Mentre il mondo scientifico è al lavoro per trovare un vaccino capace di fermare il coronavirus, la Cina ha già sperimentato la sua medicina per far ripartire l’economia puntando sugli investimenti.
L’inevitabile frenata del Pil, dovuta al lockdown di alcuni territori e di alcune grandi aree urbane del paese (tra cui Wuhan ma anche Pechino), sarà curata con stanziamenti mai visti prima, che mireranno prima di tutto allo sviluppo di nuove infrastrutture.
Il governo ha annunciato infatti uno stanziamento di 3,6 trilioni di dollari che dovranno essere spesi nei prossimi cinque anni e da destinare in via prioritaria allo sviluppo di progetti infrastrutturali in tutto il paese.
Stimolo economico in Cina: le autostrade cinesi al primo posto
Il piano, lanciato dal governo e da numerose province cinesi, prevede un primo intervento finanziario massiccio già nei prossimi mesi con uno stanziamento di 500 miliardi di dollari, il 70% dei quali sarà destinato esclusivamente alle infrastrutture. Come prime opere strategiche su cui intervenire è stata individuata la rete stradale, e in particolare saranno rinnovate le 500 principali autostrade del paese.
Il progetto del governo prevede di raggiungere un doppio beneficio da questo piano di investimenti: da un lato far ripartire il Pil nazionale, dall’altro dotare molte aree rurali finora escluse dal boom infrastrutturale di una rete efficiente che le metta in collegamento con le locomotive urbane favorendone lo sviluppo.
Ad oggi – secondo quanto riportano i principali media cinesi – risulta che già 31 province abbiano pubblicato una lista delle opere infrastrutturali considerati strategici per far ripartire l’attività economica.
La provincia del Sichuan, la sesta del paese in termini economici, ha presentato una lista di 700 progetti strategici per un valore complessivo di 629 miliardi di dollari, 85 dei quali da reperire già nel 2020. Tra i progetti indicati, una ferrovia che colleghi la provincia con la regione autonoma del Tibet, un nuovo aeroporto per la città di Leshan e nuove linee di trasmissione energetica che raggiungano i villaggi più isolati.
Come Sichuan, anche la provincia del Fujian è stata una delle più attive nella risposta all’appello lanciato dal governo e ha presentato una lista di 1.567 opere infrastrutturali e progetti industriali per i quali sarebbero necessari investimenti pari a 543 miliardi di dollari. Sono queste le opere su cui ha messo in piedi il piano annunciato nei giorni scorsi che, oltre agli investimenti nelle infrastrutture più tradizionali, dovrebbe prevedere anche interventi sull’innovazione, le nuove tecnologie, la banda larga e le smart city.
L’impatto dello stimolo economico cinese
Alla base del progetto cinese rimane la convinzione che sia il momento di adottare misure anti-cicliche per ridare una spinta forte all’economia del paese. A sostegno di questa idea è giunta nei giorni scorsi la previsione degli analisti della HSBC Holdings Plc, secondo i quali un incremento pari all’1% degli investimenti nelle infrastrutture corrisponde a un aumento dello 0,1% del Pil nazionale. Questo significa che la spinta agli investimenti assicurata dal nuovo piano (+10-12% rispetto agli standard precedenti), permetterà al Pil di crescere anche per il 2020 del 5,3% avvicinandosi così ai target iniziali del governo di un +5,8%.
Gli analisti hanno a questo proposito elaborato il trend di crescita che il Pil potrebbe avere anche grazie all’impatto di questi investimenti. A fronte del +4,1% del primo trimestre del 2020, dovuto all’impatto del virus, il prodotto interno lordo dovrebbe salire al +5,1% nel secondo trimestre arrivando al +6% nel terzo trimestre dell’anno per attestarsi su questo andamento.
Per raccogliere questa enorme dotazione finanziaria, oltre all’intervento diretto delle autorità centrali di Pechino, saranno emessi dei bond e le risorse reperite sul mercato verranno destinate direttamente alle autorità locali, incaricate di riversarle sul territorio attraverso progetti che abbiano un impatto immediato, tanto sulla produzione quanto sul lavoro.
Il precedente della crisi del 2008
Non è la prima volta che la Cina decide di imboccare la strada degli investimenti con una funzione anti-ciclica sull’economia. Era accaduto già nel 2008, quando la crisi finanziaria globale esplosa ufficialmente con il fallimento di Lehman Brothers rischiò di vanificare anche la corsa economica di Pechino. Quell’anno il governo cinese lanciò una misura di stimolo all’economia nazionale pari a 572 miliardi di dollari. A questi interventi diretti fu accompagnata una politica di riduzione consistente dei tassi di interesse sui prestiti alle famiglie e alle imprese, che spinse molte attività produttive ad accumulare risorse da destinare a nuovi investimenti. Tutto questo permise al paese di non venire travolto dagli effetti della crisi finanziaria e di proseguire sulla strada della crescita, consolidando la posizione di locomotiva produttiva dell’Asia e lanciando il paese alla conquista della seconda posizione tra le più grandi economie del mondo.
Il paese sta ripartendo
Le notizie che arrivano dalla Cina confermano che, dopo il picco dell’emergenza, la crisi sembra contenuta e che il paese sta ripartendo. Non solo la maggior parte delle grandi fabbriche hanno ripreso a lavorare, ma anche i trasporti, soprattutto quelli ferroviari delle merci, sono tornati quasi alla normalità.
Nei prossimi mesi la grande sfida del paese potrebbe transitare dalla salute dei cittadini al loro benessere economico, un terreno su cui il paese gioca una partita mondiale. L’obiettivo finale di questo enorme sforzo finanziario dovrebbe infatti essere il raggiungimento del risultato che la Cina si è imposta ormai diversi anni fa: arrivare alla fine del 2020 con un Pil doppio rispetto a quello del 2010. Una promessa che il governo di Pechino intende mantenere, nonostante tutto.