Una città senz’acqua, milioni di persone allo stremo e il rischio reale che un’epidemia di tifo e colera possa esplodere e contagiare la popolazione. Succede in Zimbabwe dove la capitale dello stato, Harare, è rimasta senz’acqua potabile assetando oltre due milioni di persone.
Secondo le autorità cittadine il problema nasce dalla mancanza dei fondi necessari per pagare i prodotti chimici utilizzati per deputare l’acqua raccolta nei bacini delle dighe.
Come riporta anche la CNN, Herbert Mupamaonde, vice sindaco di Harare, ha spiegato che il comune spende ogni mese in media 2,7 milioni di dollari americani per potabilizzare l’acqua. Una cifra che la municipalità non è più in grado di sostenere non riuscendo a garantire l’approvvigionamento idrico necessario per rispondere ai bisogni primari dei cittadini.
L’impianto di Harare fermo, la città nel caos
L’assenza dei fondi nelle casse del comune di Harare ha obbligato l’amministrazione cittadina a bloccare l’attività dell’impianto di trattamento delle acque di Morton Jaffray, non molto distante dalla capitale. L’impianto lavorava già da diverso tempo con una produzione dimezzata rispetto alle esigenze della popolazione, ma oltre a questo, come riportano numerosi media internazionali, altri impianti di minori dimensioni sono stati chiusi nelle ultime settimane perché le dighe che li alimentavano si sono prosciugate.
Proprio la siccità, che ha colpito duramente lo stato, ha ridotto ai livelli minimi molte delle grandi dighe del paese, tra cui anche la diga di Kariba (una delle più grandi dell’Africa, realizzata da Salini Impregilo), che tra l’altro alimenta la più importante centrale idroelettrica dello Zimbabwe.
L’assenza di acqua potabile sta obbligando la popolazione a recuperare acqua dalle fogne, aumentando così il rischio di epidemie e riportando alla mente di tutti il ricordo dell’ultimo focolaio di colera che si è verificato lo scorso anno in città e a causa del quale hanno perso la vita 26 persone.
Fermare la crisi idrica di Harare
Secondo quanto riporta la CNN, il vice sindaco Muoamaonde ha indicato nella mancanza di valuta estera la causa primaria che ha reso praticamente impossibile acquistare sui mercati internazionali gli additivi chimici necessari per purificare le acque della nazione.
Nei giorni scorsi il vice sindaco ha assicurato che questi prodotti sarebbero arrivati da un’altra città del paese, Bulawayo, ma ha aggiunto: «Le quantità che arriveranno saranno però sufficienti solo per coprire un fabbisogno di sette giorni durante i quali dovremo fare in modo di risolvere il problema in altro modo. Attualmente stiamo coinvolgendo tutti gli stakeholder, compreso il governo del paese, per trovare una soluzione alla crisi idrica della capitale».
Ma questo non basta per fermare un problema che si è acuito negli ultimi mesi, ma affonda le radici nel passato e dipende in larga parte dalla riduzione delle riserve d’acqua legata alla siccità che sta colpendo il paese e l’area Sud dell’Africa.
Emergenza Zimbabwe
La crisi idrica è solo uno dei problemi che affligge lo Zimbabwe. Secondo la UN Food Agency due milioni di persone nel paese soffrono la fame e, entro il 2020, almeno un terzo della popolazione avrà bisogno di sostegno per il cibo.
La situazione è così critica che ad agosto il governo e le Nazioni Unite hanno lanciato un appello per una raccolta fondi da destinare alle sacche di maggior degrado del paese. La maggior parte dei problemi si concentra proprio nella capitale, una metropoli da 4,5 milioni di abitanti dove la metà della popolazione vive ormai in assenza di acqua ed è costretta ad una ricerca giornaliera che spesso costringe molti a raccogliere acqua dai pozzi o dalle fogne. Tutto questo in uno stato che tradizionalmente è ricco di corsi d’acqua, uno su tutti il fiume Zambezi, e che ha investito molto nella costruzione di grandi dighe. La diga di Kariba, ma anche la diga di Tokwe Mukorsi, anch’essa realizzata da Salini Impregilo. Sono grandi opere nate per gestire in modo efficiente la risorsa idrica del paese, che tuttavia si trovano oggi a fare i conti con l’assenza di acqua legata alla siccità e ai cambiamenti climatici.
Scarsità d’acqua, una crisi globale
L’appello che lo Zimbabwe lancia alla comunità internazionale è in realtà un campanello d’allarme per un problema globale ormai trasversale alla ricchezza di uno stato perché dallo Zimbabwe arriva a colpire anche la California, una delle regioni più ricche della terra.
Tutto questo dipende da un lato dall’aumento del consumo idrico legato al boom demografico, dall’altro dalla diminuzione dell’acqua disponibile per via della siccità figlia dei cambiamenti climatici. Secondo le Nazioni Unite oggi nel mondo 2,1 miliardi di persone non hanno accesso diretto all’acqua potabile.
Tutto questo avrà un impatto anche sull’economia globale. Il World Water Development Report 2019 delle Nazioni Unite calcola che, se la pressione idrica rimarrà invariata, il Pil rischia di ridursi del 45% entro il 2050. In termini assoluti la scarsità d’acqua e i bassi standard igienici a questa collegati comporteranno un costo per la collettività di 470 miliardi di dollari.
A questo proposito una delle rispose più efficienti è la modernizzazione delle infrastrutture di gestione idrica, le uniche che possono ridurre gli sprechi e sfruttare al meglio la risorsa. Ancora l’Onu calcola che le reti idriche del mondo perdono in media tra il 25 e il 30% dell’acqua gestita per via delle loro condizioni. Solo negli Usa ogni giorno vengono dispersi 22 milioni di litri d’acqua potabile.
Così, dalle dighe agli impianti di potabilizzazione, dalla dissalazione alle centrali idroelettriche, una efficiente gestione idrica contribuirà a ridurre gli sprechi e a proteggere una risorsa strategica per la sopravvivenza del genere umano.