Nella storia del ponte di Recco c’è un prima e un dopo, e in mezzo la Seconda Guerra Mondiale con i terribili bombardamenti che tra il 10 novembre del 1943 e il 28 giugno del 1944 colpirono la piccola cittadina ligure.
Durante quei mesi Recco, un comune di circa 10mila abitanti vicino Genova, fu bombardato decine di volte e insieme al centro urbano furono colpite le infrastrutture più strategiche. Tra queste la linea ferroviaria Ventimiglia-Genova-Pisa che metteva in collegamento il Nord con il Centro Italia passando attraverso il viadotto di Recco, interamente distrutto dalle bombe alleate.
Ma la storia della linea ferroviaria tra Ventimiglia e Pisa inizia molto tempo prima, perché la sua costruzione viene conclusa pochi anni dopo l’unificazione italiana del 1861. All’inizio del Novecento, l’aumento del traffico ferroviario aprì una discussione sulla possibilità di raddoppiare la linea anche se le caratteristiche dell’infrastruttura che correva lungo la costa e vicino al mare, rendevano le operazioni particolarmente complesse.
I lavori iniziarono comunque nel 1914 e furono completati nel 1922. La Lodigiani (una delle imprese che ha costituito il Gruppo Salini Impregilo) ha preso parte al progetto concentrandosi in particolare sulla tratta che va da Pieve di Sori a Camogli. L’ampliamento della linea impose la costruzione di due nuovi tunnel, nelle località di Recco e Camogli: il primo lungo 237,5 metri, il secondo 388 metri. In contemporanea partirono i lavori per l’ampliamento del ponte di Recco, un ponte curvato lungo 376 metri.
I lavori sulla linea ferroviaria permisero alla stazione di Recco di divenire uno snodo molto importante nel collegamento tra Genova e Sestri Levante e rappresentarono per Lodigiani (azienda fondata nel 1906) uno dei primi e più importanti lavori nel settore.
Ma la sfida più difficile sarebbe arrivata qualche anno dopo, al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando la Lodigiani fu chiamata a ricostruire il viadotto abbattuto dai bombardamenti.
Al suo fianco in questo progetto, l’azienda trovò un’altra società che avrebbe poi costituito il Gruppo Salini Impregilo: la Umberto Girola, che nel 1946 venne incaricata di realizzare le strutture temporanee di legno per il ponte di Recco e di ristrutturare i viadotti di Sori e Bogliasco.
Per ridurre al massimo i tempi di intervento nella riparazione del ponte di Recco, la Lodigiani costruì un viadotto temporaneo che riuscì a completare e a far diventare operativo in soli quattro mesi. Per la costruzione del viadotto temporaneo, alto 21 metri, vennero utilizzati 2.000 metri cubi di legno e 84 tonnellate di ferro. Così, mentre alcuni uomini erano al lavoro per rendere nuovamente operativa la linea, altri operai venivano impiegati nella ricostruzione del ponte definitivo. In tutto 160 lavoratori e 12 carpentieri specializzati che furono chiamati a lavorare 180 tonnellate di cemento rinforzato (utilizzato per la prima volta in Italia) e 16,4 tonnellate di acciaio.
La strategia di ricostruzione funzionò: la linea venne presto riattivata e, una volta terminato il ponte definitivo, i treni ricominciarono ad attraversare il viadotto ad arco. Ma oltre la portata degli interventi strutturali e l’abilità tecnica che ha permesso di rimettere in sesto in breve tempo una linea così strategica per il trasporto del Paese, la ricostruzione del ponte di Recco è uno dei simboli della ricostruzione italiana del Dopoguerra. Un’opera storica che testimonia anche il sacrificio degli abitanti del comune ligure, riconosciuto nel 1992 dal Presidente della Repubblica con il conferimento della Medaglia al Valore Civile.