Il lancio ufficiale del progetto Snowy 2.0 segna la strada che l’Australia intende intraprendere nei prossimi anni. Una strada dove lo sviluppo passa per gli investimenti su fonti energetiche sostenibili e rinnovabili a discapito di quelle tradizionali. Questo sta accadendo con l’avvio dei nuovi progetti che trasformeranno il sistema di approvvigionamento energetico del paese. Uno studio pubblicato pochi giorni fa dal professore Jamie Pittock della Australian National University calcola che gli impianti idroelettrici (Pumped Storage Hydropower) attualmente in costruzione in 5 stati potrebbero triplicare la capacità di stoccaggio energetico del paese.
«Stiamo parlando di oltre 20 progetti in fase di valutazione o costruzione – spiega il professore sul sito della Australian National University. – E questo ci metterebbe in condizioni di avere una rete nazionale in grado di fare affidamento quasi interamente sulle fonti rinnovabili».
Un grande cambiamento che passa prima di tutto per alcuni stati che stanno diventando delle vere e proprie “batterie della nazione”. Questo è il termine con cui viene definita la Tasmania, dove un ambizioso progetto da 5 miliardi di dollari australiani (3,7 miliardi di dollari Usa) punta alla realizzazione di nuovi impianti di produzione e stoccaggio di energia da distribuire nel resto del paese; ma questo è anche l’obiettivo finale del New South Wales, dove oggi è in funzione lo Snowy Mountains Hydro Scheme, e dove è stata lanciata l’evoluzione del progetto con la realizzazione di Snowy 2.0.
In questi due stati si concentra una parte consistente della produzione idroelettrica del paese, che comunque conta 120 impianti distribuiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un buon numero ma non ancora sufficiente per compiere quell’ambiziosa trasformazione che l’Australia insegue. Secondo il Clean Energy Council, nel 2017 gli impianti idroelettrici hanno prodotto 12.920 GW, il 33,9% del totale delle rinnovabili, ma solo il 5,74% dell’energia prodotta in Australia.
Gli investimenti nell’idroelettrico
Oltre ai 20 progetti in fase di valutazione e costruzione segnalati dallo studio del professore Jamie Pittock, l’Australia ha investito molto negli ultimi anni per far crescere la produzione di energia pulita. Secondo il Report 2018 “Clean Energy Australia” (realizzato dal Clean Energy Council, un’associazione che riunisce i principali attori nel settore delle energie pulite) nel 2017 è stata completata la costruzione di 16 impianti che producono energia rinnovabile, e altri 34 sono stati terminati nel 2018. E ancora il Report ha calcolato in un anno investimenti nel settore pari a 9 miliardi di dollari Usa, che hanno peraltro garantito la formazione di 6.080 posti di lavoro diretti.
Si tratta di un grande sforzo economico e industriale che segue però una strategia di lungo termine sposata dal governo federale e condivisa con i governi dei singoli stati australiani che, ognuno per suo conto, hanno inaugurato politiche di trasformazione energetica. Alle spalle, l’obiettivo comune di far crescere in modo significativo nei prossimi anni la produzione di energia pulita nel paese.
Obiettivo energia pulita
La corsa australiana alle energie “green” segue diverse strade pur mantenendo un obiettivo comune. E infatti – secondo i calcoli dell’Energy Change Institute della Australian National University – entro il 2025 il 50% dell’energia prodotta in Australia dipenderà da fonti energetiche pulite, una percentuale che potrebbe arrivare al 100% entro il 2030. Calcoli così ottimistici dipendono dal ritmo di istallazione di impianti di energia pulita tenuto negli ultimi anni. Il Clean Energy Regulator calcola a questo proposito che tra il 2018 e il 2019 verranno istallati in Australia impianti capaci di produrre 10.400 MW di energia rinnovabile e questo farebbe raggiungere al paese una media pro-capite di 224 watts all’anno, tra le più alte al mondo.
Questo enorme sforzo contribuirà anche a trasformare l’Australia in uno dei paesi più virtuosi nel rispetto dei target previsti dall’Accordo di Parigi sul clima. E infatti le emissioni nocive si ridurranno del 26% tra il 2020 e il 2021 nel solo settore energetico, obiettivo che sarà raggiunto in tutti i settori economici entro il 2024-2025.
In quest’ottica assumono sempre maggiore importanza proprio gli impianti di stoccaggio e di pompaggio, come appunto Snowy 2.0, ai quali sarà assegnato sempre più il compito di gestire l’energia prodotta da fonti rinnovabili trasferendola nelle case o nelle imprese quando queste lo richiederanno.
La “rivoluzione verde”
Per sostenere quella che il governo stesso ha definito una “green energy revolution” (una rivoluzione energetica verde), sono tantissimi i progetti lanciati negli ultimi mesi.
Nell’insieme si tratta di progetti differenti tra di loro che vanno dai grandi investimenti per la costruzione di impianti fino ai protocolli siglati con le università per studiare tecnologie innovative. Interessante in questo senso è la partecipazione dei cittadini che il Department of Environment and Energy (il ministero dell’energia australiano) ha sostenuto attraverso il “Mission Innovation Champions Program”.
Il programma prevede il sostegno a coloro che, anche privatamente, hanno elaborato progetti o idee per accelerare la trasformazione energetica australiana. L’obiettivo primario è quello di premiare soprattutto ricercatori che, all’interno di un’università, di un laboratorio o anche di un’azienda privata hanno sperimentato tecnologie innovative nel settore. Questo rientra anche nella strategia sostenuta dall’Arena (Australian Renewable Energy Agency), l’Agenzia governativa sulle energie rinnovabili, che, dal solare all’eolico, dalle auto elettriche all’hydro, investe su progetti sparsi in tutto il paese e mirati a compiere la “rivoluzione verde”.