Era una delle province più povere della Cina, poi sono arrivati i treni ad alta velocità, le autostrade, i ponti sospesi, il cemento dei palazzi. E i contadini hanno abbandonato le campagne arruolandosi nell’industria delle costruzioni e scegliendo, per vivere, i nuovi complessi residenziali costruiti a tempo di record.
È successo nel Guizhou, una regione montagnosa conosciuta per i villaggi rurali nella zona Sud Est del paese, non troppo lontana dalle megalopoli Chongqing e Nanning. Dal 2012 al 2017 gli investimenti infrastrutturali nell’area sono aumentati del 20% all’anno, trasformando le abitudini di vita di milioni di persone. E mentre il panorama era punteggiato di cantieri delle grandi opere in corso, sono nate nuove soluzioni residenziali come la Evergrande Happiness Number 33 Village, un vero e proprio villaggio di palazzi dove – due anni fa – si sono trasferiti centinaia di agricoltori. Per molti il simbolo del riscatto sociale, la base da cui muoversi per andare a lavorare nei cantieri delle grandi opere.
Il boom infrastrutturale di Guizhou
La fortuna infrastrutturale di Guizhou nasce soprattutto dal fatto che la provincia si trova esattamente lungo il tracciato della “One belt, One road”, la nuova via della seta che collegherà la Cina con l’Europa attraverso un sistema integrato di trasporti. Questo ha reso la trasformazione infrastrutturale della regione agricola un imperativo per il governo di Pechino che in pochi anni ha indirizzato investimenti e progetti, seguendo le parole del ministro degli esteri Wang Yi: «Guizhou è divenuta una via strategica tra la Cina e il mondo oltre duemila anni fa».
E così tra il 2012 e il 2017 il governo cinese ha investito nella regione oltre 100 miliardi di dollari in progetti infrastrutturali, tre volte gli investimenti cumulati tra il 1978 e il 2012. Attraverso questi fondi sono stati avviati 69 progetti di autostrade, per un totale di 3.542 miglia (5.700 chilometri), che dovranno diventare 6,241 miglia (10.000 chilometri) entro il 2022, collegando tra loro oltre l’80% dei villaggi.
Oltre alle autostrade, gli investimenti hanno riguardato ogni tipo di infrastruttura. Sono stati costruiti 11 aeroporti tra il 2014 e il 2017 e altri 6 saranno completati entro la fine del prossimo anno; 35 corsi d’acqua sono stati resi navigabili, mentre nei prossimi due anni saranno completate 1.087 miglia di ferrovie ad alta velocità con l’obiettivo di collegare Guiyang, la capitale di Guizhou, in un tempo variabile dalle 2 alle 8 ore con le megalopoli delle provincie vicine, incluse le zone del Pearl River Delta e del fiume Yangtze.
Il museo mondiale dei ponti
Le caratteristiche geologiche del territorio hanno segnato la storia infrastrutturale di questa regione, stretta tra valli, fiumi e montagne, al punto da renderla famosa come “il museo mondiale dei ponti” (“world museum of bridges”). E infatti 40 dei 100 ponti più alti del mondo si trovano nel Guizhou. Nel dicembre del 2016 è stato completato il Beipanjiang Bridge, il ponte più alto del mondo, distante 563 metri dal fiume sottostante. Oltre a questo la presenza di altri ponti da record come lo Yachihe Bridge o lo Henzhang Bridge hanno attirato l’attenzione di tutto il mondo sull’incredibile trasformazione vissuta da questa regione.
L’economia trainata dalle infrastrutture
Come accaduto in quasi tutta la Cina, anche nel Guizhou le infrastrutture sono state uno strumento strategico per un riscatto economico e sociale. I dati del governo cinese indicano che 6,7 milioni di persone sono uscite dalla povertà negli ultimi cinque anni proprio grazie allo sviluppo dell’area, il numero più elevato di tutte le province cinesi. Grazie agli investimenti nelle infrastrutture la regione è tornata al centro degli scambi, non solo interni alla Cina, al punto che nel 2017 la bilancia commerciale ha raggiunto gli 8,7 miliardi di dollari. Diventare un hub dei trasporti significa trasformarsi in un centro logistico per gli scambi, ma anche in un polo attrattivo per investitori stranieri e turisti. Così, la trasformazione iniziata con le infrastrutture dovrebbe mutare nei prossimi anni coinvolgendo tutti i settori economici, a partire dall’industria manifatturiera che di anno in anno aumenta il suo contributo al Pil. Le previsioni del governo indicano per il Pil della regione una crescita annuale del 10% che dovrebbe tenere almeno fino al 2022, quando il prodotto interno lordo toccherà i 317 miliardi di dollari. Un traguardo impensabile fino a pochi anni fa, che tuttavia sembra dipendere ancora in modo determinante proprio da quanto il governo continuerà a investire nelle infrastrutture.
Il calo degli investimenti rallenta l’economia
Dopo anni di corsa incessante, il ritmo della crescita cinese sembra rallentare, con effetti diretti anche nella provincia di Guizhou, considerata da molti il simbolo del miracolo cinese.
I dati ufficiali del governo indicano che tra giugno del 2018 e giugno del 2019 gli investimenti nelle infrastrutture sono aumentati del 12%, un buon risultato inferiore però al +17% dell’anno precedente. Il rallentamento riguarda un po’ tutto il paese e in altre zone è molto più significativo.
Secondo il Financial Times, che riporta dati ufficiali del governo cinese, nel luglio scorso gli investimenti nelle infrastrutture anno su anno sono aumentati appena del 2,8%, rispetto ad una crescita del 17% registrata nello stesso periodo di due anni prima. E proprio il calo degli investimenti nelle infrastrutture è la causa principale del rallentamento dell’economia cinese. Nel secondo trimestre dell’anno il Pil è cresciuto anno su anno del 6,2%, il dato più basso degli ultimi 30 anni.
È un campanello d’allarme per le ambizioni future della Cina, un campanello che risuona anche nella provincia di Guizhou dove ponti, ferrovie e autostrade hanno adesso bisogno di un sistema produttivo che tenga in vita la spinta allo sviluppo impressa dalle infrastrutture.