altre saranno più immediatamente realizzabili. Ciò che risulta chiaro però è che i responsabili devono agire; l’inoperatività non renderebbe più facile la sfida.
Ad un livello più ampio vi è la necessità di rafforzare “government commitment technologies” per diminuire i rischi degli investimenti a lungo termine e di mitigare le complessità della pianificazione progettuale e il coordinamento di numerosi stakeholder, sia a livello centrale che locale. Queste soluzioni aiuterebbero ad affrontare i diversi “gap” presenti in termini di comunicazione, laddove i capital markets globali continuano a considerare gli investimenti infrastrutturali nei Paesi in via di sviluppo come qualcosa di estremamente rischioso. Ciò è aggravato dalla miopia delle agenzie di rating del credito (che in Africa, in particolar modo, forniscono spesso un quadro troppo negativo sulle opportunità di investimento) e dal fatto che i singoli progetti non possano risultare superiori al rating sovrano del Paese ospitante. I processi di acquisto durano più di quanto possa essere considerato ragionevole - in Sudafrica, ad esempio, durano abitualmente cinque anni, mentre dovrebbero concludersi in realtà entro 24 mesi. Secondo la Banca Africana di Sviluppo, il raggiungimento del “financial close” dei progetti può durare dai sette ai dieci anni, oltre ai sette anni di costruzione dell'opera. Ciò rappresenta un notevole freno per i potenziali investitori.
La burocrazia e i processi complessi non sono l'unico motivo a causare tempistiche così lunghe. Vi è anche una mancanza di capacità del settore pubblico nell'affrontare la complessità delle fasi preparatorie, di negoziazione e di attuazione del progetto. Queste lacune richiedono sforzi di formazione e di "capacity building", nonché meccanismi di scambio delle best practices.
La coerenza delle politiche è un’altra questione cruciale. L’inclusione è essenziale per una crescita economica sostenibile. Da qui l'imperativo, quando si investe in infrastrutture, di perseguire un lavoro che sia dignitoso per tutti gli uomini e le donne coinvolti, compresi i più giovani. Nei cantieri devono essere promossi i diritti dei lavoratori e ambienti di lavoro sicuri per tutti, oltre a un dialogo sociale continuo, eliminando ogni forma di lavoro minorile. Questo, naturalmente, nell'interesse delle società ben gestite che possono trasformare la responsabilità sociale in un fattore competitivo.
In sintesi, oggi più che mai le infrastrutture rappresentano uno strumento fondamentale per garantire la fornitura di beni e servizi che promuovano la crescita e contribuiscano al benessere di tutti e alla salvaguardia del nostro ambiente. Le infrastrutture sono un mercato importante con una forte rete globale. Il miglioramento della cooperazione internazionale offrirebbe ai politici il sostegno e la fiducia di cui hanno bisogno per andare avanti. Ogni buona pianificazione, finanziamento e gestione si basano su strumenti basilari “sani”, nei quali l'informazione, la raccolta dei dati, la ricerca e l'analisi sono tutti aspetti di vitale importanza.